
«Sostenere Trump mi ha causato più rogne che essere nipote di Bin Laden»

Un mese fa aveva fatto notizia affermando, in una intervista al New York Post, che in caso di vittoria di Joe Biden alle presidenziali del prossimo 3 novembre l’America sarebbe molto più esposta a nuovi attacchi terroristici in stile 11 settembre. Adesso Noor Bin Ladin, nipote 33enne del famigerato Osama Bin Laden, il padrino di Al Qaeda che dell’11 settembre fu ispiratore e organizzatore, ha scritto un articolo ospitato dal britannico Spectator per raccontare come il suo tifo a favore di Donald Trump le abbia causato più problemi che il fatto stesso di essere la nipote di un simile zio.
Scrive Noor Bin Laden per lo Spectator:
«Nella mia esperienza, gli americani sono il popolo più affettuoso, gentile e aperto del mondo. Così è stato per tutta la mia vita, nonostante io sia la nipote di Osama Bin Laden e condivida con lui lo stesso cognome (sebbene traslitterato in modo leggermente diverso: Bin Ladin è la traduzione originale). Gli americani fondano il proprio giudizio sul contenuto del carattere e delle azioni degli altri, non sul colore della loro pelle, o sul loro cognome.
Ne ho avuto conferma il mese scorso, dopo aver dato voce al mio amore per l’America e al mio sostegno per il presidente Trump. Le reazioni alla mia “Lettera all’America” sono state per la maggior parte meravigliose, e sono molto grata a tutti coloro che si sono presi il tempo per leggerla e per mandare commenti gentili. Nella mia vita privata, però, ho perso qualche cosiddetto amico per aver sostenuto Donald Trump negli ultimi cinque anni.
Uscire pubblicamente allo scoperto è stato agli occhi di qualcuno un passo eccessivo, e il livore di cui sono stata fatta oggetto per aver espresso le mie idee politiche ha messo in mostra il lato sgradevole di certe persone. Da un punto di vista sociologico, è abbastanza interessante che in taluni circoli elitari l’essere pro-Trum mi abbia attirato più seccature che non portare il nome Bin Ladin».
La nipote del terrorista eliminato in Pakistan nel 2011 dai Navy Seals non potrebbe essere più lontana dal fanatico parente. Nella sua intervista al New York Post, nella Lettera all’America citata qui sopra e anche nello stesso articolo scritto per lo Spectator, ogni parola di Noor Bin Ladin gronda di ammirazione (al limite dell’imbarazzante) verso l’America, l’Occidente e Trump. Pur vivendo in Svizzera, la donna dice di indossare regolarmente un cappellino “Make America Great Again” (lo slogan con cui il presidente ha vinto le elezioni e conquistato la Casa Bianca nel 2016) e di infilarsi ogni tanto anche un pigiama trumpiano.
Il berretto partigiano non passa inosservato nemmeno nella Confederazione elvetica, stando al racconto fatto dalla stessa Bin Ladin al New York Post:
«Mi facevo gli affari i miei [in un negozio di alimentari] e questa donna sulla cinquantina abbondante mi ha attaccato e ha iniziato a parlarmi a voce alta e aggressiva. Mi urlava contro dicendo “come puoi indossare questo” e “Trump è il peggior presidente di sempre”, insomma insultava il mio amato presidente… Mi ha detto per tre volte: “Sei stupida”. Io sono rimasta calma, e ovviamente ho tenuto su il cappello!».
Noor Bin Laden critica duramente il movimento Black Lives Matter e insiste in ogni occasione che l’America non è affatto un paese razzista: il suo caso personale, l’accoglienza che ha ricevuto negli Stati Uniti ogni volta che ci è stata, è la dimostrazione migliore.
Quanto alle ragioni del suo sostegno-amore per Trump e l’America, esposte in modo parecchio enfatico in tutte le sue ultime uscite, sono sintetizzate così nell’intervento per lo Spectator (anche qui non senza profusione di retorica):
«Perché sostengo Donald Trump? Guardate a quel che ha fatto. Ha affrontato la Cina, tenuto l’America fuori da nuove guerre, rinforzato i legami con Israele, rovesciato il disastroso accordo con l’Iran e cancellato l’Isis. Sul fronte interno, ha rimosso le regole che ostacolavano la crescita economica americana, ricostruito un esercito esausto, riportato in patria le fabbriche e rivitalizzato le industrie moribonde rinegoziando accordi commerciali e tagliando le tasse; ha raggiunto l’indipendenza energetica e ridotto l’immigrazione. Tutte cose che hanno contribuito a raggiungere tassi di occupazione record. Ha affrontato questioni dimenticate come il traffico di esseri umani e l’ingiusta carcerazione. Ha offerto all’America l’opportunità di recuperare i suoi princìpi, il suo orgoglio e la sua indipendenza, e di tornare a essere un vero faro di libertà e speranza per tutti».
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