
Oltre 100 giornalisti per il Rubygate: sesso, soldi e potere tirano sempre
Strana giornata quella in cui intorno al Palazzo di Giustizia di Milano si accalcano gli operatori di tutta la stampa estera, compresa Al Jazeera, intenti ad osservare (da fuori) sette minuti di udienza in cui il processo sul caso Ruby, che coinvolge il premier Silvio Berlusconi, è stato rimandato. Gli accrediti giornalistici sono 120 e si è visto un dispiegamento di forze da far impallidire i tempi di Tangentopoli.
Il Daily Beast di Tina Brown ha mandato a Milano la corrispondente da Roma per seguire il “Bunga processo”, come l’ha chiamato il Sun. Il Daily Telegraph ricorda la presenza di Clooney e Canalis. Inutilmente, se è vero che la maggior parte degli inviati si è precipitata subito dopo il processo in Liguria, nella speranza di intercettare qualche clandestino in fuga verso la Francia, per dare un senso alla giornata di trasferta.
Ruby Rubacuori «non ha ritenuto giusto costituirsi parte civile perché ritiene di non aver subito alcun danno per essere andata qualche volta ad Arcore né per aver frequentato il premier». Lo ha detto in aula l’avvocato Paolo Boccardi, legale della giovane marocchina Karima el Mahroug.
Perché allora tanto rumore per nulla? Probabilmente perchè gli ingredienti per rendere la storia appetibile ci sono tutti, uniti a un neanche troppo celato razzismo anti-italiano (la solita storia del leader che incarna i vizi di un popolo, insomma). Lo ha spiegato al Corriere Barbara Serra (Al Jazeera English): «Ci sono i soldi, il potere e il sesso e poi accade tutto in Italia. Se fosse successo in Germania non so se avrebbe destato lo stesso interesse».
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