Noi armeni abbiamo bisogno dei fratelli cristiani e dell’aiuto degli amici

Di Zhirajr Mokini Poturljan
29 Ottobre 2020
Chi ama la verità, chi ama ancora l’Europa si ricordi che l’Armenia fa parte della stessa storia, che siamo la stessa stirpe.

Quello che sta accadendo nel Caucaso provviene da lontano ed è necessario di avere uno sguardo corretto sulla questione. Lo scontro, infatti, coinvolge più di una scaramuccia tra indipendentisti e nazionalisti e qualcosa di apparentemente nascosto. Coinvolge due popoli e due concezioni della vita, del bene e del male, e implica un’azione geopolitica pericolosa per l’Europa.

Occorrerà che noi armeni gridiamo forte perché l’Europa si renda conto che questo conflitto è un’altra grande occasione, un grande campanello, dopo il Genocido di 105 anni fa. Di fronte a quello che noi stiamo subendo, bisogna ricordare la storia, anche quella recente che ha visto la nascita dell’ultimo califfato, e chiedersi come questo centri con l’Europa.

Se nel settimo secolo l’Asia Minore e il Medio Oriente erano abitati solamente da cristiani, e nel 1900 erano il 20%, mentre oggi sono il 5%, qualcosa deve aver agito nella storia, in azioni e omissioni. Se non esistono più stati cristiani in Medio Oriente e se ne sono rimasti solo tre nel Caucaso compresa la Russia mentre da tempo i turchi e i loro fratelli stanno cercando di annientare per sempre l’Armenia, occorre svegliarsi.

Se questo qualcosa si propaga culturalmente, religiosamente, economicamente e fisicamente in Europa, come tenta di fare da secoli, soppiantando la più bella e grandiosa civiltà che il mondo abbia mai visto, occorre che ogni cittadino europeo decida se imparare da Lepanto, Vienna e l’Armenia o accettare gaiamente la sostituzione di sé. Questo purtroppo sta già accadendo, come propaggine di quell’attacco secolare e continuamente portato avanti da cui un tempo ci siamo liberati con la preghiera del rosario e la forza. Non sarebbe ragionevole nessuna obiezione a questa sostituzione violenta o di velluto se si trattasse di una civiltà migliore della nostra, di un pensiero più vero. Infatti abbiamo saputo assimilare e far fiorire la cultura greca, romana, giudaica e cristiana. Si tratta di questo? Come sempre bisogna capire il pensiero che sta dietro alle azioni.

Quello che sta accadendo a noi armeni, da quando hanno deciso di eliminarci, proviene da una certa concezione della libertà e della verità che permea certi Stati e società anche dichiaratamente laici. Mentre nel cristianesimo l’alterità è rispettata sempre perché viene da Dio, in certe culture chi non accetta di appartenervi merita di essere eliminato. Chi non accetta la sottomissione è accompagnato alla morte. Se per noi vince l’Amore dall’altra vince la punizione e la pulizia etnica e religiosa, sostenuta e perpetrata da autorità civili e religiose che collaborano a vari livelli di teocrazia. Se la verità di tutto si giudica sull’amore, bisogna riflettere attentamente su quest’attitudine annientatrice operata a due passi da casa nostra.

Noi armeni non condividiamo questa concezione della vita. Noi non possiamo conviverci. Perseguiamo la via del dialogo sempre, ma senza mischiarci. Perché gli armeni con la loro fede, intelligenza, tenacia, attaccamento alla tradizione e ai propri maestri, la loro non sottomissione alla prepotenza e alle pretese altrui, il loro amore alla ragione umana, hanno meritato di essere eliminati. È questo che ha portato al Genocidio Armeno, alla distruzione progressiva e continua delle testimonianze armene in Turchia e Azerbaijan dove le città armene fiorivano, alla scomparsa totale degli armeni nel Nakhichevan. 

Da quando abbiamo conosciuto la luce del Cristo, noi armeni, come gli europei, amiamo la verità nella libertà, amiamo la ragione, la giustizia, la bellezza e l’amore. Già nel 484 ottenevamo dai persiani il rispetto della libertà religiosa con il trattato di pace di Nvarsak che può essere ritenuto precursore della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Siamo diventati un popolo di martiri, artisti e scienziati. Il popolo armeno può essere considerato a ragione generatore di quella civiltà cristiana occidentale ancora oggi scarsamente conosciuta che si sviluppo tra le civiltà greche e latine. Se si cerca nella storia dell’Europa, soprattutto in Italia, si troverà sempre la presenza e l’influenza armena, il suo genio e la sua specifica spiritualità. Chi ci odia ci distrugge, come fece la Turchia, come pochi anni fa fecero gli azeri radendo al suolo le 10.000 steli del cimitero armeno di Djulfa, mirabile esempio di arte medievale armena. Non ci crederete, ma in Armenia hanno ripreso a scolpire quelle steli partendo dalle foto. Niente della verità e della bellezza deve andare perduto per noi.

