Non a caso

Tradimenti e ricatti soffiano sul fuoco della guerra infinita. «Dove un uomo scaltro può nascondere una foglia? In una foresta»
Hunter Biden, a sinistra, col padre Joe
Hunter Biden, a sinistra, col padre Joe

“Non a caso cadono le foglie di Lorien” (J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli – Le Due Torri)

Non a caso succede che il computer portatile di Hunter Biden, pieno com’è dei segreti scottanti del figlio dell’ex vice presidente degli Stati Uniti e della sua shakespeariana famiglia, venga abbandonato in un laboratorio di riparazioni a Wilmington, Delaware, pochi giorni prima dell’inizio della campagna elettorale che porterà Joe Biden alla Casa Bianca.

Non a caso il contenuto di questo portatile, prima considerato fake news, disinformazione russa, ciarpame scandalistico, motivo di ban dai social e dalla buona società per i media che ne avevano fatto uno scoop (il New York Post), venga  sdoganato dalla rivista Politico, e ora sia ritenuto valido, autentico e veritiero dal New York Times. E se lo afferma il New York Times, come dicono a Napoli, “allora è Cassazione”.

Mazzette da e per società di proprietà del governo della Repubblica Popolare Cinese. Legami con oligarchi ucraini finanziatori di politici, partiti e milizie oggi alla ribalta della guerra. Intrecci possibili con la poco chiara ma inquietante vicenda dei biolab americani in Ucraina. Il peso del “Big guy” Joe Biden all’epoca plenipotenziario della presidenza USA per l’Ucraina nel licenziamento del procuratore generale Viktor Shokin che stava indagando su alcune di queste liason (“Il mio aereo parte tra sei ore. Se quello lì è ancora al suo posto, scordatevi il miliardo di dollari di prestiti di cui abbiamo parlato”: così sembra che l’attuale presidente americano abbia detto all’allora presidente ucraino Petro Poroshenko)

Tutto quello che per due anni è stato considerato talmente falso da non dover nemmeno curarsi di parlarne, ora è vero. Ora, nel mezzo di questa “drôle de guerre in cui il conflitto in Ucraina potrebbe finire presto, oppure proseguire indefinitamente rimanendo  confinato lì e trasformando il paese in una immensa Siria, oppure ancora diventare la prima (o la definitiva) “guerra infinita”. Ora che larga parte delle decisioni e delle scelte che possono spostare l’asse della storia dalla pace alla guerra infinita le può prendere per l’appunto il “Big guy”.

Che, forse non a caso, oggi più che mai indulge nel suo spericolato “free speech”, senza prudenza (la più grande virtù del governante) usa espressioni e osa giudizi inappellabili contro il suo nemico, dà l’impressione di tagliare tutti i possibili ponti o di minare ogni punto su cui questi ponti (malfermi, compromissori, ipocriti il tanto che serve per far salvare la faccia a chi fa la guerra e la vita a chi è sulla linea del fuoco) possono essere costruiti.

Qualcuno ha detto che queste gaffes non sono debolezze senili, ma una deliberata strategia. Per spingere nell’angolo l’avversario. Per misurare la saldezza della sua presa sugli alleati. Per affermare senza peli sulla lingua i principi dell’Occidente. Qualcun altro, nel 1911, si chiedeva: “Dove nasconde una foglia un uomo saggio? Nella foresta. Ma che cosa fa se non c’è una foresta?”

