Ora, il nuovo disco di Lorenzo “Jovanotti”

Di Carlo Candiani
31 Gennaio 2011
Quindici brani permeati di suoni tra la techno dance, il pop più festaiolo, le variazioni world e le notturne ambientazioni orchestrali per l'atteso ritorno dell'ex cantante di Gimme Five

Atteso con ansia dalle schiere dei fans, accolto ottimamente anche dalla critica più severa ed esigente, ecco “Ora”, il nuovo lavoro di Jovanotti.
 E diciamo subito che è un gran disco: curato fin nei minimi particolari e suonato con grande energia dal gruppo di musicisti che attorniano l’ex rapper di “Gimme Five”. Uno scintillìo di suoni permea lo score dei 15 brani (che diventano 25 nell’edizione deluxe) ed è una inesauribile rincorsa di suoni tra la techno dance, il pop più festaiolo, le variazioni world e le notturne ambientazioni orchestrali. Un caleidoscopio di note che sorregge una cascata di parole, un’ubriacante giostra di immagini e sentimenti che testimoniano una raggiunta maturità umana e artistica, la ricerca di un significato nella magmatica realtà densa di contraddizioni, che però non trova ancora una sintesi, né un’adeguata risposta, lasciando all’ascoltatore un che di insoddisfazione.

 

Per la verità non mancano squarci di geniali intuizioni, quando emergono le storie autobiografiche e riflessioni futuribili sul proprio destino: “ Le tasche piene di sassi”, “Quando sarò vecchio” e “Un’illusione” sono tre titoli capolavoro, dove è evidente la lezione di Gaber, Conte, Tenco e De Gregori. Senza dimenticare la divertentissima “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”, una potenziale “summer hit” dove si intersecano i Lunapop di “Special 50”, il Blasco da stadio e l’Umberto Tozzi di “Gloria” (ascoltare per credere). Con  “Ora”,  Jovanotti raggiunge un’altra tappa al percorso, partito dal precedente “Safari” per il riconoscimento tra le diverse generazioni della sua musica e pur non perdendo la sua personalità, diventa alfiere della tradizione cantautorale  italiana, proprio quel mondo che sta vivendo un vuoto creativo dovuto all’incapacità di rinnovarsi, rassegnato da anni, ormai, a ripetere se stesso.

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3 commenti

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