Se l’Onu “si dimentica” i nomi ebraici dei luoghi sacri di Gerusalemme

Di Redazione
12 Maggio 2016
L'Unesco (l'agenzia Onu per la cultura) si è attirata le critiche internazionali per aver indicato il Monte del Tempio usando solo i riferimenti islamici
epa04519940 A class of Palestinian school girls pass right-wing Jews who stop to take photographs before the Dome of the Rock, the third holiest site in the Islamic world built in the 7th century where Mohammed is believed to have ascended to heaven, as they tour the Hareem el-Sharif (The Noble Sanctuary) in Jerusalem's Old City, 08 December 2014. The area is also known as the Temple Mount and is where the ancient Jewish temples stood, and thus holy to Jews as well. Jews are allowed to tour the area under police guard (L) but are not allowed to pray, according to the 'status quo' agreement. EPA/JIM HOLLANDER

È passato quasi un mese da una controversa risoluzione approvata dall’Unesco contro le «aggressioni» israeliane e il polverone sollevato non si è ancora sedato. L’organizzazione dell’Onu, più che per la condanna nei confronti di Tel Aviv, si è attirata le critiche internazionali per aver indicato il Monte del Tempio usando solo i riferimenti sacri all’islam (al-Aqsa e al-Haram al-Sharif).

ITALIA ASTENUTA. Trentatré paesi si sono schierati a favore della risoluzione proposta dell’Autorità nazionale palestinese, 17 si sono astenuti, tra i quali l’Italia, mentre Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi si sono opposti. Anche la Francia ha votato a favore, suscitando veementi critiche da parte del Gran rabbino di Francia e del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, intervenuto lunedì.

MONTE DEL TEMPIO. Il “Monte del Tempio” è il luogo più sacro dell’ebraismo, quello che ospitò il Tempio costruito da Salomone e distrutto dai romani. Il luogo è riverito anche dai musulmani, arrivati solo molti secoli dopo, ed è attualmente retto da uno status quo che regola luoghi e orari di visita per ebrei e musulmani.

«NEGAZIONE DI EVIDENZE STORICHE». Per Repubblica, «cancellare con una furbizia politico-diplomatica il ricamo linguistico e spirituale di Gerusalemme non è solo una goffa negazione delle evidenze storiche ma una forzatura che lede, sul piano lessicale, lo “status quo”» e «nega il punto del mondo che lega Israele alla Terra». Non a caso, in tanti si sono già mossi per «ottenere una rettifica necessaria per impedire che dal luogo in cui Dio rifiutò il sacrificio di Isacco ricominci un altro rito di quel culto sanguinario che chiamiamo guerra».

Foto Ansa

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