«Oggi i cristiani cos’hanno da dire a questo mondo barbaro e che sarà travolto da altri barbari?»

Di Rachele Schirle
30 Novembre 2015
L'ultimo libro di monsignor Luigi Negri, "Il cammino della Chiesa", ripercorre la storia della Chiesa per rispondere alle sfide del presente
Saint Peter Statue lightened by television lights at the Vatican late 28 February 2013, ANSA/CLAUDIO PERI

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Un libro per rispondere alla sfida di fronte alla quale ci troviamo e recuperare una coscienza più chiara della realtà della Chiesa, attraverso un’adeguata comprensione della sua storia. Sono queste le ragioni che hanno spinto monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e Comacchio e abate di Pomposa, a scrivere Il cammino della Chiesa (edizioni Ares, 320 pagine, 16 euro). Perché «in un paese come il nostro, dove la varietà delle culture non si è andata irrigidendo, ma è andata sostanzialmente scomparendo, sostituita da quella forma di pensiero unico dominante richiamata con insistenza da papa Francesco, si vede prevalere l’egoismo individuale, il consumismo dei gruppi e una decisa volontà di eliminazione della tradizione cattolica, attraverso la demolizione di una morale naturale che la fede attua pienamente con una forma di reattività istintiva e umorale chiamata “capacità di scelta”», spiega il monsignore a Tempi.

Monsignore, lei parla, ricordando l’espressione di papa Francesco, di «pensiero unico dominante». Dove lo vede in azione e perché è così pericoloso?
Prima di parlare dei terribili attentati di Parigi, proviamo a pensare alle cose orrende che si stanno compiendo nel nostro paese. Ad esempio, negli ambiti della scuola statale con la creazione massiccia di un tipo di educazione alla sessualità che ripropone i termini e le follie del gender. Il pensiero unico dominante crede di poter dare un colpo di grazia definitivo alla tradizione della Chiesa, alla morale naturale e ai diritti della persona che non possono essere considerati come espressione della propria istintività. I diritti naturali, invece, sono da recepire all’interno di quella realtà della natura nella quale la persona si introduce gradualmente con tanta volontà di comprensione e tanta volontà di rispetto.

Nel suo ultimo volume cerca di fare capire che la storia della Chiesa è il retroscena dell’oggi, indispensabile per poter valutare e inquadrare ciò che stiamo vivendo. Che percorso offre ai lettori?
Sono pagine in cui ho raccolto quanto negli anni ho cercato di approfondire attraverso i miei studi e le mie ricerche. Ho inteso offrire, come contributo per affrontare la situazione di crisi culturale che attraversa la Chiesa oggi, un percorso articolato in tre momenti.
Nella prima parte ho cercato di definire quali siano gli aspetti essenziali per una corretta comprensione della vita della Chiesa. Mi sono chiesto, qual è l’atteggiamento più adeguato per comprendere la Chiesa e la sua storia, senza essere influenzati dai pregiudizi della mentalità laicista, ancora oggi così diffusa? Che cosa permette di assumere un punto di vista originale, cioè non mutuato dalle prospettive ideologiche anticristiane del pensiero dominante? Per rispondere ho cercato di fare luce su alcune questioni decisive per capire la storia della Chiesa. La prima delle quali ritengo essere il vivere una vera esperienza ecclesiale. Infatti, per una comprensione adeguata della storia della Chiesa, occorre partire dalla nostra esperienza di Chiesa. Questo è metodologicamente il punto fondamentale sul quale, ormai da numerosi anni, senza trascurare gli altri problemi di carattere storiografico relativi alle diverse situazioni, ho cercato di impostare le mie riflessioni.
Nella seconda parte, attraverso un breve excursus, ho voluto dimostrare come la Chiesa si sia posta nelle grandi epoche della storia: Antichità, Medioevo, Età moderna, Età contemporanea. Certamente non attraverso un’analisi puntuale o una rigorosa descrizione delle vicende storiche, ma attraverso una riflessione che ha inteso evidenziare, nelle sue linee generali, che cosa permane costantemente e che cosa invece muta nel corso dei secoli; il modo con cui la Chiesa si è rapportata alle circostanze nelle varie situazioni storiche; la modalità con la quale, a seconda delle diverse epoche, essa è stata avversata e contrastata dal mondo. In particolare, ho cercato di fare emergere il fatto che la storia della Chiesa è la storia di un popolo, dalla cui vita nascono i criteri per affrontare le diverse vicende in modo originale e creativo: una storia fatta di contraddizioni e limiti che, però, ha segnato profondamente e positivamente la nostra civiltà, contribuendo in modo fondamentale a costruire la nostra identità. Quella dei cristiani è stata una presenza decisiva perché, fin dall’antichità, ha introdotto nella storia, non per i propri meriti ma per la Grazia di cui è stata investita, uno sguardo che ha saputo valorizzare, correggere e creare cultura e società, secondo una prospettiva veramente umana. Una storia, pertanto, di cui non solo non bisogna vergognarsi, ma di cui si deve essere orgogliosi. Favorire questa consapevolezza può aiutare a superare il dualismo tra fede e cultura, di nuovo presente nella vita della Chiesa.
Nella terza parte ho esaminato alcuni nodi cruciali della storia della Chiesa. Argomenti particolari spesso interpretati secondo una prospettiva anticattolica, con lo scopo di mostrare attraverso i presunti crimini e misfatti della Chiesa, il suo lato peggiore. Ritengo sia ancora importante rileggere e rivedere tali episodi andando oltre alle cosiddette leggende nere costruite intorno a essi. Ho cercato di farlo alla luce anche delle nuove acquisizioni storiografiche e delle polemiche sorte recentemente, spesso dettate dalle problematiche che caratterizzano oggi la vita della Chiesa. Cerco di mostrare che, se da un lato si sente il bisogno di superare la modernità laicista, dall’altro sono ancora presenti quei criteri che hanno determinato una lettura ideologica della storia della Chiesa. Le vicende che prendo in considerazione sono le crociate, il “caso Galileo”, la Rivoluzione francese, Il Sillabo di Pio IX, il rapporto della Chiesa con i regimi totalitari. Sono momenti storici che pongono problemi importanti, risolverli è decisivo per recuperare il vero volto della Chiesa e, allo stesso tempo, fondamentale per poter vivere la Chiesa senza complessi di inferiorità e condizionamenti negativi.