In una fredda sera d’inverno, racconta Gilbert Keith Chesterton in “All’insegna della spada spezzata”, Padre Brown e Flambeau  (l’ex – criminale da lui convertito che spesso lo accompagna nelle sue avventure) salgono verso il culmine di una collina nella campagna inglese, per esaminare il monumento funebre del generale Sir Arthur St. Clare, grande stratega ed eroe amato sui due lati dell’oceano. Salgono per cercare di risolvere una sorta di “cold case” storico, la cui versione ufficiale esalta il coraggio e lo sprezzo del pericolo del comandante inglese, ma fa acqua da tutte le parti dal punto di vista della logica. Un grande generale, audace ma sempre prudente e calcolatore, ordina un attacco completamente privo di ragioni, che provoca centinaia di vittime tra i suoi uomini senza alcun possibile costrutto, e viene trattato con disumana crudeltà dal suo nemico, il Generale Olivier, presidente del Brasile –  noto prima e dopo quell’evento per la cavalleria e la magnanimità con cui ha sempre trattato gli avversari sconfitti – il quale si vendica senza pietà su di lui per una azione che mai avrebbe arrecargli danno. La spada di St.Clare, spezzata in punta, è l’emblema di questa storia apparentemente senza capo né coda. Ma questa storia un capo ce l’ha, ed è il tradimento di St.Clare, e la conseguente minaccia di ricatto, mentre la coda è l’esecuzione di una deliberata, audace strategia per nascondere la foglia (il cadavere di un ufficiale che aveva scoperto il cuore di tenebra dell’Eroe, da lui ucciso con un colpo di spada, che si spezza ) in una foresta (un intero esercito sacrificato nell’apparente insensatezza di un assalto votato al fallimento). “Dove nasconde una foglia un uomo saggio? Nella foresta. Ma che cosa fa se non c’è una foresta? La fa crescere, per nascondere la foglia. Un terribile peccato.” conclude Padre Brown, nella sua innocenza (The Innocence of Father Brown, è il titolo della raccolta di racconti del 1911 in cui si trova The Sign of Broken Sword).

Segreti e ricatti (e forse non di singoli, ma di interi pezzi di establishment). Per i quali l’escalation è un modo di assecondare il ricattatore. O un modo per anticiparne le mosse, per metterlo davanti al fatto compiuto, laddove chi ricatta cominciasse ad essere convinto che “per amor di Dio, quest’uomo non può restare al potere”? Qui finiscono le possibili analogie tra il racconto di G.K. Chesterton e la situazione del nostro mondo sospeso, nel quale la nostra responsabilità dovrebbe essere fare ciò che si può per evitare che i nostri paesi, e l’Ucraina stessa, facciano la fine della foresta.

Finiscono le analogie, e cominciano le differenze, inquietanti anch’esse. A differenza del racconto, l’avversario non è un moderno “cavaliere errante” generoso, mite e semplice, come Chesterton descrive il fittizio presidente brasiliano generale Olivier. E però nemmeno un folle, o uno sprovveduto che pensa di ricostruire un Impero perduto nelle forme e con le debolezze che questo Impero aveva quando crollò su se stesso (È proprio l’incongruenza delle ricostruzioni delle intenzioni della Russia che mi ha fatto venire in mente la versione fasulla della vicenda del generale Arthur St.Clare…). Può darsi che ci troviamo di fronte all’emersione epocale di un mondo ben più grande, interconnesso, deciso e strumentato di quanto noi siamo abituati a pensare, con una sufficienza che non fa onore alla nostra intelligenza. Un mondo che non aspetta altro che il nostro assalto sconsiderato (non è più il tempo di Balaklava…)per mettere in luce quanto tutto quello che negli ultimi trent’anni abbiamo voluto costruire distruggendo sia in realtà paglia. E quanto la nostra forza sia minata, come quella di Sir Arthur St.Clare, dal “cuore di tenebra” che abbiamo coltivato con grande impegno e malizia. E che vogliamo continuare a espandere, con la nostra “guerra infinita”. Ma sarebbe illusione, o almeno il rischio è molto, troppo grande per essere corso, pensare che questo mondo “alternativo” abbia in mente la ricostruzione delle basi reali della libertà. È troppo grande il rischio che abbia il suo “Great Reset”, da proporre. E che la guerra infinita, la forma della rivoluzione propria del nostro tempo, dal suo punto di vista serva esattamente a questo.

Occorre trovare un’altra strada. “Perché sa il Cielo se un uomo deve avere del fuoco e della birra per osare raccontare una storia simile” a quella che potrebbe accadere, altrimenti.

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