Il mondo dei “nuovi diritti” è destinato all’infelicità. Ecco perché bisogna tornare a educare alla libertà

Di Giancarlo Cesana
03 Giugno 2014
Come si vince il senso di soffocamento in questa stanza in cui sempre di più si alza il pavimento dei diritti e si abbassa il soffitto dei doveri? L'intervento di Giancarlo Cesana all'incontro della Fondazione Tempi a Padova

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Pubblichiamo l’intervento di Giancarlo Cesana, professore di Igiene all’Università di Milano Bicocca e presidente Fondazione Policlinico di Milano, all’incontro “Educare alla libertà” organizzato venerdì 23 maggio a Padova dalla Fondazione Tempi. Un medesimo convegno si svolgerà lunedì 9 giugno alle ore 21 presso il salone Pio XII di via Sant’Antonio 5 (qui tutte le informazioni).

Se siamo qui oggi è per cercare di capire, di fronte alle problematiche poste dall’avvento dei cosiddetti “nuovi diritti”, come se ne esca. Oppure, più semplicemente, come sopravvivere in questo mondo che è stato così ben descritto dall’autore non credente Aldous Huxley quando, già prima della Seconda guerra mondiale, ne previde lo sviluppo descrivendolo come una stanza in cui sempre di più si alza il pavimento dei diritti e si abbassa il soffitto dei doveri. Per farlo, vorrei partire da un brano contenuto nelle letture di queste settimane che precedono la Pentecoste, in cui san Paolo dice che Cristo ha vinto la morte e che alla morte è stato sottratto il suo “pungiglione”, che è il peccato, e la forza del peccato, che è la legge (cfr 1Cor 15,51-58). Io credo, infatti, che qualunque cosa uno possa pensare a riguardo delle questioni che abbiamo detto, tutti ci soffocano. Il problema, dunque, è come si esce da questa condizione di soffocamento. Dove la prima necessità è educare alla libertà, riconquistare questa parola che tutti usano e tutto ormai giustifica, senza però rendersi più conto di che cosa significa. E senza rendersi conto, soprattutto, di che cosa significhi educare alla libertà.

L’ipotesi di partenza
Per educare alla libertà, bisogna ritenere che la libertà esista. Ciò significa che la persona, ciascuno di noi, io e gli altri, non siamo determinati esclusivamente dai nostri antecedenti, cioè dalla nostra struttura genetica e psicologica. Certamente il corredo genetico dice qualcosa di importante della persona, ma non è tutto. Questo è il motivo per cui la Chiesa definisce la persona come nata veramente nel momento in cui muore: in un certo senso, è solo quando muore, quando cioè è compiuto il suo destino, che si vede che cosa veramente essa sia. Ritenere che la libertà esista, quindi, significa affermare che gli antecedenti non sono tutto.

van-gogh-primi-passiRicordo l’esempio che faceva sempre don Giussani quando ci invitava a immaginare di nascere dalla pancia della mamma con l’età che abbiamo ora. «Supponete di nascere, di uscire dal ventre di vostra madre all’età che avete in questo momento, nel senso di sviluppo e di coscienza così come vi è possibile averli adesso. Quale sarebbe il primo, l’assolutamente primo sentimento, cioè il primo fattore della reazione di fronte al reale? Se io spalancassi per la prima volta gli occhi in questo istante uscendo dal seno di mia madre, io sarei dominato dalla meraviglia e dallo stupore delle cose come di una “presenza”. Sarei investito dal contraccolpo stupefatto di una presenza che viene espressa nel vocabolario corrente della parola “cosa”. Le cose! Che “cosa”! Il che è una versione concreta e, se volete, banale, della parola “essere”. L’essere: non come entità astratta, ma come presenza, presenza che non faccio io, che trovo, una presenza che mi si impone» (Luigi Giussani, Il senso religioso, Rizzoli). Dopo di che può arrivare un camion – perché la vita è come un camion che ti viene addosso e ti spiana – e finisce. Ma, come diceva Anna Vercors ne L’annuncio a Maria di Paul Claudel: «Forse che il fine della vita è vivere? (…) Non vivere ma morire e dare in letizia quel che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!».

Questa, dunque, è la prima opzione con cui uno deve fare i conti nel vivere. Non si tratta di una scelta filosofica, di un programma di vita, ma della decisione da prendere di fronte a se stessi, di fronte ai figli e alla moglie. Che cosa sorregge la vita? L’impeto iniziale per cui tu dici che la vita è bella, per cui il bambino che viene al mondo immediatamente riscontra una corrispondenza, o tutto quello che viene dopo e che, poco o tanto, la contraddice e sembra cancellarla? Se la vita fosse la seconda ipotesi, non ci sarebbe speranza e non ci sarebbe libertà. Cioè tutto sarebbe fissato dagli antecedenti e, fondamentalmente, da quell’antecedente che l’uomo si porta dentro e per il quale è destinato a morire. Addirittura, dice la scienza, i cromosomi hanno una lunghezza nella parte finale tale per cui uno muore prima e un altro muore dopo. E comunque nessun uomo è mai vissuto più di 120 anni.

Allora il problema è se la libertà esiste e fa decidere per la prima ipotesi, cioè per il desiderio di infinito e di compimento che è in noi come più forte della morte. A vedere le cose che non vanno sono capaci tutti. Il problema è vedere le cose che vanno e, su queste, giocare la vita.

Il giudizio che rompe la schiavitù
La seconda scelta che dobbiamo compiere – e che viene immediatamente dopo anche per chi ha già deciso che ciò che vale nella vita è il positivo, la corrispondenza – ha a che fare con un aspetto incancellabile della vita. Mi riferisco al fatto che prima non c’ero, adesso ci sono, poi non ci sarò più: la struttura fondamentale dell’uomo è di carattere dipendente. Non mi sono fatto da solo. Tutto l’insegnamento di don Giussani ne Il senso religioso e la ripresa che ne fa nel capitolo ottavo de All’origine della pretesa cristiana, è centrato sulla considerazione che siamo dipendenti e che – pur optando per l’infinità del nostro desiderio, rispetto alla paura che ci fa venire la morte e al terrore che abbiamo della contraddizione – noi non vinciamo né la morte né la contraddizione, che comunque ci sovrastano, ci mettono sotto. Noi dipendiamo da qualcosa d’altro perché la vita non ce la diamo noi.

C’è qualcos’altro, dunque, che compie la libertà e quel desiderio di infinito che noi siamo, qualcosa che si erge sia sopra noi sia sopra la natura. Qualcosa che è più grande di noi, della natura e che giudica di noi e della natura. Questo quid è l’unica cosa che può permettere la non schiavitù sugli antecedenti e che alla schiavitù di come siamo fatti, di noi stessi e degli altri, non sia preclusa una scintilla. Che non sia preclusa una scintilla nemmeno alla persona più pazza, allo schizofrenico che fissa la luce perché la luce balla, per cui anche lui possa aderire alla terapia. O il bambino che fa i capricci possa dire di sì. Ecco, che ciò sia possibile, però, dipende dal nostro riconoscimento di ciò da cui siamo dipendenti e da cui tutto dipende. Si tratta di una nostra adesione, della capacità di riconoscere ciò che è bene, immedesimarsi in esso e trattenerlo.

Come ha detto san Paolo: «Vagliate tutto e trattenete ciò che vale» (cfr 1Ts 5,21). Don Giussani commentava che questa è la più grande definizione di cultura che avesse mai sentito. E, secondo me, lo è ancora. Perché in questo vagliar tutto e trattenere il valore sta il giudizio, sta ciò che ci rende padroni della realtà, ciò che ci rende liberi. C’è un valore che è più grande di noi rispetto al quale noi dobbiamo volgerci e dobbiamo imparare a trattenerlo, perché questo giudizio è ciò che fa crescere la libertà. La libertà, infatti, cresce, non è qualcosa che è data una volta per tutte. O meglio, è data una volta per tutte come potenzialità, ma non come esperienza, come esperienza del bene.

