Dopo il virus “mai cinese” l’Oms s’inventa le varianti che non discriminano

Di Caterina Giojelli
02 Giugno 2021
Mentre si indaga sull'origine del Covid, l’agenzia di Tedros sostituisce con l'alfabeto greco i nomi che associano paesi e mutazioni. Addio variante "indiana", benvenuta variante "delta"
Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom incontra il presidente cinese Xi Jinping il 20 gennaio 2020

All’Oms comanda (ancora) la Cina. Ora che Biden ha richiesto all’intelligence di «preparare un rapporto sull’origine del Covid-19 entro novanta giorni». Ora che a partire da Anthony Fauci ha ripreso quota la pista del virus fuggito da un laboratorio di Wuhan. Ora che Science dà voce agli scienziati che puntano il dito contro i rapporti «parziali e sbilanciati» forniti da Pechino e che il Wall Street Journal ha rivelato l’esistenza di un report dei servizi segreti che dava per malati di Covid tre ricercatori dell’Institute of Virology di Wuhan già a novembre 2019. Ora che il Dragone è costretto a ribaltare la narrazione sull’America che aveva smontato i complotti di Trump, l’Oms si inventa le nuove etichette delle varianti del Covid: d’ora in poi dovranno essere chiamate come i nomi delle lettere dell’alfabeto greco, non in base alle località geografiche in cui sono state scoperte. Niente più variante inglese, sudafricana, brasiliana, indiana. Perché? Per evitare «stigmatizzazioni e discriminazioni».

Le varianti alpha, beta ecc

Lo ha annunciato l’Oms dopo «mesi di discussioni» con esperti: la mutazione scoperta nel Kent, in Gran Bretagna, si chiamerà “alpha”, quella in Sudafrica “beta”, quella in Brasile “gamma”, quella in India “delta”. E via discorrendo. Certo, non sostituiscono la nomenclatura scientifica tutta numeri, punti e lettere romane che continuerà ad essere usata nell’ambito della ricerca, ma verranno utilizzate nel dibattito pubblico.

«Le persone ricorrono spesso al chiamare le varianti in base ai luoghi in cui vengono rilevate, il che è stigmatizzante e discriminatorio. Per evitare ciò e per semplificare le comunicazioni pubbliche, l’Oms incoraggia le autorità nazionali, i media e altri ad adottare queste nuove etichette».

Odio anti-asiatico, colpa di Trump

Perché raddrizzare secoli di prassi e associazioni giustificate (Ebola, dal fiume del Congo), o meno (vedi l’influenza “spagnola” del 1918)? Perché, ribadisce l’epidemiologa dell’Oms Maria Van Kerkhove, «nessun paese dovrebbe essere stigmatizzato». Lo spiega il Guardian:

«I crimini di odio anti-asiatico sono aumentati a causa della pandemia e delle associazioni tra Covid e il sito del suo primo focolaio a Wuhan, in Cina. I gruppi anti-estremisti statunitensi hanno affermato che un aumento degli attacchi contro gli asiatici-americani è in parte dovuto a Donald Trump, che ha definito il Covid-19 il “virus cinese”. Il successore di Trump alla presidenza, Joe Biden, ha firmato questo mese una legge sui crimini d’odio per proteggere coloro che hanno subito un’ondata di attacchi durante la pandemia».

Il virus non è cinese?

Il virus non è cinese ma il Partito comunista ha zittito e punito Ai Fen, la direttrice del pronto soccorso dell’ospedale Centrale di Wuhan che lo aveva rilevato in Cina già a dicembre 2019, perseguitato Li Wenliang, l’oftalmologo costretto a non «diffondere notizie» deceduto per Covid e arrestato i medici che avevano osato farlo. La Cina – che accusava: «Il virus è italiano, non cinese»ha aspettato oltre un mese ad avvertire la popolazione di Wuhan di che cosa stava accadendo, permettendo così la diffusione incontrollata dell’epidemia.

La Cina continua a minacciare chi come la scrittrice Fang Fang ha denunciato in un «diario», letto da decine di milioni di persone, bugie, errori e arroganza del governo. O come la giornalista Zhang Zhan, condannata senza processo a cinque anni di carcere a Shanghai per aver «diffuso false informazioni», ovvero denunciare il primo focolaio di Covid a Whuan.

La sudditanza dell’Oms alla Cina

Il virus non è cinese e l’Oms ha brigato fin dall’inizio della pandemia perché nessuno seguisse Trump: «Non c’è nessuna ragione per provvedimenti che interferiscano senza necessità col commercio e coi viaggi internazionali. L’Oms non raccomanda limitazioni al commercio e al movimento». Lo dichiarava il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus il 30 gennaio 2020 quando, già da 17 giorni, venivano registrati casi di Covid fuori dalla Cina.

Una Cina lodata da Tedros per «aver creato un nuovo modello per il controllo delle epidemie», per la sua trasparenza e «apertura alla condivisione di informazioni» con l’Oms e altri paesi. Lo stesso Tedros a cui oggi tocca ammettere che gli scienziati inviati a Wuhan per conto dell’organizzazione hanno avuto difficoltà nell’accesso ai dati e, mentre l’inchiesta del Wsj faceva il giro del mondo, chiedere «ulteriori indagini».

Infodemia e alfabeto greco

Anche Tedros ha aspettato che i casi decuplicassero prima di dichiarare il Covid-19 un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale. Era metà marzo e il virus era presente in oltre cento paesi. Si è tuttavia affrettato ad elogiare il modello cinese e ultimamente a definire la pandemia una «infodemia», inquinata da fake news di matrice politica, culturale e religiosa sulle piattaforme social. Infodemia che l’Oms ha deciso di combattere attraverso campagne come “Stop the Spread” o “Reporting Misinformation”. E ora arrivano le pecette greche.

Della subalternità dell’Oms alla Cina, di come l’agenzia ha ripetuto a pappagallo la versione di Pechino e cioè che il virus non poteva trasmettersi da persona a persona, ignorando gli allarmi di Taiwan, e del supporto del Dragone all’elezione di Tedros, già ministro in quell’Etiopia dove è indirizzata la maggior quota degli investimenti cinesi, a direttore generale dell’Oms, Tempi vi ha già parlato più volte.

Tedros pronto al secondo mandato

Tre milioni e mezzo di morti di Covid dopo, definendo «storica» la decisione dei paesi membri dell’Assemblea mondiale della Sanità di rafforzare l’agenzia delle Nazioni Unite, accodandosi alla richiesta di ulteriori indagini sul suo migliore alleato (che gli ha dato dell’«irresponsabile») e abolendo le varianti “geografiche” del virus (il governo di Nuova Delhi ha ordinato alle piattaforme di social media di rimuovere i contenuti che si riferivano alla “variante indiana”) Tedros si prepara a ricandidarsi a un secondo mandato di cinque anni.

Solo un anno fa, in quella stessa Assemblea veniva annacquata fino all’irrilevanza la proposta di un’inchiesta indipendente sull’origine e la gestione della pandemia da parte dell’Ue: nella mozione approvata non si parlava più di “inchiesta”. Non si faceva riferimento alla “Cina” e nemmeno a “Wuhan”.

Foto Ansa

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