Perché l’opposizione non riesce a trovare una sola battaglia comune

Di Lorenzo Castellani
12 Giugno 2023
La tattica "merkeliana" di Meloni, brava a togliere argomenti dal tavolo degli avversari e il reciproco sospetto tra Conte e Schlein impediscono a Pd e M5s di cavalcare compatti almeno un tema che metta in difficoltà il governo
Schlein Conte opposizione
La segretaria del Pd, Elly Schlein, e il leader del M5s, l'ex premier Giuseppe Conte (foto Ansa)

In Italia esiste oggi una maggioranza chiara e coesa che governa, ma nessuno si chiede come mai i partiti di opposizione non riescono a trovare nemmeno un tema, uno soltanto, su cui unirsi e a trasformarlo in una battaglia politica. È veramente inusuale che dopo otto mesi di governo i partiti di opposizione non siano mai riusciti a trovare una battaglia comune e questo immobilismo sembra spiegabile soltanto attraverso due fattori.

L’abilità di Meloni e i sospetti nell’opposizione

Da un lato c’è la capacità di Giorgia Meloni di togliere argomenti dal tavolo dell’opposizione, con una tecnica che assomiglia a quella della cancelliera Merkel. In difficoltà sull’immigrazione? Accordo con l’Unione Europea. La legge di bilancio? Equilibrata e in linea con i parametri di Bruxelles. Derive estremiste? Nei fatti non esistono. Posizione sull’estero? Filo-americana e filo-Ucraina. Con ranghi serrati così, e senza incidenti politici in maggioranza, è oggi molto difficile per l’opposizione penetrare con la critica il blocco del centrodestra. Tanto che i centristi si sono quasi sciolti, Renzi ha intuito l’abilità di manovra della Meloni e si è chiamato fuori, mentre Calenda, fermo nei sondaggi, è spesso costretto a dare ragione alla maggioranza e torto alle derive di sinistra del Pd.

Dall’altro lato, invece, è evidente il sospetto reciproco tra Conte e Schlein. Conte non vuole farsi togliere argomenti e consenso dalla svolta a sinistra del Pd e dunque resiste ad ogni possibile iniziativa congiunta, delimita il proprio spazio, rivendica le politiche di spesa e assistenzialiste. Schlein è in difficoltà, per i risultati sul territorio e per gli equilibri interni al partito, non si fida di nessuno e meno che mai del leader del Movimento 5 Stelle. Conte e la segretaria del Pd, al contrario di quanto lasciano trasparire i media di sinistra, non hanno una agenda del tutto sovrapponibile. Non soltanto sull’Ucraina, dove la linea pacifista di Conte è chiara mentre Schlein ondeggia, ma anche su questioni come diritti civili e immigrazione ci sono divergenze.

La rottura tra Pd e M5s

Al leader pentastellato le battaglie progressiste sui diritti omosessuali non interessano, vista anche la sua inclinazione cattolica, così come non è mai stato a favore della linea dell’accoglienza totale degli immigrati irregolari come Schlein. Inoltre Conte è più accomodante con la destra rispetto al militante antagonismo della leader Pd, con la maggioranza il Movimento si accorda quando ci sono nomine pubbliche in ballo. Dunque oggi a sinistra le divisioni sono più delle congiunzioni, la logica competitiva prevale su quella cooperativa. Il risultato è una opposizione divisa e poco efficace.

Ci sarebbe il PNRR ma ci sono due ordini di problemi anche qui, il primo è che sia Pd che Movimento 5 Stelle sono implicati nei ritardi del piano accumulati dai precedenti governi e il secondo è che anche su questo tema non c’è accordo tra i due partiti. Il Pd spinge sull’ambientalismo, Conte sulle politiche sociali e sulle assunzioni nella PA. E mentre una propone il salario minimo, l’altro difende il reddito di cittadinanza. C’è quindi una rottura tra Pd e Movimento 5 Stelle, ben nascosta ma fondamentale come le elezioni del 2022 hanno dimostrato, che non solo impedisce il campo largo sul piano elettorale ma ad oggi non riesce a garantire nemmeno un tema che l’opposizione può cavalcare in modo compatto.

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