Noi normalmente identifichiamo la libertà con il fatto di scegliere, ed è vero. Ma questo è solo l’aspetto iniziale della libertà, di quando la realtà è confusa, quando c’è la nebbia e devi decidere se l’ombra che vedi è un toro o casa tua. Il rischio della libertà sta nella confusione della vita. Invece, la libertà come realizzazione è l’esperienza in cui tu sperimenti ciò che è bene per te, ciò che è dato per te. E quanto più tu sai apprezzare questo e impari a riconoscerlo, tanto più si costruisce il giudizio e il protagonismo della vita, cioè si riesce a vivere non da schiavi. Perché il fattore della libertà è il giudizio, ma il giudizio nasce come riconoscimento di qualcosa a cui noi apparteniamo.

Partecipare alla verità
Allora questo qualcosa d’altro da cui tutto dipende e a cui tutto è sospeso, che è il vero Signore delle cose, deve essere partecipabile, deve essere cioè qualcosa di cui io posso partecipare, con cui io posso convivere; altrimenti tutta la coscienza di me, della mia libertà, del fatto che dipendo, diventa tragedia. Come, per esempio, dimostra tutta la religiosità greca e pagana e come dimostra tutta la religiosità in cui la verità è fondamentalmente inaccessibile, qualcosa che, se c’è, tuttavia non potrà mai far parte di me, o meglio, io non potrò mai stare con lei.

Se non c’è questa possibilità, tutto il discorso che abbiamo fatto sulla libertà è solo una potenzialità che a poco a poco sfiorisce, si spegne, si “sgasa”. A ciò che è invisibile io devo poter partecipare in via di ciò che è visibile. Come evocativamente suggerisce Dostoevskij ne I fratelli Karamazov: se il leone sta con la gazzella e il lupo con l’agnello, ma io sono morto, mi dovete svegliare, perché lo devo vedere, perché se non lo vedo non posso credere a questa possibilità impensabile. Allo stesso modo, ci deve essere la possibilità di vedere il vero, di potervi partecipare, di poterlo vivere, praticare, aderire, di potersi correggere. Altrimenti cadiamo nel nichilismo che oggi ci caratterizza tutti, per cui non c’è più nulla per cui valga la pena vivere.

La descrizione di questi quattro punti è fondamentalmente la descrizione del cristianesimo, cioè del fatto che il Verbo si è fatto carne, è diventato qualcosa di partecipabile, per cui la verità si è attaccata all’uomo. Non all’uomo in generale, ma si è attaccata a me, a te, perché senza di me e di te, non potrei vederla, non potrei viverla, non potrei parteciparvi. Questo non vuol dire che io sia la verità o che tu sia la verità, ma che misteriosamente la verità è attaccata a noi.

L’Europa appiattita
Mi interessa far capire che i quattro punti che ho appena descritto sono le condizioni per cui nella vita, esistenzialmente e non teoricamente, la libertà possa essere vissuta, praticata e proposta. Questo oggi è negato.

Ciò che abbiamo detto, inoltre, ha delle implicazioni profonde anche con le radici dell’Europa. Come riporta il volantino della Compagnia delle Opere per le elezioni Europee citando una frase di Guardini: «L’Europa ha fatto emergere l’idea della libertà – dell’uomo come della sua opera. Ad essa soprattutto incomberà, nella sollecitudine per l’umanità dell’uomo, pervenire alla libertà anche di fronte alla sua opera». L’Europa è proprio il luogo dove questa idea della libertà è stata messa a frutto in via delle sue radici cristiane. Ed è stata così sviluppata, che a un certo punto è addirittura impazzita. Oggi si cerca, infatti, di costituire l’Europa in nome di una libertà che non riconosce più la sua radice, non si capisce più di che cosa è fatta e diventa, a poco a poco, una nuova schiavitù.

L’Europa così diventa quella casa in cui il pavimento dei diritti si alza e il soffitto dei doveri si abbassa. Tutto questo in nome del principio di uguaglianza, del fatto che tutti devono essere uguali. Non dimentichiamoci però che in Russia, ai tempi del comunismo, una delle frasi che si dicevano di più era “è lo stesso”. Così è oggi in Europa: ti piacciono gli uomini? Va bene. Ti piacciono le donne? È lo stesso. Ti piacciono i bambini? È tutto lo stesso.

Questo principio di uguaglianza è l’abolizione della differenza, non è effettivamente un principio di uguaglianza, ma l’affermazione di un principio di autosufficienza. In questo senso l’Europa sta negando la sua radice, perché afferma tutti questi “nuovi diritti” come principio di autosufficienza che fonda l’eguaglianza.

gender-scuola-tempi-copertinaUn esempio. Nelle scuole di formazione e nelle università l’educazione è totalmente ridotta a psicologia: l’insegnamento della pedagogia, infatti, si è diviso in pedagogia generale, che è il corrispondente della fisiologia medica, e in pedagogia speciale, che è il corrispondente della patologia. Ciò significa che tutto il discorso dell’educazione è impostato attraverso il modello medico e il modello medico è che la fisiologia e la patologia dipendono dagli antecedenti. Appunto, la libertà non c’è più. E per tutto, non solo per le questioni del gender!

Tutta la difficoltà educativa del mondo di oggi è data proprio dal fatto che non esiste più la libertà. Mia nonna aveva fatto la terza elementare, ma aveva un’idea chiarissima di cosa fosse la libertà, che oggi in generale non c’è più: ci scandalizza il concetto di inferno, o di punizione, o il fatto che l’uomo possa violare ciò in cui crede. Ricorderò sempre che don Giussani, a un incontro degli esercizi delle suore rosminiane, disse: «Finalmente ho capito perché c’è l’inferno. Perché Dio ha amato di più la nostra libertà che non la nostra salvezza». Dio vuole qualcuno che lo ami, come noi vogliamo qualcuno che ci ami, cioè che metta in gioco la sua libertà. Qualcuno che non agisca solo sulla base delle determinazioni della psicologia, degli interessi o delle convenienze; vogliamo che ci sia qualcosa di più grande, persone capaci di fare quello che è necessario per realizzare il bene, capaci di sacrificio, cioè di seguire e di amare la verità più di se stessi. Vogliamo che ci sia ancora questa possibilità. Noi dobbiamo cercare di difendere, anche adesso che ci sono le elezioni, tutte queste cose.

Don Giussani una volta ha detto che potrebbero volerci anche 7 o 8 secoli per riprendere. Andiamo verso tempi effettivamente bui, ne sono sempre più convinto, ma cerchiamo almeno di permettere che ci sia un po’ di luce perché si possa stare nella realtà vedendo come è fatta.

Anche il discorso sull’ideologia di genere – qui sta la sua gravità – non è che il punto di arrivo di una lunga infiltrazione della mentalità, dell’educazione, della pedagogia, della filosofia, del pensiero e della politica. E ora siamo arrivati a un punto tale per cui viene contraddetta persino la questione più evidente, che è la natura delle cose, come son fatte le cose. Non ci si ferma più di fronte a niente. Ma il destino di questo non aver più timore di niente è l’infelicità, perché si traduce in un’incapacità di gustare la vita; ci rende simili, come evoca la Bibbia, «a un eunuco che vuole violentare una vergine» (cfr Sir 20,4). È – ahimè – la direzione verso cui stiamo andando.

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67 commenti

  1. Giovanni (Cattivo)

    @ Stoppansky

    Vuoi sostenere che i liberi comuni e le repubbliche marinare erano democrazie nel senso moderno del termine, cioè che seguivano il principio di un uomo un voto? Oppure che le loro istituzioni (Doge o Re poco importa) non avevano legittimazione sacrale, ma solo popolare?
    Torna alle medie inferiori

    1. Giannino Stoppani

      Obiezione ridicola.
      Nemmeno quella italiana, in fin dei conti, la si povrebbe poter definire compiutamente “democrazia”.
      Quello che conta è che il Signore ha indicato la via della Salvezza, non certo forme di stato o di governo da realizzare su questa terra.
      E tu, quanto prima ti libererai degli stereotipi che ti hanno inculcato meglio sarà.
      Se non altro potrai dare un giudizio più sereno su quello che tanto dimostri di odiare a sproposito.