negri-libro-cammino-chiesaProprio su quest’ultimo argomento, ha recentemente scritto una lettera, pubblicata anche sullo scorso numero di Tempi, in cui afferma che «in questo Occidente non si può avere più paura del cristianesimo che dell’Isis. E che dobbiamo farci un esame di coscienza serio per affrontare questa situazione». Cosa intende per «esame di coscienza»?
Ho inteso innanzitutto fare una precisazione storica e culturale: l’esame di coscienza non è un atto pietistico o un’opera di misericordia, ma un’iniziativa di carattere culturale. La Chiesa nella sua storia ha vissuto certi momenti in cui ha saputo guardare le vicende con grande profondità culturale, derivandone atteggiamenti chiari di comportamento. Vorrei citare, fra gli altri, i grandi magisteri dei Papi del XX secolo contro i totalitarismi. Di questi la Chiesa ha fatto un esame dettagliato e approfondito rivelandone la loro inconsistenza culturale, etica e sociale. Straordinari e di grande attualità i discorsi che ogni anno a Natale, durante la Seconda Guerra Mondiale, Pio XII rivolgeva a tutta la Chiesa e ai popoli. Ora è evidente una cosa: la tragedia di Parigi, che ha investito tutti, dice che l’antropologia che regge queste formazioni totalitarie è assolutamente errata, perché poggia esclusivamente sull’individuo e sulle sue capacità di carattere operativo. Anche se si parla di Dio, come ha detto il Papa in questi giorni, lo si bestemmia, lo si nomina per affermare se stessi e i propri progetti individualistici e totalitari. Per fare questo esame di coscienza bisogna che innanzitutto la Chiesa, ma non solo, recuperi l’attualità di un’antropologia che san Giovanni Paolo II ha illustrato in decine di interventi con il termine «antropologia adeguata», ovvero che non mette al centro l’uomo e il suo potere, ma l’uomo che cerca il senso ultimo della sua vita, che va verso il suo destino e ne prende coscienza, si augura che attorno a lui altre identità prendano coscienza della loro cultura e nasca, quindi, un dialogo che rende la società più umana. Perché ciò accada bisogna che l’Occidente capisca che l’«antropologia adeguata» è quella di ispirazione religiosa, nel senso metafisico della parola, e nel senso cattolico. Ho scritto che l’Occidente non può aver più paura della Chiesa che dell’Isis, perché se sarà così morirà sotto il tallone del Califfato. Questa è una grande questione culturale ed educativa. Affinché avvenga una reazione seria e proporzionata alla sfida, in noi cattolici ma anche nei laici deve esserci un rinnovamento della coscienza della nostra antropologia. Solo a partire da questo è possibile un dialogo che sia al limite anche capace di integrare posizioni molto diverse.

In questi giorni abbiamo sentito parlare anche della necessità di creare una coalizione militare per sconfiggere l’Isis. Secondo lei, è una opzione che va presa in considerazione?
Penso che l’aspetto militare sia altro, bisognerebbe vedere se si può disarticolare la follia dell’Isis dal resto più o meno consistente dell’islam. Per questa ragione occorrono metodologie e sinergie adeguate, occorre una possibilità di collaborazione che consenta di fare questa che, più che guerra, è certamente una “ingerenza umanitaria” come indicato da san Giovanni Paolo II in occasione della guerra dei Balcani. È anche necessario che la magistratura faccia un salto di qualità nei confronti di questa gente che viene arrestata e rimessa subito in libertà, senza un’adeguata consapevolezza di ciò che è in questione, ossia il benessere culturale, umano, sociale e civile del nostro paese.

Possiamo dire che in Europa stanno tornando i barbari.
Ma questo Occidente ha il coraggio di guardarsi allo specchio? Non erano forse barbari, anche se acculturati e “civili”, quelli che hanno voluto e realizzato le due Guerre Mondiali con 40 milioni di morti? E che hanno tollerato i campi di concentramento e sterminio; la Shoah e gli esperimenti eugenetici che stanno tornando in vigore nei nostri ospedali di eccellenza? I barbari governano già in Occidente, con la loro avidità di denaro e di potere. Contro tutto ciò, per oltre due secoli, la resistenza è stata assunta dal popolo cristiano che, con la sua vita e testimonianza, ha continuato a ripetere che solo Cristo è il redentore del mondo. Mi chiedo però: oggi i cristiani cos’hanno da dire a questo mondo barbaro e che sarà travolto da altri barbari? Cosa dicono i cristiani ai loro fratelli uomini? Rispondere a questa domanda va oltre le mie capacità intellettuali.

Foto san Pietro Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.