
O.k. il prezzo è ingiusto
Si era rimasti a 1.021 miliardi. A quei 1.021 miliardi di vecchie lire dichiarati da Lottomatica come costo per l’implementazione della rete in occasione del rinnovo della concessione per la gestione del gioco del Lotto (decreto ministeriale del 15 novembre 2000). Un rinnovo di nove anni, con tre anni di anticipo e senza nessun tipo di gara o concorso, che permette alla società di Abete e Staderini di gestire il gioco con la più ampia fetta di mercato (54%). Ma con il versamento più basso all’erario (solo il 21% della spesa del pubblico), quando alla concorrenza è chiesto un’esorbitante 54%. Perché lo Stato fa gli affari di Lottomatica? Perché al Monopolio statale si è sostituito quello di Lottomatica (che detiene l’80% del mercato dei giochi in Italia)?
Breve riassunto delle puntate precedenti
Il 25 luglio, 51 deputati della maggioranza, guidati dall’onorevole Maurizio Lupi (Fi), avevano promosso un’interpellanza parlamentare cui il sottosegretario di Stato per l’Economia e le Finanze, Manlio Contento, aveva, a proposito dei 1.021 miliardi, così risposto: «L’amministrazione aveva richiesto alla società Lottomatica una previsione dei costi per l’estensione della rete di raccolta a 22mila punti, quantificata e verificata in 1.021 miliardi per il quadriennio 2000-2003. Quanto alla verifica ho voluto svolgere un accertamento e, in effetti, all’epoca risulta essere stata costituita una commissione deputata a valutare la congruità di questo dato». A noi tale commissione non risulta mai essere esistita. Potremmo sbagliarci, potremmo avere ragione. Vorremmo vedere le carte, sapere i nomi e i criteri in base ai quali questa commissione ha ritenuto adeguata la richiesta di Lottomatica. In chiusura di giornale (lunedì 2 settembre), non abbiamo ancora ottenuto risposta. Sarà stato il periodo di ferie, sarà che il “compito delle vacanze” da noi proposto richiede tempo, sarà quel che sarà, noi continuamo ad attendere risposta. E rilanciamo.
I conti della serva
Non è mai carino fare i conti in tasca ad altri. Si rischia di non tener conto di entrate o uscite rilevanti, di dire castronerie, di essere poco educati. Ma qui le cifre sono tanto esorbitanti che, anche se ci sbagliassimo (vogliamo essere generosi?) di 100 o 200 miliardi, la sproporzione fra i dati non potrebbe che balzare all’occhio. Nel proprio progetto di gestione dei giochi Coni, che Lottomatica si è recentemente aggiudicata, la società di Staderini ha garantito che coprirà interamente la rete Coni entro il primo anno di attività. I punti vendita Lottomatica differiscono da quelli del Coni (vogliamo, di nuovo, essere molto generosi per difetto?) di almeno 10mila unità. Lottomatica ha chiesto al Coni un canone per la copertura dei costi dell’operazione, comprensivo dell’aggio (il compenso percepito dal gestore), di circa 150 miliardi di vecchie lire per 5 anni. Diciamo che Lottomatica tiene per sé (vogliamo essere, per l’ultima volta, molto generosi?) solo 50 miliardi e il resto li investe per la copertura della rete del Coni. Ma come? Per l’estensione della rete del Lotto Lottomatica aveva dichiarato fossero necessari 1.900 miliardi per 20mila punti vendita (e non 1.021 miliardi per 22mila punti vendita come detto da Contento; fonte: “Lottomatica, presentazione agli analisti per la quotazione in borsa, 2001”), ora dice che bastano 100 miliardi per 10mila punti vendita. Un rapporto di 1 a 10, difficilmente spiegabile anche correggendo con grosse cifre i nostri conti della serva. O era troppo alta la cifra chiesta prima o è troppo bassa quella chiesta adesso. Nell’uno o nell’altro caso, i conti non tornano.
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