      1. Giannino Stoppani

        In alternativa puoi sempre cambiare lo pseudonimo da Giovanni (Cattivo) a Giovanni (Bischero).

  2. Raider

    Tutto qui? E secondo lei, che io le abbia risposto (come era implicito in quanto sostenevo, in ordine, però, a questioni precise, di cui lei stesso parlava nei post precedenti e non certo a scopo didattico) o no (come ritiene lei, che sottopone al prossimo questionari che le diano modo di cavarsela con bel “No” e “Tutto qui” e in mezzo “Vi riempite la bocca di cosa che sappiamo io e l’O.N.U.”), non sapevo, per esempio, che il genere è una categoria usata dai sociologi, che non saranno tutti a usarla, ma sono in tanti e dunque, si farebbe bene a parlare non di teoria, ma di ‘teorie del genere’; o dovrei credere che l’O.N.U. e l’Ue e loro particelle organiche, promuovendo ‘orientamenti’, ‘linee guida’ e ‘direttive’ per riforme pedagogiche e legislative, si limitino a adoperare termini ricevuti in comodato d’uso da alcuni sociologi e non da altri e perciò, sarebbe come dire che non hanno accolto una teoria o costellazioni teoriche per battaglie culturali o guerre ideologiche che prevedono ddl per arrestare gli ‘avversari’, direttive per mandare in esilio perpetuo termini come ‘padre’, madre’ e ‘girls’, direttive per ncludere parole, cambiare attitudini e distribuzioni di ruoli e introdurre nuove leggi in ossequio a una teoria piuttosto che a altre e non in obbedienza a una ideologia?
    Proprio come diceva lei con un fondo di stoicismo, lei ha parlato per sé e si è chiarito le idee (con qualche pregiudizio, ancorché innocuo: lei non sa cosa leggo, a parte ‘Tempì’ che legge anche lei; non so che sia LMTP e non sapevo esistesse UCCR né che significhi: previsioni o maledizioni sbagliate, le sue, a riprova di stereotipi ideologici che devono esserle cari, mi auguro: non vorrei fosse motivo di sofferenza per lei attribuire agli altri le letture che, se capisco bene, sembrano non piacere a lei). Quanto a rispondere alle cose che le chiedevo e a spiegare certi fenomeni e dinamiche anche senza bisogno di quelle teorie del genere che non hanno scoperto nulla, neppure parlarne, appunto. Se lo spiegherà da sé, se ne sentirà la necessità, qualche altra volta.

  3. Simone

    Negli interventi fatti su questo post, non si coglie il punto veramente importante del contributo di Cesana.
    Il punto fondamentale è quello sulla libertà che, riassunto, è il seguente: la libertà, come è intesa oggi, non è affatto “libera” (scusate il gioco di parole) in quanto è determinata “esclusivamente dai nostri antecedenti, cioè dalla nostra struttura genetica e psicologica.”
    Questo è quello che viene fatto passare oggi: io “sono nato” così, “sono” così, quindi, “devo” fare così.
    Quindi la mia vita in realtà è determinata in tutto da fattori da cui dipendo.
    E la libertà? Non esiste.
    Questo è stato ed è proprio uno dei motivi di accusa del cristianesimo: il fatto di essere figli di Dio, di un Dio creatore, rendeva (per alcuni) gli uomini in qualche modo burattini, privi di libero arbitrio, cosa assolutamente non vera perché non è questo il senso della creazione e della paternità di Dio.
    Oggi, senza Dio, credendo di essere finalmente liberi invece siamo schiavi: della natura.

  4. mike

    le parti “il giudizio che rompe la schiavitù” e “partecipare alla verità” sono molto belle.
    per il resto non ho capito tutto, e sull’europa basterebbe dire che si sta tornando indietro di 2000 anni.

  5. michele

    Come no. Galileo, Spallanzani, Newton, Eistein, Mendel, nota bene non tutti cattolici, non hanno mai rinnegato la loro fede e hanno sempre fatto scienza con profondo amore verso il Creatore.

  6. FABRIZIO VIOLA

    Il vero motivo per cui il parlamento ruandese è composto per la maggior parte da donne non ha nulla a che fare con le farneticanti teorie gender ma con problematiche demografiche conseguenti al genocidio in cui restarono vittime prevalentemente uomini di tutte le età e per questo motivo il Ruanda è oggi popolato per il 70% da donne.Ma questo sembra un “dettaglio” ininfluente sul pensiero femminista che vorrebbe l’empowerment femminile a qualsiasi prezzo.

  7. marco

    l’infelicità cè già, non è un destino ma è già arrivato

    1. michele

      Quello che si vuole dire è che si potevano raggiungere gli stessi risultati, e anche di maggiori, senza rivoltarsi contro Dio. i d eliri di onnipotenza non hanno mai fatto bene alla scienza ed al progresso, ma li hanno sfigurati.

      1. Giovanni

        Michele può darsi, ma finora non è successo.

  8. Giovanni

    Laido è davvero lodevole l’impegno che ci metti per fare una perfetta figura da fesso. Si vede che ti piacciono i lavori fatti bene. Se gli ultimi tre secoli sono stati una carneficina senza precedenti come ha fatto la popolazione mondiale a decuplicare? Se non sei ancora convinto passa un paio di mesi nelle condizioni in cui si viveva nel primo Settecento e poi mi racconti. Un pietoso velo.

    1. Alvaro il Laido

      L’unica cosa degna di nota dei tuoi commenti sgangherati sono gli insulti che dispensi chi, inutilmente, ti pone di fronte alla realtà che ti ostini ostentatamente di ignorare, dimostrando di essere di una malafede così ottusa da meritare nient’altro che la compassione che l’uomo pietoso riserva ai disturbati mentali.

      1. Alvaro il Laido

        Dimenticavo la prece.

      2. Giovanni (Cattivo)

        E’ bastato un solo intervento per ridurti al solito rabbioso silenzio della mente e al consueto patetico vittimismo? Sei davvero una pappamolla, i Santi Guerrieri si rivoltano nella tomba.

        1. Alvaro il Laido

          Fratello, perché mi disturbi, sto pregando per te, sai?
          Ovviamente anche il “rabbioso silenzio” e il “patetico vittimismo” si possono considerare esempi delle rappresentazioni allucinatorie tipiche del quadro clinico che caratterizza colui che non è più in grado di distinguere la realtà dei fatti dalle sue aspettative velleitarie.
          Temo che il tuo caso richieda ulteriori preghiere, pertanto invito gli altri lettori ad unirsi a me.

        2. martino

          Cattivo Giovanni, se non sai contare i morti degli ultimi tre secoli (forse è troppo) conta quei milioni dell’ultimo a partire dalla prima guerra mondiale.
          Sono numerosi, molto numerosi. Guerre mondiali, genocidi (armeni,ebrei,curdi,ruandesi); guerre civili a non finire, colpi di stato in sud america. Dittature in asia (Cambogia e Corea del Nord)….ma per un relativista come te cosa sono i milioni contro i miliardi?
          Continua a girare la faccia dall’altra parte, almeno fino a quando non verrà il tuo turno, continua a far finta di niente.
          Non capisci che ti hanno avvelenato?

          1. Giovanni (Cattivo)

            Certo che li conto, ma conto anche i salvati dalla diarrea, dalle malattie infettive, dalla mortalità puerperale. La modernità è antibiotici e mitragliatrici, più cibo e più bombardieri. Il saldo tra il meglio e il peggio di quello che è successo negli ultimi secoli lo vediamo: siamo dieci volte di più e viviamo quasi il doppio. E secondo me siamo anche mediamente più felici.

          2. Giannino Stoppani

            Non barare, tra il progresso scientifico e tecnologico e la superbia dell’uomo che si crede Dio non esiste alcun legame dimostrabile, a meno che uno non compia un atto di fede nella truffaldina propaganda illuminista che da secoli diffonde menzogne e falsità al grido di battaglia “ècrasez l’infame”.
            Scommetto che tu sei uno di quelli che pensa che Galileo abbia davvero detto “e pur si muove!”

