
Pablo Picasso a Milano, dal periodo blu al capolavoro “Les Demoiselles d’Avignon”
Per continuare la visita speciale di Tempi.it alla Mostra di Picasso, a Milano fino al 6 gennaio 2013, è necessario un passo indietro per ripercorrere brevemente alcune tappe cronologiche. Pablo Picasso nasce a Malaga il 25 ottobre 1881, da un padre professore di disegno che ne intuisce subito il dono. Da Malaga passa a La Coruña e poi a Barcellona, sua patria d’elezione, e da lì a Madrid. «Nel Novecento il suo desiderio è conoscere la modernità e per questo si trasferisce a Parigi, la capitale mondiale dell’arte. Si trasferisce con l’amico Carlos Casagemas, che fa il poeta e che s’innamora di una prostituta modella, che lo rifiuta. Il poeta si suicida per il dolore», spiega la guida di Tempi.it Emmanuela Ronzoni. «Questo è il primo grande lutto di Picasso, che lo spingerà a dipingere in modo moderno. Nel quadro dedicato al suo amico Picasso guarda a Van Gogh, ai colori dell’espressionismo e alla pennellata densa, carica, che abbandonerà nel suo Periodo blu.
IL PERIODO BLU. «La genialità di Picasso sta nella sua continua evoluzione. Di solito un artista matura con il tempo e, al compimento della sua maturazione, mantiene uno stile che reitera fino alla fine della sua vita. Picasso, invece, in 92 anni di esistenza ha continuamente cambiato i suo modi d’espressione, centrando sempre l’obiettivo». L’ultima opera del periodo blu, è La Celestina, del 1904. «Si dice che Picasso abbia scelto il blu perché è il colore della tristezza, della malinconia, ma la mia idea è un’altra. Il blu è il colore della modernità: gli impressionisti e gli espressionisti venivano chiamati indacomaniaci dai critici, che non ne capivano la grandezza». Ma il blu è anche un monocromo, un colore capace ci togliere ogni sensazione di profondità. Per Picasso la profondità in un quadro è sintomo di inganno. La tela è bidimensionale, perché illudere lo spettatore con la prospettiva? Di conseguenza, anche l’arte accademica per il maestro è una bugia: «L’insegnamento accademico della bellezza è falso. Siamo stati ingannati. L’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza. Quando si ama una donna non si fa ricorso a strumenti di misura per conoscere le sue forme. La si ama con tutto il desiderio possibile. Eppure è stato fatto di tutto per applicare un canone anche all’amore. Quello che ci interessa è l’inquietudine di Cézanne, è l’ingegno di Cézanne, sono i tormenti di Van Gogh, il dramma dell’uomo. Tutto il resto è menzogna». La Celestina ha un occhio vigile e un occhio cieco, che rispecchiano la sua idea di pittura, «guardare sempre la realtà, raccontandola però attraverso il suo giudizio». Infatti dirà: «Secondo me il ricercare in pittura non significa nulla. Trovare, questo è il problema. Quando io dipingo il mio scopo è dimostrare quello che ho trovato e non quello che sto cercando. In arte le intenzioni non sono sufficienti».
IL CAPOLAVORO. Dal periodo blu passerà poi al periodo rosa. La sua arte e la sua vita seguono due binari paralleli, tutto ciò che gli succede prende vita sulla tela. «Nel 1906 accadono tre cose fondamentali: conosce l’opera di Cézanne e il suo modo di scomporre la realtà in forme geometriche, incontra l’espressionista Matisse e conosce l’arte primigenia africana, da cui rimane terribilmente affascinato». In particolare ciò che lo colpisce sono le grosse maschere africane utilizzate con funzione apotropaica. Queste enormi teste con i tratti del volto esagerati venivano posizionate fuori dalle capanne per scacciare gli spiriti maligni. «Quello che Picasso apprezza in queste maschere è la semplificazione della realtà. Nel suo ritratto, infatti, il maestro si rappresenta nudo di una nudità primigenia. Non lo fa certo per velleità edonistica, il suo intento è la semplicità». Nel suo autoritratto, il primo di una lunga serie, Picasso si disegna con un rettangolo come petto, un cilindro come collo e un ovale come viso. La semplificazione estrema la raggiunge con il suo capolavoro, «Les Demoiselles d’Avignon, il capolavoro indiscusso del ventesimo secolo. Qui in realtà riprende un tema classico, quello delle bagnati – trattato da Cézanne e Ingres, dove le protagoniste sono delle prostitute che si stanno riposando in una casa chiusa. Sono tagliate con l’accetta e i loro visi sono trasformati in maschere africane, i loro corpi sembrano intagliati nel legno». Immediatamente dopo questo quadro inizierà una nuova fase artistica per Pablo Picasso: il cubismo.
Prima parte: Pablo Picasso a Milano, 250 opere straordinarie per conoscere l’artista e l’uomo
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