
Non sono solo dei salvati, sono dei rinati

Può essere una fottuta fregatura l’emozione. Ma anche dire che è stato «un miracolo» può diventare un pericoloso e pigro depistaggio.
Eppure si può tentare di scavare nei sentimenti e nelle parole, col sempre incerto zigzagare di pensieri rudimentali, per cercare di capire perché, poi, quando li tirano fuori dalla terra, loro – i Ciro, i sopravvissuti delle Twin Towers e del Rigopiano, i minatori cileni – abbiano questa faccia da born again e noi, spettatori come tutti i padri del mondo in tutte le sale parto del mondo, l’ebete espressione di chi ha appena ricevuto un regalo immeritato.
Ci vorrebbe uno Shakespeare, o almeno un McCarthy, per grattare via l’ingannevole scorza di emotività o di scetticismo che subito ci assale e rimanere invece sul mero e letterale dato di cronaca riportato dai quotidiani: Francesco e Teresa, vigili del fuoco di Prati, soccorritori a Ischia, hanno detto che «è stato come un parto; come rivedere nascere i miei bambini». E quella donna al Rigopiano, accudita per due giorni in un ventre di neve, aveva urlato solo parole primordiali ed essenziali: «Sono Giorgia, sono viva e sono qui». Ci vorrebbe la spontaneità selvaggia di un bambino come Ciro che, come un neonato vestito solo di un paio di mutande, dice davanti alle telecamere: «Sono la prova che Dio esiste». E al suo soccorritore-levatrice sputa in faccia la preghiera più bella e feroce che si possa rivolgere al proprio demiurgo: «Se non mi tiri fuori, ti picchio».
Non sono solo dei salvati, sono dei rinati che ci ricordano che anche noi, una volta – allora – siamo stati strappati dal niente per essere, e dal buio siamo venuti alla luce. E che adesso, come Ciro, «vorremmo correre come se non ci fosse un domani».
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!