          3. Giovanni

            Che la vita di una persona prima della Rivoluzione Francese e di quella industriale fosse più simil a quella dei tempi di Cristo che alla nostra è difficile che sia una coincidenza. Che la fiducia dell’uomo nei suoi mezzi e nella sua capacità di gestire la propria vita (quello che voi chiamate superbia) sia una causa o un effetto del progresso tecnologico (io credo sia entrambe le cose) possiamo discutere, ma che sono legate è la storia stessa a provarlo. Del resto non ha senso attribuire alla rivolta dell’uomo contro Dio la bomba atomica e gli stati totalitari e sostenere che antibiotici e leggi a protezione dei lavoratori e delle donne son dovuti ad altre cause.

          4. Giannino Stoppani

            Insomma tu non sai come fare a dimostrare il legame tra atteggiamento di superbia dell’uomo che si crede Dio e le sue scoperte scientifiche e tecnologiche (e non si vede come potresti farlo, visto che esso è totalmente inventato dalla propaganda), viceversa basta aprire un libro di storia per contare i miliardi di morti generati dai totalitarismi atei negli ultimi tre secoli.
            Non è meglio se qualche volta ti fai un cicchetto e vedi se riesci a rinunciare a codesta mania dell’ultima parola?

          5. Giovanni

            La dimostrazione è che in millecinquecento anni di società cristiana, di ancien regime, di alleanza tra trono e altare il progresso materiale dell’umanità è stato molto più lento di quando la stessa ha deciso di sbattersene della religione e soprattutto della tradizione. Da che pensiamo di dover rispondere solo a noi stessi le nostre condizioni materiali e morali sono enormemente migliorate. Sono enormemente aumentate anche le tragedie, nessuno lo nega, ma il saldo mi pare evidentemente positivo.
            Alla salute!

          6. Giannino Stoppani

            Della “società cristiana” fanno parte anche i comuni e le repubbliche marinare del medioevo e oltre, i quali hanno ben poco a che vedere con lo “ancient regime”.
            Studiare seriamente la storia, invece che accontentarti del letame propagandistico, ti gioverebbe non poco.
            Ripassa quando sarai più preparato.

  9. fgh

    Se i diritti vi rendono tanto infelici, potete sempre rinunciarvi (ai vostri, nessuno può pretendere di abdicare ai diritti altrui) o decidere di non esercitarli. Strano però che quando c’è qualcuno che non vuole il diritto assoluto alla vita (caso di chi vuole eutanasia) voi glielo vogliate appioppare a tutti i costi.

  10. Giovanni

    Questo articolo si inserisce in una tradizione della pubblicistica cattolica che ha ormai quasi tre secoli di vita. Dire che ogni novità, che deriva dalla superba volontà dell’uomo di decidere della sua vita, porterà disordine ed infelicità. Prima era la libertà di coscienza, poi la democrazia, poi i diritti dei lavoratori, poi il divorzio, ora i diritti gay e a decidere come morire. Dopo tutto questo tempo gli unici davvero infelici siete voi bigotti, basta guardare quanto vi sentite assediati e minacciati

    1. Giorgio I

      Bigotto sei tu.

    2. Alvaro il Laido

      La Chiesa ha perfettamente ragione a sostenere che ogni superbia dell’uomo porta disordine e infelicità.
      A confermarlo ci sono proprio gli ultimi tre secoli di storia che hai citato tu: sono stati una carneficina senza precedenti nell’intera storia dell’umanità.
      Una prece, anzi un requiem.
      P.S.: meglio centomila volte “bigotti” che sbruffoncelli ignoranti puerilmente cattivi.

  11. Shiva101

    Educare alla liberta??

    Ahahahah…

    Ma di quale liberta parlate?

    Dite semplicemente “dovete essere TUTTI catechizzati e uniformati al cristianianesimo” cosi fate prima, invece di inventare tutti questi giri di parole!

    1. Alvaro il Laido

      “Ma di quale liberta parlate?”
      Di quella stessa libertà di cui godi tu nel postare i tuoi ragli su questo sito.
      Una prece.

      1. Shiva101

        Ho colto nel segno mi sa…

        1. Alvaro il Laido

          L’unica cosa che hai colto, e pure al volo, è stata l’occasione di fare la solita figuretta.
          Una prece.

          1. Shiva101

            Una prece (ma un po distratta e svogliata) anche per te.

  12. michele

    E siamo forse diventati più buoni? Non ha senso pendere dalle labbra dei giuristi come ai tempi della legge mosaica. Noi, tra laltro, abbiamo molte meno garanzie divine. Il senso dell’articolo è che Cristo ci ha dato una libertà più forte delle leggi di qu esto mondo. Passeremo di nuovo secoli di catacombe, ma al di sopra, con le premesse progressiste e gender, gli uomini si scaveranno la fossa da soli e correranno in ginocchio agli altari ad implorare quel Dio che hanno caparbiamente rifiutato.

  13. AndreaX

    Dall’Enciclopedia di Sociologia della Blackwell,
    Ideologia di genere: “le attitudini riguardanti i ruoli, i diritti e le responsabilità delle donne e degli uomini nella società.”

    Se l’attitudine è quella di tenere distinti i ruoli dell’uomo e della donna nella società (l’uomo porta a casa il pane, la donna ai fornelli…), ovvero quella di mantenere un sistema giuridico ineguale (vecchio art 144 del Codice Civile: “il marito è capo della famiglia, la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza”) e infine quella di assegnare diverse responsabilità (il vecchio art 316 del CC stabiliva che il padre esercitava sul figlio una potestà – patria potestà – mentre se e solo se questi fosse morto, la madre sarebbe subentrata nell’esercizio di questa potestà), allora parleremo di una ideologia tradizionale (o conservatrice) di genere.

    Se l’attitudine è quella di tenere sullo stesso piano i ruoli dell’uomo e della donna nella società (l’uomo e la donna sono tanto capaci di portare a casa il pane, quanto a stare ai fornelli…), ovvero quella avere un sistema giuridico egalitario (nuovo art 144 del CC: “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.”) e infine quella di assegnare identiche responsabilità (il nuovo art 316: “La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei…”), allora parleremo di una ideologia egalitaria (o liberale) di genere.

    Da notare che la legge di riforma del diritto di famiglia (L 151/1975) non ha apportato effettivamente un eguale normativa, infatti se è vero che la donna non “assume” più il cognome del marito, è vero anche che il cognome del marito dovrà essere “aggiunto” (art 143-bis). Comunque la corte Costituzionale già nel 2006 aveva scritto:”l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna” (senttenza 61/2006) ed infine nel dicembre 2013 la Corte EDU aveva accolto un ricorso italiano, dal quale se ricordate il governo Letta aveva presentato un disegno di legge. Infine vorrei aggiungere che ormai non si parla più di potestà sui figli (patria potestà dai romani fino al 1975 o di potestà genitoriale dal 1975 in poi), infatti da questo febbraio si usa l’espressione “responsabilità genitoriale”.

    Come ultimo, possiamo dire che lo stesso ordinamento giuridico (quello italiano) un tempo era pervaso da una ideologia di genere tradizionale e dopo il 1975, o meglio dopo l’entrata in vigore della Costitutione, da una ideologia di genere egalitaria. Stesso oridnamento, differenti ideologie nel tempo.

    1. Martino

      Grazie per questa lezione di evoluzione del diritto civile in italia.

      Il problema è che le leggi si orientano “per la durezza del vostro cuore” (Mt 19,8), è evidente che cambiando i ruoli si debbano riadattare anche le norme che ne regolano i rapporti.

      Se posso dire la mia, il codice è viziato da una visione maschilista della vita, in una società matriarcale forse certe impostazioni sarebbero state differenti. Ad esempio, il padre a lavorare per portare risorse a casa e la madre ad amministrarle (ma non solo – mia nonna era anche sarta) per la buona crescita dei figli (e della società!).

