
Pacifisti in guerra (di religione)
Una bella festa a base di musica intervallata da testimonianze di “costruttori di pace”, per la verità un po’ snobbate dai giovanissimi presenti, nella splendida piazza barocca del duomo di Siracusa. Dopo la preghiera, la meditazione ed i salmi sotto le volte dell’antica chiesa che fu già tempio di Minerva, gli aderenti ai movimenti ed alle associazioni ecclesiali riuniti dall’appello della diocesi manifestano il proprio impegno per la pace con un gesto pubblico coinvolgente. Niente “bandiere della pace”, una volta tanto, ma un grande esagono di immagini e testi simbolici: Giovanni Paolo II, madre Teresa di Calcutta, un bambino appena nato, la traduzione italiana del testo integrale di Imagine di John Lennon: «Immagina che non ci sia alcun Cielo… Immagina… che non ci sia niente per cui uccidere o morire, e anche nessuna religione…».
Gesù? Un pacifista vittima del potere
La grande mobilitazione in casa cattolica contro la guerra in Irak e per la pace ha portato in prima linea un mondo vibrante, generoso, ma un tantino confuso per quel che riguarda punti di riferimento, visione del mondo, ortodossia dottrinale. Così capita che l’annuale Via crucis dell’associazione Beati i costruttori di pace (che nel suo primo statuto, all’inizio degli anni Ottanta, proclamava la sua solidarietà coi “movimenti di liberazione” nel Terzo mondo, notoriamente pacifici) lungo il percorso che va da Pordenone alla base Nato di Aviano si pubblicizzi con un volantino che presenta il sacrificio di Gesù sulla croce come quello di uno che «è stato ucciso… per le conseguenze del suo rivoluzionario messaggio di non violenza, di giustizia, di misericordia, di pace». E che il clou della liturgia sia costituito da una telefonata amplificata in viva voce di Teresa Strada, che imprime il logo di Emergency sul crocifisso. E che sulle pagine di Famiglia Cristiana il presidente dell’associazione don Albino Bizzotto proponga, senza che nessuno eccepisca alcunché, la sua analisi marxista e keynesiana della guerra: «Guerra e sistema economico sono correlati… il nostro sistema economico per mantenersi in vita deve uccidere, distruggere per poi “ricostruire”», ed una sua personale versione della dottrina della Chiesa cattolica circa la guerra secondo cui da ripudiare «non è la guerra all’Irak soltanto; è la guerra in quanto tale». Eppure il Papa era stato chiaro. Nel suo discorso ai cappellani militari pronunciato il 25 marzo (cinque giorni dopo l’inizio delle ostilità in Irak) ha affermato: «Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che la guerra come strumento di risoluzione delle contese fra gli Stati è stata ripudiata… dalla coscienza di gran parte dell’umanità, fatta salva la liceità della difesa contro un aggressore». E all’Angelus del 16 marzo, nell’imminenza della guerra, aveva detto: «… l’uso della forza rappresenta l’ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica… Ho il dovere di dire a tutti…“Mai più la guerra!”… Dobbiamo fare tutto il possibile! Sappiamo che non è possibile la pace ad ogni costo. Ma sappiamo tutti quanto è grande questa responsabilità». Il Papa ha ribadito la dottrina cattolica tradizionale, che non esclude la guerra in quanto tale, ma la considera l’ultimo ricorso quando ogni altro mezzo è fallito e solo a scopo difensivo. Se ne deduce l’avversione del Papa per la guerra all’Irak in quanto non corrispondente ai requisiti della dottrina cattolica, ma non l’approvazione del pacifismo alla John Lennon e alla Beati i costruttori. Anche la lettura economicistica e tutta politica delle radici della guerra è l’esatto contrario della catechesi del Papa. Sempre nel discorso ai cappellani ha detto: «Nella nostra prospettiva di fede, la pace, pur frutto di accordi politici e intese fra individui e popoli, è dono di Dio, che va invocato insistentemente con la preghiera e la penitenza. Senza la conversione del cuore non c’è pace!». E all’Angelus del 9 marzo: «è dal cuore dell’uomo che scaturiscono le sue intenzioni e le sue azioni (cfr. Mc 7,21); è pertanto solo purificando la coscienza che si prepara la via della giustizia e della pace, sia sul piano personale che in ambito sociale». Il Papa ribadisce la natura personale, e non sociale, del male che è alla radice delle guerre; non è il sistema socio-economico che causa le guerre, ma il cuore dell’uomo.
