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Non si può vivere se non si è innamorati (vale anche per i preti)
Conosco degli uomini che sentono il bisogno del mare e lo cercano al passo lento della loro carovana.
Costoro, quando giungono sul promontorio dal quale dominano quella vasta e profonda distesa (…) respirano l’acre odore del sale e restano estasiati davanti ad uno spettacolo che non gli serve a nulla in quel momento, perché il mare non si può afferrare. Ma dentro il loro cuore sono purgati dalla schiavitù delle cose meschine. Forse essi osservano nauseati, come dalle sbarre di una prigione, il bricco, gli utensili da cucina, le lagnanze delle mogli, la ganga quotidiana che può essere un volto letto in trasparenza e costruire l’essenza delle cose, ma che talvolta diventa una pesante tomba e li imprigiona. Allora essi fanno provvista di vastità e riportano nelle loro case la beatitudine che vi hanno trovata. E la casa non è più la stessa perché in qualche luogo esiste una pianura sul far del giorno e il mare. Perché tutto si apre su qualcosa di più vasto di noi. Tutto diviene sentiero, strada e finestra su qualcosa che è diverso da noi.
Il mondo è pieno di matrimoni perfetti, ma siccome non siamo più uomini, tutto crolla. Come una Ferrari guidata da una scimmia.
E per semplificare le cose ci siamo dati da fare alacremente per ridurre la Ferrari alle nostre nuove attese. Così siamo diventati scimmie che camminano su carretti con le ruote di legno.
Se siamo uomini non possiamo riconoscere che non riusciremo mai ad amare come vorremmo e ad essere amati come vorremmo. Eppure ci innamoriamo, e l’innamoramento è l’evento più grande, persuasivo, bello che accade nella nostra vita. La promessa radicata in quell’evento che colma di respiro, bellezza, luce la nostra vita, ci spalanca al mistero della vita, a quel desiderio di pienezza che non possiamo compiere con le nostre forze, con tutta la tenace caparbietà di cui siamo capaci. E ci spalanca ad Altro, così come l’innamoramento ci spalanca ad un altro, a chi amiamo. E ci strappa da quel comodo guscio in cui inevitabilmente ci saremo rintanati. Ci spalanca all’Unico senza del quale non possiamo fare nulla (cfr. Gv 15,5). Nulla. Nemmeno amarci, anche se innamorati.
Così la verità del matrimonio ha la sua radice nel rapporto con Colui che fa tutte le cose, questo è il rapporto fondante della vita, un rapporto ancora più profondo di quello che ho con il consorte ma di cui è radice e che ne dà consistenza a tal punto che il rapporto con il coniuge definisce e giudica il mio rapporto con Dio. Il rapporto con il Destino, con Dio rimarrà sempre, con la morte il rapporto con il consorte cessa, perché ha già varcato la soglia ed è giunto al porto sospirato, dove ogni rapporto avrà la pienezza del matrimonio; ecco perché li saremo come angeli del cielo, in una piena comunione di amore che l’innamoramento ci ha fatto pregustare.
Tutto questo si nutre di piccoli miracoli quotidiani, come diamanti in un deserto. Coscienti che non riusciremo mai ad amare come vorremmo e ad essere amati come vorremo, si inizia a vivere questa ferita non più come occasione di recriminazione, verso sé e l’altro, ma come occasione preziosissima di misericordia, di benevolenza, pazienza, di vero amore, certi di un Bene più grande che ci ama secondo questa misura che scardina i nostri piccoli calcoli, esaltando la vita.
Un Amore più reale della tazzina da caffè scheggiata con cui facciamo colazione tutte le mattine.
Quindi, se non vi siete innamorati non sposatevi (purtroppo non è affatto scontato).
Se siete sposati non guardate al vostro innamoramento come una necessaria stupidità adolescenziale che passa, come i brufoli. Purtroppo c’è pure qualche prete che lo dice. Un frate che ora è missionario a Cuba, p. Silvano, ed è all’origine della mia conversione mi diceva che non si può vivere se non si è innamorati. Io lo guardavo titubante. Poi l’ho capito quando, già sacerdote, mi sono innamorato, di nuovo, e finalmente un prete, invece che guardarmi come un appestato, mi ha detto che finalmente ora potevo capire di che stoffa è fatto il rapporto con Cristo, e la vita.
È tutta un’altra cosa.
Bene, ora avete tutti gli elementi perché la vostra vita si dipani come un’avventura straordinaria, una storia d’amore unica, bellissima. Occorre accettare la sfida, lasciarsi stupire, seguire un invito.
Coltivate le amicizie, sono indispensabili: una famiglia viva è sempre ricca di amici. Molesti e rompiscatole, potete dirglielo, ma pur sempre amici. Coltivate il gusto di stare insieme, di mangiare insieme, anche se dovete sporcare la cucina. Un imprenditore brianzolo in vacanza mi raccontava con il suo simpatico accento lombardo: “Uè, don Giorgio, io fatturo 2 milioni di euro all’anno, sto bene, non mi manca nulla. Mia moglie è un tesoro. Ma voi vivete meglio di noi. Se dico a mia moglie: dai, invitiamo qualcuno, stiamo insieme, lei mi dice”: “No, dai, è fatica, devo pulire…”. Troppo spesso sulle nostre giornate sembra incombere il motto: “Visse infelice, perché costava meno ed era più comodo”.
Sia chiaro, un matrimonio bello non è comodo, non è affatto comodo, come tutte le cose belle e grandi. Come certe avventure che non ti fanno dormire ma ti rinfrancano il cuore e ridanno più energia che una cura del sonno.