      Purtroppo la questione del “Gender” va ben oltre la regolazione dei rapporti, anzitutto perchè nega la complementarietà dell’uomo e della donna, che, come ci insegna l’esperienza di coniugi/genitori, può sussistere solo se c’è un vero consorzio familiare spinto dall’amore reciproco e verso i propri figli. Questo non è compatibile con la decantata decostruzione della società dove le suddette relazioni – secondo gli ideologi – sono del tutto superate.

      1. Raider

        La definizione di ‘ideologia di genere’ ripresa dall’Enciclopedia – oltretutto, della Sociologia, scienza sul cui statuto di scientificità è lecito nutrire riserve e dubbi – è piuttosto vaga e soprattutto, neutra e piuttosto modesta: essa sembra corrispondere piuttosto alla definizione di una teoria che di una ideologia, sempre che la citazione corrisponda alla seconda cosa così come registrato dall’Enciclopedia citata, se non come Sociologia vuole. Tutti sapevano, prima che se ne facesse una ideologia o vi si costruisse sopra e intorno una teoria, che esistono stererotipi, strutture – ecco un termine che ha goduto grande fortuna e oggi è caduto nell’oblio enciclopedico – schemi sociali: e appunto, teorie e ideologie. Come si sapeva che esse sono soggette ai mutamenti storici, perché debbano sottostare a teorie o ideologie che ne guidino il cammino. Il relativismo culturale ha fatto teoria e ideologia anche di questo dato d’osservazione. La teoria gender – come, del resto, in passato, altre mode intellettuali – offre una base culturale a un’azione politica, legislativa, pedagogica, corente e massiccia – di cui nelle innocenti evasioni delle citazioni non c’è traccia -, che non ha nulla della neutralità e modestia che gli viene con tanta benevolenza attribuita.
        ll riferimento, al limite dell’ostensione, ai Sacri Testi, siano Costituzioni o codici, enciclopedie o saggi di sociologia, si presta più alla contemplazione che alla lettura. In ogni caso, sarebbe opportuno e forse, necessario che il lavoro da amanuensi del copia e incolla fosse spesso a beneficio di quegli Stati membri dell’O.N.U. che accettano la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo a patto che e limitatamente al fatto che gli articoli della Dichiarazione suddetta non siano in contraddizione con il Corano. E questi Stati fanno parte di organismi dell’O.N.U. che valutano e decidono in merito ai diritti civili e a quelli umani, senza riguardi per stereotipi di genere o ideologici: nel senso che valutano e decidono sulle base di opportunità politiche insindacabili. Invece di giurare fedeltà alla Dichiarazione dell’organizzaione internazionale di cui fanno parte senza pagare dazio, questi Stati vogliono introdurre il reato di islamofobia: in modo, magari, un bel giorno, da perseguire a norma di diritto dei popoli chiunque, per es., gli chieda, in una forma o nell’altra, di decidersi fra quella Dichiarazione e il loro Corano.
        Per non coranizzare testi e codici di leggi, contro ogni feticismo costituzionale e stereotipo legiferante, occorrerebbe tenere presente che la definizione della libertà contenuta nella prima – in ordine di tempo – Costituzione più bella del mondo, quella americana, il diritto alla felicità è connesso a quello alla libertà proprio per difenderli il citadino dalle ingerenze del potere statale, anche e soprattutto di quello che fosse esercitato in nome di “We, the pepole.”
        Per semplificare, si potrebbe dire che essa applica il principio per cui la nostra libertà termina dove inizia quella degli altri. Si potrebbe chiosare all’infinito anche questo principio. Ma esso afferma, indirettamente, che lo Statro trova un limite nella libertà dei cittadini in una società i cui membri si organizzano autonomamente, fatta dei famosi corpi intermedi, quali famiglia, associazioni, Chiese, con una tradizione, una storia, una identità, stereotipica o meno. Questo fa sì che il cittadino non sia esposto a prevaricazioni, manipolazioni e strumentalizzazioni di poteri dello Stato e men che meno, di ideologie. La libertà e la felicità non sono definite proprio a garanzia del cittadino. che non può pretendere dalle leggi quello che le leggi non possono dargli: e che, invece, le ideologie, come quella del gender, gli promettono.

      2. AndreaX

        Chi ha scritto che il genere nega le differenze tra uomo e donna?
        Lo sai almeno che cos’è il genere?

        Dalla Gale Encyclopedia of Sociology,
        GENDER: “Il genere, la razza, l’etnicità e la classe sociale sono le più comuni categorie impiegate in sociologia. Essi rappresentano i più importanti status sociali che determinano le scelte di vita degli individui in eterogenee società, ed insieme formano una gerarachia di accesso alla proprietà, al potere e al prestigio.

        Il Genere è la divisione delle persone in due distinte categorie, “uomini” e “donne”….”

        Il genere non è nient’altro che una categoria, una categoria adoperata dai sociologi, così come la razza. Hai mai sentito parlare del fatto che la razza nega le differenze tra i bianchi e i neri? Io no, anzi, è il contrario! Hai mai sentito parlare del fatto che la classe sociale nega le differenze tra borghesia e proletariato? Io no, anzi, è il contrario!

        1. Fran'cesco

          Sesso, in italiano abbiamo sempre detto “sesso”, non genere.

          1. AndreaX

            Quando nasciamo, nasciamo maschi o femmine, nel (circa) 50% maschi e nell’altro (circa) 50% femmine. Ma non tutti. Alcuni nascono intersessuali, cioè presentano i caratteri sessuali sia maschili che femminili; altri, invece, i transessuali, pur nascendo di un sesso, non sentono la propria psiche appartenere al proprio soma. Questi ultimi due esempi, comunque, sono casi estremi, ma non rari. Ora se la stragrande maggioranza nasce o maschio o femmina, come si spiega che nella Camera Bassa del Parlamento del Ruanda, il 63% dei parlamentari è donna, mentre nella “collega” Camera dei Rappresentanti degli USA, le donne sono appena il 18%? Se nasciamo 50-50 maschi e femmine, come mai nella Camera dei Rappresentanti degli USA i maschi “dominano” con un 80 a 20 sulle femmine? Come può allora il sesso delle persone spiegare questo?

            Facciamo un altro esempio. Prendiamo ad esmpio il colore della pelle. Bianca o nera (per semplicità). Guardiamo ora agli Stati Uniti d’America: il (circa) 72% della popolazione è bianca, mentre il 12% è nera (Censimento del 2010). Ora sempre negli USA secondo uno studio, all’età di 23 anni, il 38% dei maschi bianchi ha già subito un arresto, mentre il 49% dei maschi neri, sempre 23-enni, hanno già subito un arresto. Come è possibile? Il colore della pelle dovrebbe spiegarlo. Invece, no.
            (lo studio: http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-01/uosc-sho010314.php)

            Il Genere, nel primo caso, e la Razza, nel secondo caso, me lo spiegano. O meglio attraverso queste due categorie, o per usare una metafora, attraverso queste due “paia di occhiali”, le scienze umane tentano di dare una risposta. Il sesso di un individuo non mi spiega perchè un giorno, se ad esempio sono nata femmina, e se vorrò fare la politica, avrò meno difficoltà in Ruanda che negli states (certo se ovviamente tutte le altre categorie – classe sociale, etnicità, …. – le mettessimo per un istante tutte da parte). Nei secoli le donne (non le femmine, perchè “femmina” è termine che oltre ad essere impiegato per gli esseri umani è un termine che può essere usato per gli altri animali, una femmina di zebra, ad esempio, mentre il termine ” donna” vale solo per gli esseri umani, così sesso, per tutti gli animali, mentre genere – quello adoperato dalle scienze sociali – solo per gli esseri umani), ritorniamo a quello che stavo dicendo, nei secoli le donne sono state trattate diversamente dagli uomini, ma questo non è il sesso di un individuo a spiegarmerlo. Sono le scienze sociali con “gli occhiali” griffati gender che cercano di darmi una risposta. Le donne erano considerate “donne”, cioè la parte inferiore della suddivisione della società, mentre l’altra parte e superiore della società è quella degli “uomini”. Con quest’ultimo periodo voglio intendere che il termine “donna” racchiude al suo interno l’aspetto sottoposto, negativo, debole della società, mentre il termine “uomo” racchiude i suoi contrari. Ovviamente parlo del mondo occidentale, mentre se guardiamo al Ruanda troviamo l’opposto degli USA, ma non perchè in Ruanda ci sono più femministe che negli states, o perchè sono tutti pazzi per la “moda gender”, ma perchè se analizziamo la società con la categoria del genere otterrò delle risposte sul perchè le donne in politica abbiano un ruolo, non marginale, anzi.

