
«Paesi Nato pronti a inviare soldati in guerra in Ucraina»

Non si arriverà mai alla pace in Ucraina fino a quando si utilizzerà questa parola in modo ambiguo per intendere “vittoria militare”. Volodymyr Zelensky si dice pronto alla pace, ma solo quando avrà riconquistato con l’aiuto degli alleati occidentali tutti i propri territori, Crimea inclusa. Gli Usa continuano a sostenere la necessità di una pace «giusta e duratura», che può essere ottenuta però solo attraverso il successo militare dell’Ucraina contro la Russia. Anche Mosca è pronta a discutere della pace, a patto che Kiev riconosca al Cremlino le regioni conquistate con la forza. Tutti, dunque, sono volenterosi di trattare la pace solo se essa deriva dalla vittoria sul campo, da una parte, e dalla resa del nemico, dall’altra.
Le fragili “linee rosse” in Ucraina
Se da un lato la diretta conseguenza di questa ambiguità è l’impossibilità di intavolare trattative serie – e il Vaticano nonostante tutti i suoi sforzi se ne sta accorgendo – dall’altro la necessità di vincere, come ribadito dall’ex premier Mario Draghi nel suo discorso al Mit, pone soprattutto i paesi della Nato davanti a scelte difficili. Fino a dove è possibile spingersi infatti per conquistare la “pace”, cioè garantire la vittoria di Kiev?
Le “linee rosse” di volta in volta fissate dagli Stati Uniti sono state superate con estrema rapidità, facilità e superficialità, tanto da rendere poco credibili le poche che restano. Droni, missili a medio-lungo raggio, carri armati moderni, aerei da guerra: ogni arma prima definita troppo rischiosa da fornire all’Ucraina è stata poi consegnata all’esercito di Kiev per permettergli di organizzare una controffensiva.
Anche il concetto stesso di escalation è ormai superato, dal momento che nessuno si inquieta né si preoccupa più se queste armi vengono utilizzate non per difendere il territorio ucraino dall’invasione russa, come inizialmente pattuito, ma per attaccare la Russia da territorio ucraino a scopo di ritorsione bellica.
«Paesi Nato pronti a inviare soldati a Kiev»
In vista del summit Nato dell’11-12 luglio a Vilnius c’è chi inizia a parlare a voce alta della fornitura definitiva per garantire la vittoria a Kiev: non più armi sofisticate ma soldati addestrati a usarle per permettere all’Ucraina di annullare anche l’ultima distanza che separa il suo esercito da quello russo: la quantità degli effettivi.
L’ex segretario generale della Nato, Anders Rasmussen, oggi consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha dichiarato: «Se la Nato non indicherà una strada chiara e certa per l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, allora c’è la possibilità che alcuni paesi agiscano individualmente. Non escluderei la possibilità che la Polonia, seguita dai paesi baltici, si implichi ancora di più nel conflitto anche inviando truppe sul terreno».
Zelensky vuole l’Ucraina nella Nato
A Vilnius i membri della Nato discuteranno di quali garanzie di sicurezza offrire all’Ucraina al termine del conflitto per difenderla da nuove aggressioni. Per quanto importanti, però, queste garanzie non potranno mai equivalere all’articolo 5 dell’Alleanza, che impone ai membri di intervenire militarmente in difesa del paese aggredito.
Ecco perché Zelensky insiste sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato, fronte sul quale si aspetta passi avanti a Vilnius. Tanto da ribadire al Wall Street Journal che per meno di questo non parteciperà al summit.
Lo spettro della guerra nucleare
Dopo molti tentennamenti e ambiguità, con la controffensiva ucraina iniziata pochi giorni fa che non sembra essere più ritenuta risolutiva come in passato, i paesi occidentali stanno per giungere allo snodo più importante del conflitto: la Nato, un paese alla volta o tutta insieme, deve mettere i “boots on the ground” per sconfiggere militarmente la Russia?
L’ipotesi viene fatta ormai apertamente e Kiev spera che si arrivi a questa conclusione, l’unica forse che potrebbe davvero permetterle di riconquistare tutti i territori perduti. Una guerra tra Nato e Russia, però, sarebbe catastrofica da ogni punto di vista e potrebbe in ogni momento degenerare in scontro nucleare.
Sarebbe l’estremo paradosso della ricerca della pace travestita da vittoria militare.
Foto Ansa
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