
Non togliete agli indios il loro papà santo Junípero Serra

Articolo tratto dal numero di luglio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
La Chiesa nel suo Martirologio lo presenta così: «Colosso dell’evangelizzazione e padre degli indios, sacerdote dell’ordine dei frati minori, che tra le tribù ancora pagane di quella regione, nonostante gli ostacoli e le difficoltà, predicò il Vangelo di Cristo nella lingua dei popoli del luogo e difese strenuamente i diritti dei poveri e degli umili». Eppure intorno alla figura di san Junípero Serra (1713-1784) circola da anni una leggenda nera che lo presenta come “colonialista, schiavista, razzista”. Alcuni vandali della galassia del movimento antirazzista Black Lives Matter l’hanno messo nel mirino. A San Francisco il suo monumento è stato divelto con le funi, a Palma di Maiorca è stato deturpato con una scritta rossa: «Racista». Non è la prima volta che succede, già nel 2017 a Santa Barbara, a nord di Los Angeles, una sua immagine aveva subìto atti vandalici. Sul busto della statua era apparsa la scritta «murderer» (assassino) e una svastica. Ora c’è chi vorrebbe rimuovere dal Campidoglio di Washington il suo monumento, che è lì collocato dal 1831, e sostituirlo con quello di Sally Ride, prima astronauta donna americana, che può vantare nel suo curriculum il fatto di essere stata lesbica.
Quasi 10 mila chilometri a piedi
L’odio nei confronti del santo fa ben comprendere l’ideologia sottesa al movimento antirazzista americano. Perché se c’è una persona che nella storia non solo non ha fatto nulla di male ai nativi americani, ma anzi li ha aiutati a progredire, spesso difendendoli da chi li voleva sfruttare, questo è Miguel José Serra Ferrer, nato a Maiorca e francescano dall’instancabile ardore missionario. Si dice che durante la sua vita abbia percorso 9.900 chilometri in terra e 5.400 miglia in navigazione. Dovunque arrivò, trascinando la sua gamba malata, predicò il Vangelo nella lingua degli indios, insegnò loro a costruire le missioni (di cui diresse spesso in prima persona i lavori), li convertì con l’esempio e la parola. Si calcola che abbia amministrato 5.309 cresime durante i suoi pellegrinaggi da un insediamento all’altro.

Come spiega a Tempi Enrico Mori, presidente di Serra International Italia, il movimento nato dal suo carisma e oggi presente in 35 paesi, «san Junípero fu definito il padre degli indios, perché i nativi, che erano fuggiti dai villaggi per andare a nascondersi sulle montagne, fecero ritorno, confortati dall’ombra della Croce e dal suono delle campane. Sotto la guida del santo e dei missionari eressero ben cinque bellissime chiese che, più di 200 anni dopo, sono ancora un tesoro dell’arte barocca, simbolo dell’inculturazione ispano-indigena. Il tempio di Santiago de Jalpan fu opera personale di fra Junípero. Indossato un vecchio abito rattoppato, egli si mise a fare il muratore, impastando il cemento e portando a spalla i mattoni. L’esperienza apostolica in questo posto sperduto, oggi chiamato Jalpan de Serra, fu il vero noviziato che in seguito gli permise di intraprendere la grande avventura apostolica che lo aspettava».
Quando morì fu pianto da quegli stessi indios che, secondo i suoi detrattori, avrebbe sfruttato. Nessuno prima di lui fece tanto per le popolazioni della California. Beatificato da san Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988, è stato canonizzato da papa Francesco il 23 settembre 2015 a Washington D.C.
Da San Diego a San Francisco
Non bastassero le ricerche storiche, il processo canonico cui è stato sottoposto dalla Chiesa prima di riconoscerlo santo, sarebbe sufficiente conoscere un po’ la geografia americana per rintracciare l’opera di imponente civilizzazione compiuta da quest’uomo. Quando nel 1767 i francescani rilevarono le missioni dei gesuiti, Junípero fu messo a capo di quella spedizione che portò alla prima grande esplorazione della California. Un cammino – El Camino Real – lungo 996 chilometri sui quali il santo e i francescani fondarono 21 missioni, 9 delle quali direttamente presiedute da Junípero, convertendo gli indigeni al cristianesimo. Se oggi tante città della California portano il nome di santi (San Diego, San Francisco, San Buenaventura, San Antonio, Santa Clara) è merito di questa instancabile opera missionaria.
Chi pensasse che la vita di san Junípero sia stata una allegra scampagnata, si sbaglierebbe di grosso tanto quanto chi lo denigra. Ebbe nemici che cercarono più volte di ucciderlo, persino versandogli il veleno nel vino della Messa. Più volte mise a repentaglio la vita e, come accadde a San Diego, se non fossero venuti in suo soccorso gli spagnoli, sarebbe morto per mano degli indiani. Come ha detto monsignor Thomas Daly, vescovo di Spokane, dopo la deturpazione della sua statua, «la Chiesa non desidera affatto che l’ingiustizia rimanga senza risposta, ma due torti non fanno una ragione. Se non possiamo riconoscere il bene di un santo come Junípero Serra, rischiamo di preferire l’ideologia alla verità».
Foto Ansa
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