
Oggi è il giorno di Paolo Borsellino. Non ricordiamolo con un’intercettazione, ma con opere di bene
Oggi è il giorno della memoria di Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992). Onore a Borsellino. Vittima della mafia. Ma poi, domandiamoci, cosa direbbe oggi, Borsellino, se fosse ancora vivo? Starebbe qui a darsi in pasto ai corvi che lo criticavano quando era in vita e a quelli che per professione fanno i parenti delle vittime? Può sembrare dura a dirsi. Ma questa è la verità. Montano la panna del giorno della memoria per spacciare l’industria. La loro industria. Ma noi siamo vivi. E Borsellino adesso direbbe ai vivi: “Non voglio fiori, ma opere di bene”.
“Voglio che si smetta di dividersi e che si collabori ad alzare la testa all’Italia”. Questo direbbe l’eroe. Non: continuate a indagare a ritroso su quello che è successo venti, trenta, quaranta anni fa. Non: ricattare il presidente della Repubblica per farsi belli “a mamma sua” e vendere telefonate ai giornali. Non: pubblicità e aureole per sostituti procuratori che si sono buttati in politica. Direbbe, Borsellino: guardiamo all’oggi. E che c’è in questo oggi, se non lo spread che scopa via come polvere mesi di sacrifici, Imu e il resto, bruciando risparmi e gonfiando interessi su interessi ai nostri titoli di Stato?
Oggi, ci ricorderebbe Borsellino, c’è il giochino Moody’s di declassare l’Italia il giorno dell’asta dei Btp. L’insistere della corsa speculativa in zona euro. Un’Europa solo in apparenza unita nella difesa di paesi come il nostro che non vedono luci nella crisi ma “ancora un percorso di guerra”. Fattori internazionali (Siria, Iran, Al Qaeda) che potrebbero aggiungere altre serie complicazioni al nostro già complicato scenario recessivo.
Ecco, direbbe Borsellino, questo fosco quadro che sta ipotecando il futuro della nostra gente – futuro, perciò: i nostri figli! – non dovrebbe trovarci spettatori inebetiti. A leggere di quattro pirla autoccupati a inquisire il passato mentre il sistema-Paese tracolla e la mia isola viene ingoiata da un Mediterraneo di debiti.
Vendere notizie di nera con la scusa che si fa il mestiere più brutto del mondo e manco lo si fa bene. Vendere giornali sotto forma di barzellette giudiziarie. Ecco, direbbe il serio e discreto Borsellino, sono lussi che non ci possiamo più permettere. Nel parco giochi non c’è più posto per giocare a palla prigioniera e gonfiarsi di sé come mongolfiere. Siamo in lotta per la sopravvivenza. Perciò, coltello tra i denti e via. Tutti uniti a vender cara la pelle dell’ Italia.
D’altra parte, al netto delle fiammate di scontro sociale provocate dagli impopolari quanto “non negoziabili” tagli di spesa richiesti dal rischio default dei debiti sovrani, questo è il clima che mediamente si respira nel resto d’Europa. Nessuno è fermo a guardarsi l’ombelico di un passato che non passa. O a triturarsi i maroni di quel poco benessere che avanza con le campagne dei gazzettieri che vorrebbero intercettare tutto il mondo. E pensano che più intercetti, più il mondo si fa bello, pulito e sensibile alla ragion pura di Kant.
O dobbiamo vendere tutto all’Emiro del Qatar e stendergli i tappetini rossi, come incredibilmente fanno i quattro pirla (giornalisti, nel caso) impegnati a fare a pezzi il politico con lo stipendio fuori spendig review e l’imprenditore con lo scontrino fiscale fuori posto? Perché in Qatar o tra gli Emiri, quando vendono petrolio battono lo scontrino e vige l’autocontrollo della GdF musulmana? E secondo voi, mentre i nostri quattro pirla fanno un mazzo tanto alle ultime nostre imprese di Stato che fanno affari in Medio Oriente o nella profonda Africa, oliando come si deve oliare (si chiamano “commissioni”) l’apparato di paesi che non sono proprio in cima alle classifiche di trasparency international, gli altri – dico: i cinesi, gli americani, i francesi, i tedeschi, gli inglesi, gli indiani – cosa fanno? Chiamano a testimoni giudici e procuratori della Repubblica per dimostrare che loro non danno “stecche” a nessuno per assicurarsi dighe e giacimenti petroliferi in terzo mondo? Ma dai. I nostri competitor internazionali ridono dei nostri guai e s’abbuffano di commesse. E mentre l’Italia è sempre impegnata a farsi prendere per i fondelli dai vari Economist e NYT, tutti insieme appassionatamente, i nostri competitor stanno lì con i loro affari patriottici a godersi la nostra infinita recita del rosario “questione morale” e i fucili dei nostri sostituti procuratori spianati sulle ultime grandi imprese italiane.
Oggi è il giorno di Paolo Borsellino. Ricordiamolo non con l’industria di quelli che spacciano fiori buoni a stare sottoterra. Ricordiamolo con opere di bene. Ricordiamolo con lo sguardo in avanti. Ricordiamolo, direbbe il poeta Eliot, con una mano sulla cazzuola, l’altra sulla pistola.
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