Il paese sardina vede squali ovunque mentre abbocca svampito all’amo del potere

Di Emanuele Boffi
10 Gennaio 2020
Come le sardine, l'Italia ama crearsi nemici immaginari per poi combatterli con tutte le forze. Un inconcludente sforzo titanico che distrae dai problemi reali
Manifestazione delle sardine a Milano

Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Speriamo che il 2020 non sia un «anno bellissimo» come il 2019. Cambiato cromaticamente il governo da gialloverde in giallorosso, siamo caduti dalla padella alla brace, come si dice, finiti di male in peggio, come si dice, e se abbiamo sfangato momentaneamente l’aumento dell’Iva (ma, a bene vedere, solo perché abbiamo utilizzato il vecchio trucco del “pagherò”), restano sul piatto la crisi Alitalia e Ilva – qui, invece, paga Pantalone, e subito –, introdotto tasse assurde come plastic e sugar tax, messo in cantiere riforme barbare come l’abolizione della prescrizione, regalato la Libia a Erdogan e Putin.

I problemi del paese sono gli stessi da anni: debito pubblico monstre, vessazione dello spirito d’impresa e d’educazione, burocrazia occhiuta e invadente, cannabis libera ed eutanasia per tutti come fiore all’occhiello di una società sempre più nichilista e depressa. Circola in questi giorni su internet un vecchio articolo del Corriere della Sera del 13 settembre 1972 intitolato “Il divario Nord-Sud verrà colmato solo nel 2020”. Cronoprogramma rispettato, come si dice.

Siamo un paese sardina, come l’ormai celebre movimento giovanile di piazza, che ama crearsi nemici immaginari per poi combatterli con tutte le proprie forze, in un inconcludente sforzo titanico che ha il solo effetto farsesco di distrarci dai problemi concreti, fattuali, precisi di cui dovremmo con maggior energia occuparci. Come ha scritto perfettamente Luca Ricolfi sul Messaggero:

«Per chi osserva le cose con un minimo di distacco, c’è di che trasecolare. L’Italia si sta disgregando giorno dopo giorno, il governo in carica, per ammissione della stessa stampa progressista, è fra i più grigi, confusi e litigiosi di sempre, e che cosa accade nelle piazze delle sardine? La protesta non si dirige verso l’esecutivo, esigendo che affronti i problemi reali del paese, ma verso i leader dell’opposizione, dipinti come fascisti, razzisti, antisemiti, pronti a instaurare un regime autoritario, novelli Mussolini e Hitler, mostri grondanti odio».

Le sardine, ha notato ancora Ricolfi,

«non solo sfidano il ridicolo paragonandosi ai partigiani, come se fossimo in presenza di una dittatura, e gli oppositori dovessero rifugiarsi sui monti per combatterla, ma non paiono rendersi conto della unicità e paradossalità della loro protesta. È la prima volta, in Italia, che un movimento di protesta non si rivolge contro il potere ma ne è il beniamino».

In realtà, come in quel titolo del Corriere del ’72, questo è un vecchio problema. Sono anni che la sinistra, ogni volta in forme diverse ma con modalità simili, sforna al momento del voto la retorica dell’«allarme democratico». C’è sempre un’anomalia da sconfiggere, raddrizzare, emendare in nome dei più alti valori democratici: una volta è il legno storto democristiano, la volta dopo è quello berlusconiano, oggi è quello salviniano.

È l’eterno ritorno della mistica dell’ultima spiaggia, delle virtù salvifiche dell’adunata giovane, pulita e incontaminata, motivata mai da sordidi interessi (che son sempre altrui, e chissà perché sempre banalmente «sordidi»), ma dall’imperativo etico di mobilitarsi ora contro il fascismo ora contro l’odio. Un rito collettivo che non si nutre di fatti, ma di stati d’animo e di emozioni e che per questo è insindacabile (che gli vuoi dire al paranoico?).

Il paese sardina va così avanti a chiacchiere e ninne nanne, promesse lunari (abolire la povertà), nell’eterna favola di chi ci racconta di vedere squali ovunque e intanto ci fa abboccare all’amo del potere; un gigantesco acquario illuminato dalle lucine della distrazione di massa, in cui, intanto, le scuole paritarie languono, le piccole e medie imprese chiudono, la gente o lavora troppo o lavora troppo poco.

Lo sapete, lo abbiamo già scritto tante volte: non sarà la ricetta sovranista a risolvere i problemi, ma il ritorno sulla scena di una proposta popolare, cattolica e liberale oggi piuttosto malconcia, come si dice, eppure l’unica capace di evitare che, anche quest’anno, ad un certo punto sul Corriere della Sera spunti il titolo: “Il divario Nord-Sud in Europa verrà colmato solo nel 2040”.

Foto Ansa

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