E imparate a chiedere aiuto, quotidianamente, nella preghiera, che è il respiro dell’uomo vivo. E a qualcuno che può aiutarvi, non a parlare dei vostri problemi a finti amici perché vi diano ragione, fregandosene di voi. Magari a un prete, uno che vi ispira fiducia, che (almeno qualche volta) sorride. Non perché va tutto a rotoli, ma perché c’è sempre qualcosa che chiede di essere confrontato, giudicato, perché il vostro tesoro sfolgori.
Certo, una bella avventura, una grande storia d’amore ha dei tratti che sembrano una commedia, ti fai grandi risate, anche su di te (inevitabili, per fortuna) ma non può essere solo una commedia, una comica che in realtà credi essere la cosa più seria del mondo.
Una ragazza mi ha chiamato a pochi giorni dalle nozze, stravolta: “Padre, è successa una cosa terribile, le devo parlare, subito”. Mi sono preparato ad accoglierla, a sostenerla in quel momento di prova, un incidente, un lutto? La vita può riservarti all’improvviso le sorprese più devastanti che ti segnano per sempre. Implacabili, impietose. Non era la prima volta. La signorina, elegante, arriva tra le lacrime, accompagnata dall’amica che invano tentava di consolarla: “Stai tranquilla, si risolverà tutto, vedrai”. Finalmente, come una sentenza apocalittica, gemendo, la signorina esclama: “Padre! Davanti alla chiesa ci sono le impalcature!”. Un silenzio colmo di sofferenza, sbigottito le ho potuto dire soltanto: “È veramente terribile!”.
Ecco perché celebrare matrimoni mi pesa da morire. Il quel momento sembrano tutti deficienti. Innanzitutto le suocere che hanno una sola preoccupazione, come se fosse decisivo a salvare il pianeta dalla catastrofe: stendere lo strascico della sposa senza pieghe e siccome quella poveretta è nel pallone e si agita nervosamente, la cosa diventa un ossessivo rituale compulsivo. Tutto sullo sfondo di esosi addobbi di pessimo gusto ricalcati su qualche film americano, frutto della mente malata di qualche wedding planner che ha plagiato la sposa. Cos’è il wedding planner? Vallo a spiegare alla bisnonna che sembra l’unica presente a sé stessa, forse perché ha la protesi acustica scarica, semplicemente perché è l’unica cosciente di stare in chiesa. Se avessimo un minimo di consapevolezza dovremmo tremare: “Che ne sarà di noi? Della nostra vita?”.
Alessio e Vanessa si sono sposati in un ristorante vicino casa, con il permesso della curia, per avere un ambiente caldo che non mettesse a rischio Alessio appena dimesso appositamente dall’ospedale. Avevano frequentato il corso per i fidanzati, quel corso che è all’origine di questo libretto e che è a loro dedicato. Le nozze erano in programma poi Alessio mi è venuto a parlare per dirmi che dovevano rinviare, gli avevano trovato un melanoma. Dopo non molto sono arrivate le metastasi. Saggiamente hanno deciso di avere un figlio che è arrivato: Alessandro. Hanno voluto che la morte non arrivasse prima delle nozze. Forse non era la cornice che avevano sognato, no, molto più bella, perché vera. Alessio portava i segni evidenti della malattia. In quella sala stipata di amici che mai sono mancati intorno a loro, fino alla fine, ogni gesto, ogni parola suonava pesante, forte come il loro amore, forte come un macigno, una roccia su cui è possibile costruire qualcosa che non verrà travolto: era il vangelo di quel giorno (Mt 7,24 ss.). Le cure hanno permesso ad Alessio di vivere ancora per molto, mesi infiniti di una sofferenza prolungata che ha sfibrato Vanessa, vicina al marito notte e giorno, come una cosa sola. Alessio è morto proprio un anno fa, aspettava la fine come una liberazione.
Qualcuno è rimasto talmente colpito dal funerale che ha deciso di chiamare il figlio, che nel frattempo è arrivato, Alessio, perché lì ha visto un amore più forte della morte.
Che mistero la nostra vita!
Quale profondità di bene implorano le nostre sofferenze, quale fecondità esigono i nostri dolori! Quale verità chiede il nostro amore.
La vita è un’avventura. L’amore esalta questa avventura rendendola ancora più bella e nostra. Avventura: ad-ventus, ciò che viene, che accade, che ci sorprende. Solo ciò che accade, che irrompe nella nostra vita come un imprevisto, qualcosa di non programmabile, può sorprenderci, stupirci, affascinarci. Qualcosa che non è il distillato dei nostri pensieri, che è Altro da noi. Come colei di cui ti sei innamorato. Esaltando la tua vita. Invitandoti ad una avventura, cominciata quella sera, in quel tavolino di un bar. Attraverso il quale, in un modo bizzarro, l’Eterno ha fatto irruzione nella tua vita. Per portarla a compimento, se rimaniamo fedeli, se accettiamo la sfida, se ci lasciamo affascinare, stupire.
Se, ogni tanto ci fermiamo a guardare la nostra vita dall’alto, per fare provvista di vastità, per ridare respiro a quegli istanti quotidiani che sembrano soffocarci come una tomba. E farci compagnia in questo cammino, dove tutto è sentiero, strada e finestra su qualcosa che è diverso da noi. Perché tutto si apre su qualcosa di più vasto di noi.
Foto da Shutterstock
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2 commenti
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Bravo Carini…… ma bravo anche Saint Exupery.
Bravo Gargaglia! Che ha stanato la citazione anche se i riferimenti bibliografici si sono persi: A. De Saint-Exupéry, Cittadella, Torino, Borla, 1965, p.84.