Eppure siamo soli. Come ha detto il vescovo Massimo Camisasca, l’Europa ha dimenticato le proprie radici ma ha ben in mente il denaro, a discapito di civiltà e democrazia. Basta leggere il sito del ministero degli Affari Esteri alle pagine dedicate ad Armenia e Azerbaijan per rendersene conto. A cosa vale, davanti a un Azerbaijan gestito da un governo familiare simil-monarchico, dove presidente e vice-presidente sono marito e moglie, gridare a una tale Europa che questo paese ha annunciato la sua secessione dall’Urss il 30.08.1991 così come l’Artsakh Nagorno Karabakh annunciò la sua indipendenza il 02.09.1991 sulla base della stessa legge sovietica? A cosa vale, davanti al risveglio neo-ottomano e panturchico, ricordare il pronunciamento favorevole della Corte Costituzionale dell’Urss poco prima del suo scioglimento? Perché dopo trenta anni di vita da Stato de facto, l’Arstakh Nagorno Karabakh non è riconosciuto da nessun altro Stato e non fa parte delle Nazioni Unite mentre il Kosovo, che ha una storia quasi uguale, è riconosciuto da molti paesi in applicazione del principio di autodeterminazione dei popoli? Perché nel caso degli azeri deve valere di più il principio dell’integrità territoriale? Perché gli armeni sarebbero dei secessionisti aggressori e non meritano di godere del principio di autodeterminazione come tutti mentre l’aggressione azera viene tacitamente giustificata? A cosa vale ricordare che durante la guerra del Karabakh e fino ad oggi l’Azerbaijan non ha rispettato nessuna delle risoluzioni Onu sulla cessazione delle ostilità? È dal 1994 che gli armeni sopportano le continue provocazione azere al confine, in flagrante inosservanza dell’armistizio di quell’anno. Perché nessuno difende gli armeni ma molti, compresa l’Italia, si sottomette davanti all’influenza Turca e Azera, due Stati dittatoriali.

Anche la situazione geopolitica è molto complessa e contraria. Da una parte riemerge sempre il vecchio conflitto geopolitico tra Turchia e Russia, che finora ha imposto un certo stallo. L’Armenia fa parte della Csto (Collective Security Treaty Organization), l’alleanza di mutuo aiuto militare tra Russia, Armenia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, e Uzbekistan. Anche l’Azerbaijan e la Turchia sono legati da un’alleanza simile. C’è da segnalare però che quattro dei sei componenti della Csto sono paesi turcofoni, membri assieme alla Turchia del Consiglio Turco.

Negli anni, Stati Uniti, Europa e la Nato si sono impegnate in una campagna di contenimento della Russia facendo pressione sulle sue ex repubbliche come la Georgia, l’Ucraina e la Bielorussia, ma non hanno contenuto l’alleato turco. Come possono Europa e Usa riconoscere le ragioni degli armeni? Rischierebbero di dare ragione ai russi sulla ripresa della Crimea. Fu infatti il diabolico Stalin a regalare l’Artsakh armeno all’Azerbaijan, e Kruscev a regalare la Crimea all’Ucraina. Dall’altra parte c’è il conflitto energetico che vede l’Azerbaijan come cospicua fonte di idrocarburi per l’Europa, che in questo modo spera di aumentare la sua indipendenza dalla Russia.

L’attuale ma non nuova diatriba scatenata anche con la Grecia conferma che le azioni della Turchia sono un chiaro segno che il neo-ottomanesimo e il neo-panturchismo, tollerato da Usa ed Europa, sia un serio pericolo per le sorti del mondo. Basta guardare la mappa del mondo per rendersi conto che l’ultimo ostacolo alla unificazione geografica dei paesi del Consiglio Turco sia l’Armenia. Questi sono alcuni dei motivi per cui la situazione è congelata da trent’anni, perché ogni decisione irriterebbe l’uno o l’altro degli attori, ma viene inasprita periodicamente. Sta a noi di giudicare se al nostro futuro conviene competere con la Russia e favorire la riunificazione dei popoli di lingua turca.

Intanto gli armeni combattono, i sacerdoti offrono messe a Dio per la pace e la vittoria, i soldati ricevono la comunione e la benedizione, i morti le preghiere dei vivi. È commuovente il video di Youtube che riprende emigrati armeni in Russia partire per difendere la patria contro l’aggressore ingiusto e i mercenari siriani reclutati dalla Turchia. Fa venire in mente l’amarissimo ricordo dei curdi reclutati per perpetrare il genocidio armeno. Che vergogna che loro, contrariamente a noi europei, accorrono quando c’è da aiutare il fratello. Sono commoventi anche i nostri soldati, ripresi a essere battezzati e dire il Padre Nostro prima di partire per il fronte, e i loro canti di speranza e di amore, messi in rete nel bel mezzo della guerra.

Chi ama la verità, chi ama ancora l’Europa si ricordi che l’Armenia fa parte della stessa storia, che siamo la stessa stirpe. Si ricordi cosa è venuto di buono dagli armeni e dagli altri. Si ricordi cosa hanno lasciato al mondo come patrimonio di bontà, bellezza, verità, cultura, arte, scienza, architettura, poesia, religione, filosofia, pace. Noi sappiamo bene cosa hanno lasciato gli altri: settecento anni di guerra.

Si ricordi che l’Armenia ha bisogno di preghiere, che si dica il rosario. Ha bisogno prima di tutto dei fratelli cristiani, e dell’aiuto degli amici. Di tutti quelli che hanno incontrato un armeno nella loro vita. Gli armeni hanno bisogno di un aiuto concreto e immediato per poter affrontare l’emergenza senza precedenti che può avere conseguenze drammatiche per il futuro della nazione. Serve l’aiuto di tutti i figli della nazione armena e di chi conosce e ama il nostro paese. La Chiesa Armena d’Italia e l’Unione degli Armeni d’Italia organizzano una raccolta fondi a favore dell’Haystan all Armenian Fund al quale ogni persona è invitata a partecipare.

Per info: https://www.himnadram.org/en/1567614053
Cel: +39 333 493 3444
Tel: 02 26822683
BANCA: INTESA SANPAOLO private banking
IBAN: IT35 T032 3901 6001 0000 0175 602
Swift/BIC:  BCI TIT M3
Causale: ARTSAKH E ARMENIA

Foto Ansa

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