          2. Raider

            Gli esempi contrapposti della Camera del Ruanda e di quello degli U.S.A. dimostrano che la cultura fa la differenza, ma questo non chiama in causa il gender. E’ stato in ossequio alla cultura gender che in Ruanda le donne elette sono in proporzione superiore ai maschi, in misura, addirittura, superiore alla percentuale di donne nella popolazione e dunque, in modo iniquo quanto può esserlo la discrasia della rappresentanza maschile nella Camera U.S.A.? Evidentemente no! Lo riconosce pure lei. E’ evidente che c’entrano o meno, bisogna vedere quanto e in che modo, gli stereotipi, se si vuole: ma la teoria gender e più ancora, l’ideologia gender, non c’entrano per nulla, non è stata una pedagogia come quella che, per es., si vorrebbe propinare ai figli di coppie eterosessuali dalle nostre parti a fare del Ruanda un Paese a quote parlamentari a rovescio.
            Il Ruanda è il Paese che ha visto una fra le più spaventose carneficine del secolo scorso, seconda, forse, solo allo sterminio polpottista in Cambogia: il rapporto percentuale dei morti rispetto alla popolazione, frutto di una ideologia radicalmente egualitaria, anche rispetto alle battaglie del movimento femminista, dicono che non si trattava, nel caso della Cambogia nè più né meno che in quello del Ruanda, di un Paese socialmente e culturalmente evoluto. Le spiegazioni, che possono essere utili per comprendere un fenomeno, ma potrebbero non autorizzare un confronto, possono essere tante: ma la teoria e più ancora, l’ideologia gender non c’entrano, lei stesso lo riconosce, ma come per fare una concessione alla realtà e poi, dimenticarsene. la teroia è più importante, magrado il fatto che la cultura gender sia adoperata per spiegare qualcosa che, comunque, la si pensi sul gender, può essere spiegabile anche senza la cultura gender.
            Quello che, in effetti, la cultura gender non spiega, ma postula – a essere chiari, dal momento che vede le spiegazioni che ne confermano la validità dove non ce ne sono e vede diritti da tutelare giuridicamente dove il diritto e la politica non hanno potestà – è una serie di diritti che diritti non sono: e così facendo, l’ideologia introduce elementi di tensione e di conflitto promuovendo una forma di intolleranza che, propugnata dall’alto di sedi istituzionali e scientifiche, crea un clima di contrapposizione e di scontro che non ha motivo di essere.
            Altrettanto artificiali, macchinose e incomprensibili sono le distinzioni successive, che vorrebbero spiegare perchè le donne ruandesi sono elette con più facilità di quelle americane, ma non ancora perché Scalfar8 ci vuole dare una legge col suo nome. Lei comincia (male, maluccio) dicendo: “Le donne erano considerate ‘donne’…”: le virgolette, mi chiedo, dovrebbero rendere posticcia e cioè, sociale una condizione che era naturale o che non lo è mai stata o che è irrilevante, qualunque cosa sia? Insomma, le donne erano considerate ‘donne’ perché, vediamo un po’, erano donne o perchè, pur essendo donne, in verità, non erano affatto ‘donne’? O anche il fatto che fossero donne alla nascita faceva sì che non lo fossero dopo, se non per un abuso dovuto non si capisce a che pur di farne ‘donne’?
            La teoria gender, così forumlata o applicata, non ha alcun fondamento nè utilità, perché non descrive e non spiega; mentre, se ha un valore, è come ideologia, che esige e impone ogni volta che può. Cosa e perché? L’idea che una coppia che non può generare non possa farlo per colpa di stereotipi di genere e dei cattolici. Ecco un esempio flagrante di una spiegazione che non è altro che uno stereotipo ideologico. Idiota, per giunta.

          3. AndreaXa

            Ascoltami, perchè non mi dici cosa sono per te questi termini? Genere, Teoria di genere, Ideologia di genere, se effettivamente esistono.

          4. Raider

            In attesa di vedere pubblicato il post precedente, mi corre l’obbligo di qualche puntualizzazione in ordine all’intervento di AndreaX:

            Nella conclusione del suo post, lei afferma che la spiegazione della rappresentanza femminile nel Parlamento del Ruanda non è dovuta alla diffusione del femminismo “o perché tutti sono pazzi per la “moda gender”, ma perché se analizziamo la società con la categoria del genere otterrò delle risposte sul perché le donne in politica abbiano un ruolo, non marginale, anzi.” Anzi, cosa? Lei non indica neppure mezza spiegazione del perchè “se analizziamo… otterrò.” Semmai, lei inverte la logica della dimostrazione: sembra quasi che le donne elette in Ruanda siano in numero superiore alla loro percentuale nella popolazione ruandese perché lei spiega a noi la teoria del gender.
            Lo stesso errore in cui lei incorre nel penultimo post da lei scritto: “Ha mai sentito parlare del fatto che la classe nega le differenze tra borghesia e proletariato? Io no, anzi, è il contrario!” Ma la forma del discorso non è corretta: prima, lei pone un falso problema; poi, trova la risposta, scontata nella premessa; quindi, per analogia o magia, trova che questa dimostrazione valga anche per la teoria in oggetto, con cui mette in parallelo ciò che ritiene di aver dimostrato. Se lei avesse dovuto dare conto della struttura del discorso da dimostrare, classe uguale stereotipi di genere, la questione avrebbe dovuto essere posta così: ha mai sentito parlare del fatto che vi sono classi ricche, classi meno ricche e classi di poveri e poverissimi? Bene, allora, saprà che gli individui che ne fanno parte non esistono o non esiste ciò che rende più o meno ricchi, l’oro, il petrolio, il brevetto del microchip.
            Perchè gli stereotipi di genere – che, per lei, sembrano esistere perché lo dicono i sociologi – non negano che esistano i sessi, ma subordinano il sesso agli stereotipi e gli individui sessuati sarebbero una costruzione, non si capisce, ma anche i costruttori del proprio stereotipo: che nulla ha a che vedere col sesso, una differenza introdotta arbitrariamente e subdolamente e senza alcuna relazione con il genere.
            Con un salto logico, poi, la teoria del genere come costruzione ideologica afferma che i gay hanno diritto a matrimoni e adozioni: quasi che la possibilità di generare che ha una coppia formata da un uomo e una donna, come dicevo nel post precedente, fosse il frutto o la colpa di uno stereotipo: o lo è solo se si nega che individui dello stesso sesso possano generare. Questa affermazione sì è uno sterotipo ideologico! E in effetti, se non fosse per l’essersi messa al servizio del mainstream dell’egemonia culturale gay e radicale, l’importanza di teorici/teoriche di Judith Butler e il loro contributo allo sviluppo inteltettuale della nostra epoca sarebbe inferiore, probabilmente, a quello espresso da Filomena.

          5. AndreaXa

            Non è che usando la parola genere, allora dietro ci sta una teoria. Così come se impiego la parola razza non c’è dietro una teoria della razza.

            Gentilmente potrebbe darmi una sua definizione di genere, ideologia di genere, teoria di genere.