Scomuniche via Famiglia Cristiana e La Stampa
Se una certa confusione attraversa i sinceri proponimenti di pace di molti cristiani e la loro testimonianza contro la guerra all’Irak, forse è perché ad alti livelli ecclesiali c’è chi sembra interessato non tanto ad alimentare le ragioni della pace, quanto a cogliere l’opportunità della guerra per condurre “guerre di religione”. Un’esagerazione? No, se si leggono certi interventi in cui personaggi autorevoli, fino a ieri impegnati ad esaltare le virtù del “dialogo” e della “tolleranza”, improvvisamente si esaltano nel lanciare scomuniche e anatemi. Sull’ultimo numero di Famiglia Cristiana mons. Giancarlo M. Bregantini scrive: «Con questa guerra si sono allargati i confini tra i credenti coerenti e quelli che si dicono tali solo a parole. Non si può essere cristiani solo in chiesa. Il cristiano vero si deve vedere anche in Parlamento e nelle scelte politiche…». Dunque i cristiani che non hanno partecipato al movimento pacifista o che addirittura hanno approvato la guerra non sono semplicemente cattivi cristiani, fratelli che sbagliano, ma “cristiani solo a parole”, ovvero non più cristiani. Senza procedura canonica e senza diritto di replica sono stati scomunicati, anche se magari sono gli stessi che hanno evitato che l’Italia divenisse paese belligerante. Ancora più ultimative le parole di Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, che su La Stampa ricostruisce un po’ a capocchia azioni e parole altrui, pur di lanciare fulmini divini sul presidente Bush. Secondo lui l’opposizione del Papa alla guerra avrebbe «tolto ogni credibilità alla ostentata fede cristiana di George W. Bush, un uomo che fa sapere di iniziare ogni riunione politica con la preghiera, che invoca Dio contro il Male impersonificato oggi da Saddam, che recita quotidianamente i salmi invocando l’aiuto di Dio per la propria azione militare, in una logica che speravamo di non dover più rivedere dopo il Gott mit uns nazista… Di fronte alle affermazioni di Bush, tristemente parallele a quelle di Saddam nel definire questa guerra come combattuta nel nome di Dio, come uno scontro tra il Bene e il Male, il cardinal Ratzinger ha reagito definendole “bestemmie”…». Attraverso quali fonti Bianchi ha messo insieme questo ritratto di Bush? Quando mai il cardinal Ratzinger ha accusato il presidente Usa di bestemmia? Mistero. Nella sua rubrica sul sito Internet de L’espresso Sandro Magister propone una raccolta di interventi pubblici in cui Bush chiama in causa Dio. Quello più “sbilanciato” suona così: «Libertà e terrore, giustizia e crudeltà sono sempre stati in guerra tra loro, e noi sappiamo che Dio non è neutrale», ed è stata pronunciata nove giorni dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Il 29 gennaio scorso, nel discorso sullo stato dell’Unione, ha affermato: «La libertà di cui noi siamo fieri non è dono dell’America al mondo, ma dono di Dio all’umanità». Questa sarebbe un’affermazione fondamentalista? Secondo Protestantesimo, trasmissione Rai della domenica notte, sì. Ma forse in certi casi è meglio cambiare canale o andare a letto. Secondo Ernesto Galli Della Loggia, autore di un editoriale dal titolo “La crociata che non c’è” sul Corriere della Sera, si tratta di immagini caricaturali che nascono dalla incomprensione da parte europea del ruolo pubblico della religione negli Usa. Ma la spiegazione che dà John Kay, corsivista del Financial Times, è molto più graffiante ed irriverente: i leader religiosi europei non accettano il principio della “concorrenza” in campo religioso, perciò denigrano i “prodotti” dei competitori Usa. «Il mercato religioso Usa – scrive – è il più competitivo di tutti. La competizione stimola l’innovazione e la crescita fra le Chiese come nel business dei computer. L’industria europea è molto diversa. La maggior parte dei mercati nazionali presentano Chiese dominanti, che spesso usufruiscono di aiuti statali… La congregazione metodista di Highland Park ha fatto un grosso colpo strappando agli episcopaliani George W. Bush. Il cambio di marca da parte del cliente è meno comune in Europa… Sembra esserci una ripartizione consensuale del mercato. Le Chiese europee fanno pochi sforzi per contendersi i clienti e condannano il proselitismo… Le Chiese monopolistiche d’Europa sono orientate, coi loro prodotti monopolistici, verso i bisogni dei produttori piuttosto che verso quelli dei consumatori». Travasi di bile in arrivo.
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