
«Non ti preoccupare, la vita continua». E a Mantova l’azienda riparte dopo il sisma
Roberto Cresta è un imprenditore. A Poggio Rusco, in provincia di Mantova, possiede un’azienda che produce campionari per l’industria del mobile. A pochi giorni dalla prima scossa, mentre la terra continua a tremare, Cresta ha montato un vecchio tendone per sagre paesane e spostato i macchinari. Così ha ripreso a lavorare.
La sua azienda ha subito molti danni a causa del sisma?
Io sono uno dei fortunati. La sede è in buone condizioni. Abbiamo in affitto un capannone abbastanza vecchio, ma ha retto bene l’urto del terremoto, grazie a travi, pilastri e tamponature in mattoni. All’interno del capannone avevo un ufficio in mattoni che adesso è inagibile. La struttura sta ancora in piedi, ma le otto persone che lavorano con me sono terrorizzate dall’idea di rientrare in ditta.
Quindi?
Per ovviare alla situazione ho comprato, dopo la scossa di martedì, una tensostruttura, una vecchia tenda per sagre di paese da 120 metri quadri, un decimo dello spazio che occupavamo prima. Produciamo campionari per l’industria del mobile e lo spazio ci serve. Abbiamo montata la tenda al volo nel giardino esterno della nostra azienda. Tutti i macchinari sono stati trasferiti e questa mattina i miei ragazzi – sono quasi tutti giovani, come la mia azienda – sono tornati a lavorare sotto il diluvio universale.
Come procede la prima giornata di lavoro?
Oggi pomeriggio mi hanno consegnato un wc chimico. Serve anche quello. Più tardi dovrebbe arrivare un ufficio mobile. Abbiamo tutto il necessario per cercare di evadere gli ordini che abbiamo in corso. Lavoriamo nella tenda e spostiamo tutti i materiali nel capannone. In tutta la giornata ci sarò stato in dieci minuti. Spero di non beccarmi il terremoto proprio in quel momento.
Che cosa l’ha spinta a ripartire così in fretta?
Con me lavora un ragazzo afgano, fuggito a dieci anni dal suo paese. I suoi genitori sono stati freddati dai talebani davanti ai suoi occhi e a quelli del fratellino, che allora aveva 8 anni. È scappato in Iran, poi in Grecia a bordo di un gommone. Ha messo da parte dei soldi e, dopo un anno, ha raggiunto l’Italia in camion. Ormai lavora da me da quattro anni. Dopo il terremoto, è stato il primo a chiamarmi per chiedere se poteva aiutare. Io ero molto demoralizzato, i periti non concedevano il permesso di rientrare nel capannone e lui mi ha detto: «Non ti preoccupare. La vita continua». Sono ripartito anche grazie alle sue parole e al suo sguardo.
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