
Oh che bella famigliola
Il ritratto che si può desumere sfogliando i “Bilanci delle famiglie italiane nell’anno 1998”, bollettino triennale della Banca d’Italia, è quello di una famiglia italiana in discreta salute, ma con qualche grattacapo di ardua soluzione. Pubblicato nell’estate di quest’anno, fa riferimento alla situazione delle famiglie italiane tra il 1995 e il 1998. Numeri, dati e statistiche mostrano che il signor Mario Rossi, l’italiano medio per antonomasia, resiste come può. Secondo l’indagine, la famiglia italiana è composta da un padre che lavora a tempo pieno, una moglie impegnata part-time e una figlia a carico. Il capofamiglia ha un’età compresa fra i 30 e i 65 anni, ha smesso di studiare dopo le medie inferiori, è lavoratore dipendente. Mario Rossi e moglie incassano 48 milioni e 300mila lire nette l’anno. Spendono in media circa 34 milioni e mezzo. Se la matematica non inganna, il risparmio netto per famiglia l’anno è di circa 14 milioni. Secondo le statistiche, la ricchezza reale famigliare media è di 245,8 milioni che, per la quasi totalità degli italiani significa essere proprietari di una casa. Si tratta di un appartamento di circa 105 metri quadrati e del valore di 219 milioni. Quando la figlia deciderà di andare a vivere da sola potrà farlo solo accettando di pagare l’affitto. La nuova dimora sarà di 80 metri quadrati e del valore di 154,6 milioni. Fin qui il quadretto ameno. Ma si rimane esterrefatti quando si scopre che circa un terzo degli italiani vive con meno di 20 milioni l’anno mentre il 16,7 per cento supera i 400 milioni. Consultando il “Bilancio” della stessa Banca d’Italia del 1995, che fa riferimento agli anni ‘93-’95, si scopre che la percentuale di “poveri” è rimasta tale. Mentre è aumentata quella dei ricchissimi (allora era del 15,2 per cento). Morale: nell’era Ulivo chi era povero è rimasto tale. Mentre qualcuno da ricco è diventato ricchissimo. Secondo dato curioso. Mettiamo che la figlia del signor Rossi desideri andare a vivere da sola. Per la Banca d’Italia “l’affitto pagato risulta in media pari a 5,3 milioni annui, con un incremento del 30 per cento rispetto alla precedente rilevazione. L’incremento è risultato superiore per le abitazioni di proprietà pubblica (47 per cento)”. Ammettendo pure che nell’era Ulivo gli affittuari siano diventati tutti più buoni, sembra difficile trovare sulla piazza appartamenti di 80 metri quadrati con affitti di 400mila lire mensili. Prendendo per buoni i dati rimane rilevante il fatto che lo Stato abbia raddoppiato gli affitti per immobili di sua proprietà. Inoltre, la situazione si fa quasi grottesca se si fa riferimento al precedente “Bilancio”. Fra il 1993 e il 1995 l’incremento percentuale degli affitti era stato “solo” del 17,4 per cento per le abitazioni sia pubbliche che private. Se il signor Rossi decidesse di acquistare una casa per la figlia ci metterebbe ben poco tempo a scoraggiarsi. Secondo i dati della Banca d’Italia “rispetto alle retribuzioni nette medie degli operai e degli impiegati, il valore a metro quadro si è triplicato nel periodo tra il 1987 e il 1998”. E si è passati da 700mila lire a più di 2 milioni con un incremento annuo dello 10,8 per cento. Ecco a che servono le statistiche: a scoprire che il signor Rossi non esiste più. Siamo tutti dei signori Fantozzi.
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