La preghiera del mattino

Non esiste un’Unione Europea unita contro un’Italia isolata

Giorgia Meloni a Bruxelles
Giorgia Meloni ieri a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo (foto Ansa)

Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «Quale risultato ha avuto tanta passione? Le tre frasi seguenti che – stando alle indiscrezioni – compariranno nelle conclusioni del vertice a proposito, appunto, dell’immigrazione: “La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo dei progressi compiuti nell’attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023. Il Consiglio europeo chiede rapidi progressi su tutti i punti concordati. Tornerà sulla questione su base regolare”. Vogliamo “rapidi progressi” (e chi non ne vorrebbe, su qualunque argomento?) e “ne riparleremo”. Punto. E basta. Basta? A Giorgia Meloni è bastato, giacché nel “punto con la stampa” ha dichiarato, testuale, che “posso dirmi soddisfatta della bozza di conclusioni che chiede alla Commissione di procedere spedita”. Il sacro furore esibito nel Parlamento italiano si è spento nel palazzo del Consiglio di Bruxelles senza nemmeno lasciare una traccia di fumo. Quello che resta nel carniere del governo di Roma sono i generici impegni che erano stati assunti nel Consiglio precedente, quello del 9 marzo, in materia di rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, di cooperazione con i paesi di partenza e di transito con incentivi per l’emigrazione regolare da quelli che collaborano, di politiche comuni in fatto di rimpatri, e simili. L’unico aspetto concreto apprezzabile dal punto di vista italiano era il riconoscimento della “specificità delle frontiere marittime”, che rappresentano il grosso dell’esposizione del nostro paese agli arrivi di migranti. Quegli impegni erano stati giudicati, con molto ottimismo, “passi importanti” verso le posizioni del governo di Roma».

Pur con maggiore professionalità rispetto ai giornalisti di Repubblica che quando scrivono della Meloni hanno la bava alla bocca, Soldini ritiene che la premier italiana non abbia ottenuto granché dal Consiglio europeo. Vi è però qualcosa che proprio non convince in questa idea diffusa da diversi media di un’Europa compatta che isola la “sovranista”.

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Su Dagospia si riprende un articolo di Marco Bresolin per La Stampa dove si scrive: «Le contestazioni si concentrano sugli aspetti giuridici […], ma anche più politici. Per esempio ci sono diversi interrogativi sui fondi menzionati da Von der Leyen che, secondo l’istituzione guidata da Charles Michel, non sarebbero risorse aggiuntive, ma soltanto un reindirizzamento di fondi già esistenti. Troppo vago anche il piano per prevenire i movimenti secondari e quello sui progetti-pilota per introdurre le cosiddette “procedure di frontiera” per esaminare le domande d’asilo ai confini esterni».

Come spiega bene Bresolin, non esiste oggi un’Unione Europea unita contro un’Italia isolata, lo scontro che nella frase sulla Stampa si documenta fra Ursula von der Leyen e Charles Michel spiega bene la complessità dei processi decisionali comunitari in un’istituzione peraltro priva di una Costituzione, e di come certi varchi che Roma si sta conquistando possano diventare poi scelte politiche che rispondono agli interessi italiani.

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Su Affaritaliani si scrive: «Se in un primo tempo la notizia era il confronto del disgelo, con il passare dei minuti la prospettiva diventa un’altra: la presidente del Consiglio e il presidente della Francia hanno deciso di parlarsi a tu per tu, da soli. E quando il confronto finisce sono passati 100 minuti, oltre un’ora e mezza. Dopo cinque mesi di gelo – prosegue il Corriere – i due presidenti avevano tante cose da dirsi. Per Giorgia Meloni è un faccia a faccia che diventa immediatamente, dal punto di vista mediatico, il momento simbolico della sua prima giornata a Bruxelles. Il primo confronto non andò benissimo, e le scorie si videro poche settimane dopo, con uno scontro diplomatico senza precedenti fra i due apparati istituzionali, sulle responsabilità del porto di approdo di una nave delle Ong. Sul piatto dell’incontro c’è di sicuro anche una richiesta francese, quella bollinatura delle tecnologie nucleari fra quelle compatibili alla transizione energetica che per Parigi è essenziale. L’Italia può dare una mano. E certamente, in cambio, può dare Parigi una mano a Roma, in primo luogo sull’esplosiva situazione della Tunisia, ma più in generale su tutto il dossier migranti».

Su Affaritaliani si spiegano le chance di manovra che l’Italia ha in una situazione europea non priva di tanta confusione a partire da una Francia che vive un momento particolarmente delicato.

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Su Huffington Post Italia Angela Mauro scrive: «Dal Recovery permanente alla protezione per gli afgani: Elly fa il controcanto a Meloni. Ma la prima proposta si scontra coi frugali del Nord. La seconda sbatte contro tutta l’Ue. Apprezzamenti per la segretaria dem al vertice socialista, da Gentiloni a Timmermans».

È un po’ singolare che la Schlein scelga di esporre le sue posizioni contro il governo Meloni nel Parlamento europeo piuttosto che in quello italiano. In parte ciò corrisponde all’idea di una certa parte del nostro establishment nazionale che preferisce una Roma commissariata a una vera democrazia politica dove maggioranza e opposizione si contrastano ma insieme si legittimano. Dall’altra parte per la Schlein è più facile raccogliere il plauso dei socialisti europei che quello di tanti parlamentari italiani del Pd che la considerano una marziana priva di una realistica visione politica.

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