
Oggi si festeggiano le martiri di Orange, vittime della folle Rivoluzione francese

«Le cinque religiose condannate a morte il 26 luglio, così come le sorelle che le avevano precedute al patibolo, si sono dirette alla ghigliottina cantando». Così la Commissione popolare di Orange annotava infastidita e stupita nei suoi registri nell’estate del 1794. Questo era il nome pomposo che si era dato il Tribunale rivoluzionario incaricato di portare il verbo della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fraternità nella città della Francia sud-orientale al tempo della Rivoluzione francese.
SUORE GHIGLIOTTINATE
In neanche due mesi il Tribunale condannò alla ghigliottina 332 persone, tra cui 36 preti e 32 religiose. Le suore (due cistercensi, una benedettina, 16 orsoline e 13 sacramentine) erano state incarcerate e condannate perché «refrattarie», per esserci cioè rifiutate di prestare il «giuramento libertà-uguaglianza» che recitava così: «Giuro di essere fedele alla nazione e di mantenere la libertà e l’uguaglianza o di morire difendendole».
Oggi è la festa delle beate martiri di Orange, uccise dalla follia della Rivoluzione francese 225 anni fa. Nel 1794 la scristianizzazione del paese era già cosa fatta: il 2 novembre 1789 i beni della Chiesa erano stati confiscati, nel febbraio 1790 tutti i voti religiosi erano stati dichiarati nulli e gli ordini religiosi aboliti, nel luglio dello stesso anno era stata decretata la costituzione civile del clero, che affidava la nomina di vescovi e prelati alle autorità civili e nel novembre tutti i consacrati erano stati obbligati a prestare giuramento rinnegando l’obbedienza a Roma e al Papa. Per questo nel 1791 papa Pio VI aveva dichiarato la Costituzione civile del clero «eretica, sacrilega e scismatica».
«VIVA LA NAZIONE, VIVA LA REPUBBLICA!»
Fedeli alla Chiesa cattolica, le 32 religiose, cacciate dai loro conventi, si erano riunite in una casa privata, dove per 18 mesi continuarono a condurre una vita di preghiera e in povertà. Nell’aprile del 1794 furono arrestate e rinchiuse il 2 maggio nella prigione di Orange, detta “La Cure”. Qui hanno continuato a vivere come se fossero in monastero, in attesa di essere uccise.
Gli abitanti di Orange, pur gridando «Viva la Nazione, viva la Repubblica!» a ogni testa che veniva mozzata sul patibolo, rimasero enormemente impressionati dal vedere le religiose andare incontro alla morte cantando e pregando per i loro persecutori. Altre 10 suore, rinchiuse insieme alle altre, furono risparmiate a causa dell’uccisione di Robespierre il 28 luglio, che stravolse il panorama politico della Francia.
Le 32 religiose non furono le sole uccise durante la Rivoluzione francese. È ancora più famosa, infatti, l’uccisione delle 16 carmelitane di Compiègne, ghigliottinate il 17 luglio 1794 a Parigi, e il cui calvario è stato raccontato e reso celebre da Gertrud von Le Fort, nel libro L’ultima al patibolo, e da George Bernanos.
Le martiri di Orange furono sepolte in una fossa comune al campo Gabet, vicino alla città, e sin dal primo giorno il luogo divenne meta di pellegrinaggi, attratti dalla loro fama di grande santità. La causa per la loro beatificazione fu introdotta il 14 giugno 1916 e il loro martirio fu riconosciuto il 19 marzo 1925; la beatificazione delle 32 suore martiri fu celebrata il 10 maggio 1925 da papa Pio XI e la festa celebrativa fissata per tutte al 9 luglio.
«RIVOLUZIONE, FOLLIA MORTIFERA E INUTILE»
Nel nome della Libertà, della Fraternità e dell’Uguaglianza la Rivoluzione francese ha portato alla morte di almeno 600 mila persone in soli 10 anni. Il folle progetto anti-cristiano dei rivoluzionari, che facevano tutto nel nome di un Uomo astratto e dei suoi altrettanto astratti e presunti diritti umani, ha dimostrato che cosa accade quando si vuole sradicare l’uomo a forza dalle sue radici, cancellare Dio dal suo orizzonte e sostituirlo con la Ragione, così erroneamente intesa dagli illuministi.
Quest’anno si celebrano i 230 anni dalla Rivoluzione francese e nel prossimo numero di Tempi ci sarà un’ampia analisi di quella inutile e folle strage che fu la Rivoluzione, partendo dal libro “blasfemo” appena pubblicato in Francia dallo storico Claude Quétel Crois ou meurs!, Credi o muori. La tesi di Quétel è tanto semplice quanto inaccettabile in Francia, che ancora si fregia di essere la “patria dei diritti umani”: la Rivoluzione è stata un’orgia di sangue fin dai suoi primi giorni e non ha mantenuto nessuna delle promesse sbandierate nella sua Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. L’obiettivo di Quétel è uno solo: «Scoprire l’impostura e convenire infine che la Rivoluzione francese è stata un episodio esecrabile della storia della Francia, una follia mortifera e inutile, una guerra civile la cui memoria divide ancora oggi i francesi. La Rivoluzione tutta intera è stata uno scivolamento fin dai primi giorni degli Stati Generali, andando avanti di male in peggio, tanto che per salvare la Francia dall’anarchia c’è stato bisogno di una dittatura militare».
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