          6. Raider

            Gentilmente, le faccio notare che, prima di esigere da me una definizione dei termini da lei adoperati per spiegazioni e esempi che non spiegavano e non dimostravano alcunchè, l’onere della definizione e della dimostrazione delle sue asserzioni spetta a lei; che a me è abbastanza chiaro che usare, a proposito o a sproposito, determinate parole non comporta vi sia, davanti o a latere o altrove, alcuna teoria di mezzo; che le teorie e le semplici affermazioni vanno dimostrate, specie se si sono scelti fatti e esempi che si ritengono probanti; che i fatti da mettere a confronto e gli esempi addotti debbono essere pertinenti, appropriati – alla luce di qualche parametro condiviso – perché le dimostrazioni posseggano un qualche valore di verità riconoscibile come tale anche dal contraddittore.
            Nel frattempo che lei decide se definire e poi, dimostrare, se vuole, quello che lei voleva insegnare agli altri, potrebbe – sempre se ritenesse di farlo, ciò di cui la ringrazio fin da ora – rispondere alla questione che ho posto a partire dalle sue asserzioni: quale relazioni sussista, se ve ne è una, fra la teoria del gender e la richiesta di legalizzare matrimoni e adozioni gay, di recepire nelle legislazioni e nei programmi pedagogici (senza dibattere né tantomeno consultare i soggetti interessati, ma per decreti dall’alto di cattedre o di seggi parlamentari europei o commissioni di organismi onusiani) i principi o i risultati di una teoria, di introdurre leggi contro l’omofobia e insomma, di dare a un orientamento culturale un carattere ideologico piuttosto marcato.
            Grazie.

          7. AndreaX

            Certo che fa di tutto per non rispondere. Quando lei impiega le parole genere, ideologia di genere, teoria di genere, a cosa fa riferimento?

          8. Raider

            Certo che se lei non è in grado di dare conto delle sue affermazioni, si spiega – bene, stavolta, senza che lei debba nemmeno impegnarsi a farlo – che lei non è nelle migliori condizioni per comprendere se le è stato risposto (eccome!) o no. Infatti, lei evita accuratamente di rispondere a domande che le sono state poste proprio in seguito alle cose che lei ha sostenuto, ma che non ha né spiegato né dimostrato.
            Se lei non spiega quello che ritiene di spiegare, non dimostra quello che intende dimostrare e non risponde a domande che le sono poste di conseguenza, non può pretendere di esaminare il prossimo per stabilire se sa quello che pare a lei e ne sa quanto ritiene lei. Così, per iniziare qualche digressione che può portare ovunque, oltre che in Ruanda, ma molto lontanto dalle cose cui lei non ha dato risposta.
            Per facilitarla, vengo al punto attorno a cui, fuori dall’accademia, la discussione ruota: che una coppia di individui dello stesso non possa generare, è una costruzione culturale ovvero uno stereotipo di genere, così da giustificare la richiesta – ideologica – di legalizzare matrimoni e adozioni gay? Questa, oltre a tutte le altre questioni che le sono state poste. Che lei non voglia rispondere a nessuna di esse, né per sé né per conto di eurekalert.org e non so di chi altro, pazienza. Ma sono domande perfettamente pertinenti, oltre che legittime.
            N.B. Se lei dovesse rispondere e poi, dovesse tardare a ricevere risposta da parte mia, sappia che lo farò appena possibile, perché lei non debba preoccuparsi di restare con domande inevase. Purché non siano quelle che le permettono di sentirsi più esperto di quello che le piace pensare.

          9. AndreaX

            Dato che non posso ulteriormente rispondere a lei, dovrò ripsondere a me stesso.

            Una premessa: io non voglio difendere gli studi di genere, ma solo spiegare che le parole che vi riempite la bocca esistono, ma non nel significato che vorreste dare.

            1) cosa centra nella discussione la questione del matrimonio omosessuale, adozioni gay … ? Stiamo solo parlando del genere in generale. Certo potremmo usare il genere per arrivare a questi temi, ma preferisco fermarmi solo al genere come categoria.

            2) Dato che non sa che cosa sia il genere e l’ideologia di genere glielo spiego io per lei, che confonde e distorce le parole. Innazitutto leggendo Tempi o LMPT o UCCR, ci si accorge che le parole genere, ideologia di genere e teoria di genere sono d’uso quotidiano. Ora, quando si parla di qualcosa è opportuno sapere di cosa si sta parlando, una cosa che Tempi, LMPT o in UCCR, proprio non fanno. Le parole (genere, ideologia di genere e teoria di genere) vengono ripetute in continuazione, ma non viene mai spiagato cosa effettivamente vogliano dire. E’ come se volessimo parlare della Costituzione senza aver mai aperto un libro di dritto. Certo si può fare, insomma la TV, i giornali, gli amici a volte ne parlono ma senza che il discorso entri nella rigorosa analisi affrontata dai giurisiti nei libri di diritto. Ne possiamo parlare, ma ne parliamo senza un vocabolario adeguato.

            Ora qui succede la stessa cosa: le parole genere, ideologia di genere e teoria di genere vengono adoperate, ma senza sapere che cosa vogliano dire. Come ho già detto, il genere è una categoria usata dai sociologi, (ma anche da psicologi, pediatri …) per spiegare le dinamiche della società; in particolare come le donne e gli uomini si distribuiscono i ruoli, i diritti, le responsabilità nella società, mentre l’ideologia di genere è l’attitudine di come si distribuiscono i ruoli, i diritti, le repsonsabilità nella società. Ad esempio se l’attitudine è quella di separare i ruoli della donna e dell’uomo allora parliamo di ideologia tradizionale di genere. Qui ideologia di genere non è quello scrivete voi. Non è che se trovo ripetuto la parola “genere” in un testo dell’ONU o del Consiglio d’Europa allora quei testi sno viziati da una ideologia di fondo. Semplicemente quei testi adoperano la parola “genere” (se vuoi un’espressione per definire questa presenza costante della parola genere, allora già esiste, ma non è ideologia di genere, quella espressione è “gender mainstream”). Per quanto riguarda la teoria di genere, … beh questa non esiste. Esistono casomai le teorie di genere. Dove teorie è il plurale di teoria. Non è che se uso la parola genere allora dietro c’è una teoria, così come se adopero la parola razza dietro non ci sta una “teoria della razza”. Torniamo alle teorie. Questo non è poi così difficile. Gli studiosi usando la categoria del genere danno un prorpia visione della società. Tutto qui.

          10. FABRIZIO VIOLA

            4 giugno 2014 alle 19:32
            Il vero motivo per cui il parlamento ruandese è composto per la maggior parte da donne non ha nulla a che fare con le farneticanti teorie gender ma con problematiche demografiche conseguenti al genocidio in cui restarono vittime prevalentemente uomini di tutte le età e per questo motivo il Ruanda è oggi popolato per il 70% da donne.Ma questo sembra un “dettaglio” ininfluente sul pensiero femminista che vorrebbe l’empowerment femminile a qualsiasi prezzo.

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        2. Cisco

          @AndreaX
          L’ideologia di genere e’ da condannare nella sua versione di eliminazione del legame tra sesso biologico e ruolo di riferimento. Poi ciascuna coppia potrà decidere – secondo il proprio orientamento liberale vs. conservatore – se è meglio che il ruolo di padre sia svolto da una persona di sesso (genere) maschile e quello di madre da un persona di sesso (genere) femminile …

          1. Giovanni (Cattivo)

            Scusa Cisco, ma se accettiamo che tutti i ruoli e i compiti, la madre come il vigile del fuoco, il padre come l’estetista, il capo di stato come il ballerino, il poliziotto come il sarto, il maniscalco come il parrucchiere possono essere svolti a prescindere dal sesso/genere cosa resta da criticare in quello che voi chiamate ideologia del gender? Ovvio che quando dico padre e madre non parlo degli aspetti meramente billogici come la gravidanza o il parto, ma i ruoli “materni” (ad esempio dare tenerezza e conforto) o “paterni” (ad esempio essere guida ferma nell’educazione) che gli stereoptipi sociali assegano a maschi e femmine.

          2. Cisco

            Appunto Giovanni (Cattivo), la mia era esattamente la provocazione necessaria per far emergere la sostanza della ideologia del gender, secondo cui ad esempio il ruolo di madre – che in realtà non è un ruolo, ma un fatto – potrebbe essere svolto da una persona di sesso maschile, per esempio Vladimiro Guadagno. Questa e’ ideologia allo stato puro.

