
La preghiera del mattino
Ora la Germania invidia le “impressionanti” riforme della Grecia

First online ospita un’opinione di Shoshana Zuboff della Harvard Business School che recita così: «L’appello a “regolare Facebook” dissuaderà i legislatori dal fare i conti con qualcosa di più profondo? O indurrà un maggiore senso di urgenza? Riusciremo finalmente a rifiutare le vecchie risposte e a liberarci per porre le nuove domande, a cominciare da questa: Cosa deve essere fatto per garantire che la democrazia sopravviva al capitalismo della sorveglianza?». Ci sono le frottole magiche di QAnon, Byoblu, Beppe Grillo, Forza Nuova, ma c’è anche un qualche problema per la nostra democrazia.
Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Le elezioni presidenziali in Francia d’altra parte non mancano mai di complessi retroscena nei quali taluni ritengono di vedere non di rado un protagonismo di uno Stato (e un collegato establishment) così ingombrante come quello d’Oltralpe». Chi legge la storia del mondo come una serie di complotti è un paranoico, chi non vede come siano molteplici i protagonisti della lotta per il potere è un cieco.
Su Formiche Gabriel Carrer scrive che «si è mosso Li Junhua, ambasciatore cinese a Roma, che in un intervento per l’Adnkronos ha definito il Summit per la democrazia “un pretesto per fomentare un confronto fra fazioni”, che riflette una “mentalità della guerra fredda e del gioco a somma zero” da parte degli Stati Uniti». Tra i tanti nostri partiti farlocchi prodotti dal lungo commissariamento della politica post 2011, Carrer ce ne descrive uno invece ben impiantato e assai attivo: il partito cinese italiano.
Su Startmag Francesco Damato come al solito lucidamente inquadra il problema che sta di fronte agli italiani: «Da parte berlusconiana, per esempio, si continua a legare l’ipotesi di Draghi a quella minacciosa di elezioni anticipate. O, come sarebbe forse meglio dire, di una campagna elettorale di soli settanta giorni, o poco più, anziché di un anno e mezzo, quanto durerebbe di fatto con la conclusione ordinaria della legislatura». Ecco il vero dilemma di fronte a noi: è meglio una campagna elettorale di 70 giorni o una di oltre 365?
Su Startmag Riccardo Ruggeri scrive che «le famiglie medio povere hanno accettato, dando fondo ai loro risparmi e sbagliando clamorosamente, di allevare i figli permettendo loro di “consumare senza lavorare”». Ecco una considerazione sulla crescita infelice di stupidità che ha accompagnato l’avanzata grillesca.
L’Occidentale riporta una dichiarazione di Luigi Sbarra, segretario della Cisl: «La Cisl considera sbagliato ricorrere allo sciopero generale e radicalizzare il conflitto in un momento tanto delicato per il paese». Un Grande vecchio cislino, Natale Forlani, sul Sussidiario osserva: «Lo sciopero generale assume di fatto la finalità di marcare un dissenso meramente politico». Al contrario di quello che pensano i vari Pangloss nazionali che sono passati dal “tutto andrà bene” al “tutto va già benissimo”, in Italia i problemi irrisolti sono particolarmente consistenti e pensare di affrontarli continuando a commissariare la politica o a impaludarla magari in un sistema elettorale proporzionale, finirà per farci andare ancora peggio.
Su Stati Generali Francesco Linati scrive sul conflitto tra Unione Europea e Polonia che «si tratterebbe quindi di un conflitto tra diverse interpretazioni del principio di attribuzione di competenze (comunitarie e nazionali), piuttosto che di un rifiuto dell’autorità europea da parte di uno Stato». Ogni tanto qualche voce intelligente rompe il vociare dello stupido e retorico europeismo imperante nei media italiani.
Su Affari italiani Antonio Amorosi scrive che «le retribuzioni medie lorde annue sono diminuite, -2,9% in termini reali rispetto a qualsiasi altro paese». Sul serio? Ma non eravamo il paese dove tutte le cose vanno perfettamente come ci ripetono costantemente i Pangloss nostrani? Intanto il bell’addormentato nel bosco Maurizio Landini si deve essere reso conto finalmente della realtà in cui vive e di cui ci parla la statistica citata, ma sembra voler reagire solo con i suoi modi e metodi da plantigrado, con i suoi scioperi sconclusionati tesi più a salvarsi l’anima che a risolvere i problemi.
Sulla Zuppa di Porro si ospitano alcune opinioni di Marco Bassani tra le quali questa: «Nell’ultimo decennio la borghesia milanese è frastornata, ma come la Confindustria si schiera “sempre dalla parte del governo”, purché non sia eletto». In questa analisi c’è un elemento di estremizzazione della realtà ma anche tanta verità.
Su Dagospia si legge questo titolo: “I mercati vogliono Draghi a Palazzo Chigi”. È un titolo che ci ricorda il famoso aneddoto del funzionario Rai che chiamò al telefono Edoardo De Filippo dicendo: «Pronto, signor De Filippo, qui è la televisione». Al che il drammaturgo napoletano rispose: «Aspetti che le passo il frigorifero».
Dagospia riprende un articolo di Claudio Paudice su Huffington Post Italia nel quale si scrive: «Parola del neoministro delle Finanze Christian Lindner: Atene è riuscita “con impressionanti misure” a riformare il paese e questo “dovrebbe proprio fare da spinta a noi in Germania”». In questo senso non si deve neanche dimenticare quale importante contributo allo sviluppo urbanistico di Dresda diedero i bombardamenti angloamericani.
Huffington Post Italia riprende un lancio dell’Ansa che recita così: «La pillola blu (il sildenafil usato contro la disfunzione erettile) potrebbe ridurre del 69% il rischio di ammalarsi di Alzheimer e potrebbe essere riposizionato come farmaco preventivo e terapeutico contro questa che è la più diffusa forma di demenza». Ah! Grandezza di Pfizer: non solo ti aiuta a fare quella cosa lì anche dopo gli ottanta anni, ma ti ricorda anche come si fa.
Affari italiani riporta questa frase di Giuseppe Conte su Silvio Berlusconi: «Ha fatto anche molte cose buone». Lo psico-nano era una psico-fatina azzurra?
Dagospia riporta queste parole dette da Sabino Cassese: «C’è un eccesso di enfasi che mi preoccupa. Distoglie dalle cose più importanti di cui occorrerebbe occuparsi. La scuola. Le pensioni. La sanità. Il lavoro. E invece tutto ruoto attorno al Quirinale». Devo dire che fa un po’ impressione vedere uno studioso di diritto cresciuto predicando come il problema delle istituzioni fosse centrale, mettersi a contrapporre quasi grillescamente scelte concrete e scelte istituzionali. E come sarebbe possibile assumere le “scelte concrete” su cui insiste il “fine giurista” se non grazie a istituzioni funzionanti tipo un Quirinale di cui si decida con anche passione e la leadership? Discutendone al bar?
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