          3. Giovanni

            Cisco ti sbagli (ripeto se intendi il ruolo di madre fuori dal suo dato biologico di base, gravidanza e parto). Le ragioni per cui al sesso femminile o maschile vengono associate certe qualità naturali è puramente culturale e quindi convenzionale.

            Gli articoli del codice civile che citava Andrea X sono basati sul presupposto che “naturalmente”, biologicamente, l’uomo è più adatto a prendere le decisioni a comandare, Le donne fino al 1975 (stesso anno in cui è stato approvato il nuovo diritto di famiglia) non erano ammesse in magistratura perchè considerate “naturalmente”, biologicamente, “troppo emotive” per dare giudizi ponderati. Son passati solo 40 anni , ma sembrano secoli, queste norme appaiono oggi del tutto assurde

            Similmente oggi il ruolo di madre viene associato a qualità “femminili” come la tenerezza e il ruolo di padre a qualità ritenute “maschili” come la forza di carattere. Ti pare tanto strano che , anche in una ordinaria coppia etero, sia il soggetto di sesso maschile ad avere le qualità normalmente attribuite alle madri e viceversa? A me no.

          4. Cisco

            “Le ragioni per cui al sesso femminile o maschile vengono associate certe qualità naturali è puramente culturale e quindi convenzionale.”

            Chi contesta l’ideologia di genere contesta esattamente questa tua affermazione. Infatti io ritengo che il dato biologico abbia implicazioni antropologiche che vadano oltre il (pur esistente) dato culturale. E non parlo di fare il magistrato – che è un lavoro – ma della paternità e della maternità, che sono ruoli identitari riconosciuti in tutte le civiltà e in tutte le civiltà declinati culturalmente in modo specifico per maschi e femmine.

          5. Giovanni

            Quindi per te una donna è “naturalmente” premurosa e un uomo “naturalmente” virile.

            Non ti viene il sospetto che sia così solo perchè i ruoli di maschio/padre e femmina/madre non sono mai stati messi in discussione nella nostra cultura? Non sto a farti i soliti esempi di culture in cui i ruoli di padre e madre sono molto diversi dai nostri, ti invito solo a riflettere su questo dato: per molti millenni le famiglie umane hanno avuto bisogno di qualcuno che andasse a caccia (e lo facevano gli uomini) e qualcuno che coltivasse i campi ( e lo facevano le donne).

            Probabilmente questa divisione del lavoro aveva anche buone ragioni legate alla diversa biologia ed anatomia di maschi e femmine. Poi sono intervenuti progressi tecnologici e organizzativi che hanno cambiato profondamente le cose, tanto che oggi non ci vediamo nulla di strano in un contadino uomo e in una cacciatrice donna.

            Cosa, secondo te impedisce la stessa intercambiabilità nei ruoli di padre e madre, sempre a prescindere dai fatti biologici fondamentali come gravidanza e parto? Non mi dire la natura,proviamo ad approfondire.

          6. Cisco

            @Giovanni
            Al di la’ degli aspetti specifici di merito, Se è vero che le teorie del gender ammettono la differenza tra uomo e donna, e’ assurdo asserire la perfetta intercambiabilità di ruoli.

          7. Giovanni

            E perchè? Gli studi di gender ipotizzano che le differenze di sesso siano importanti quanto quelle di razza. Un bianco e un nero sono evidentemente diversi, ma i loro ruoli (per esempio il Presidente degli Stati Uniti) sono intercambiabili. Poso capire che un’idea del genere possa essere discutibile nei suoi aspetti particolari, ma non mi sembra ci siano gli estremi per gridare al gomblotto.

          8. Cisco

            @Giovanni
            Non grido affatto al complotto, anche perché i complotti vengono organizzati in segreto, mentre con le teorie del gender ci troviamo di fronte a ottusità conclamata. Ritenere che l’unica differenza tra uomo e donna è quella biologica, e che questa non abbia effetti sul resto della personalità, è contraria alla realtà. Ho trovato questo interessante articolo che spiega ottimamente come io e mia moglie – nonostante proveniamo da culture differenti – ci siamo capiti al volo:
            http://www.focus.it/fileflash/sf/diff_sex.pdf

          9. mike

            un conto è parlare di ciò che non si vede, come il tipo di intelligenza che hanno gli esseri umani in base al sesso. lì si possono commettere errori. e mi fermo qui sulla cosa.
            un altro conto è parlare di ciò che si vede, come la polarizzazione maschio-femmina. lì francamente si può solo negare l’evidenza.

            sul primo punto aggiungo che tutte le culture, senza distinzioni, tendono a dare meno importanza al sesso femminile. devono fare le mogli e le madri. siccome generano la vita si è preferito controllare il sesso che genera la vita, poiché da sempre si vuole controllare la crescita demografica (del tipo l’aborto… se le donne potrebbero dire la loro nelle culture non cristiane si opporrebbero all’aborto poiché il bimbo lo portano nel grembo e lo sentono cosa è ossia una vita. ma non le fanno comandare e anzi gli fanno il lavaggio del cervello cosicché in caso di aborto non creano problemi). è un fatto culturale comune a tutte le culture, con eccessi nelle culture non cristiane, ma ciò non significa che ogni convenzione culturale sia senza senso. che è la cosa che invece affermi tu.

          10. filomena

            Mi dispiace ma non é accettabile che si giustifichi la tradizione che vuole che le donne siano considerate di meno rispetto agli uomini per nessun motivo, men che meno perché mettono al mondo figli. Se questa é la tradizione per onestà intellettuale, se non per rispetto dovresti prendere nettamente le distanze da queste stupidaggini.

          11. Giovanni (Cattivo)

            @ Cisco
            Articolo interessante, ma che non coglie il cuore del problema. Uomini e donne useranno pure strategie diverse per uscire dai labirinti, ma il punto è che sono entrambi in grado di svolgere bene questo compito. E poi parliamo di differenze MEDIE, una donna particolarmente dotata di senso cinetico sarà in grado di “contare i passi” meglio della media degli uomini e sarà bravissima ad uscire da labirint senza punti di rifeimento. Magari anche la più brava in assoluto.

            La domanda che faccio io è un’altra: se malgrado le differenze (anche quelle che citi tu) le donne e gli uomini possono tutti e due guidare un taxi, cucinare, ferrare un cavallo. comadare una nave o governare una nazione ti sembra possibile che solo i ruoi di papà e mamma siano assolutamente legati al sesso biologico?

          12. Giovanni (Cattivo)

            @ Cisco
            Articolo interessante, ma che non coglie il cuore del problema. Uomini e donne useranno pure strategie diverse per uscire dai labirinti, ma il punto è che sono entrambi in grado di svolgere bene questo compito. E poi parliamo di differenze MEDIE, una donna particolarmente dotata di senso cinetico sarà in grado di “contare i passi” meglio della media degli uomini e sarà bravissima ad uscire da labirint senza punti di rifeimento. Magari anche la più brava in assoluto.

            La domanda che faccio io è un’altra: se malgrado le differenze (anche quelle che citi tu) le donne e gli uomini possono tutti e due guidare un taxi, cucinare, ferrare un cavallo. comadare una nave o governare una nazione ti sembra possibile che solo i ruoli di papà e mamma siano assolutamente legati al sesso biologico?

          13. mike

            ho solo detto cosa accade da sempre nelle culture circa il sesso femminile, e perché cioè per quale scopo accade. non ho detto che approvo, proprio perché non lo approvo.

  14. Cisco

    Intervento drammaticamente bello.
    Il mondo si convertirà solo se riconoscerà la grande differenza tra l’infelicita’ piena di “diritti” verso cui sta andando e la felicità piena di sacrificio di noi cristiani. E questo dipende sia dal mondo che da noi cristiani.

    1. erpersico

      ci vuole ben altro per convertire il mondo: Gratia Facit Fidem

  15. Martino

    Santi Carlo Lwanga e compagni martiri, pregate per noi.

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