
No, Ermal Meta non ha detto “tecnicamente” una stronzata

Ermal Meta a me pare un bravo cantante. Almeno alcune sue canzoni le ho ascoltate volentieri (non chiedetemi i titoli, non ricordo) e so che piace anche in famiglia. Non conosco però cosa pensi, se pensi, se rilasci dichiarazioni e quali. Non so quindi se e quanto spesso gli succeda, però il nostro Ermal nei giorni scorsi ne ha detta una giusta. Mal gliene incolse. Non doveva. Doveva pensarci bene, prima di dirne una giusta. Il fatto è questo: sul Messaggero di qualche giorno fa è comparso un titolo: “Ermal Meta contro la violenza sulle donne: «Sono spaventato dal mostro che dorme dentro di me. Ogni uomo lo sente. Cosa posso insegnare a mia figlia?»“.
Non erano trascorse 24 ore ed ecco Ermal cadere nelle grinfie di due campioni del liberalismo nostrano. Sto parlando dei due, il Porro e il Cruciani, ogni settimana protagonisti su Rete Quattro di un duetto che va per la maggiore (“Un tavolo per due”, Quarta Repubblica). I due, certamente dopo aver studiato a lungo John Locke, Adam Smith e Montesquieu, hanno protocollato la versione classica del liberalismo italico nostrano. Che non mancano di ricordarci ogni settimana e che suona pressappoco così: “Tu fa, penza e di’ quello che te pare, che per me nun c’è problema. Basta che nun me rompi er cazzo a me, che io nun te rompo er cazzo a te”. Essersi sentiti dire che dentro loro e in tutti gli uomini poteva esserci un mostro li ha fatti sballare. «Ma come ti permetti? Ma parla per te. Se c’hai un mostro affari tuoi ma non ti permettere di tirarci in mezzo».
Cruciani, che dei due è quello che spara a raffica tante sentenze quanti sono gli anelli che ha alle dita, ha aggiunto: «Ma de che stiamo a discutere? Ermal ha detto quello che io definisco tecnicamente una stronzata». E, perché fosse chiaro, ha rimarcato: «La definizione tecnica di quel che ha detto Metal è: “Una stronzata”».
Cosa posso insegnare a mia figlia?
Ora, io non so se si possa e se si debba chiamarlo mostro, ma certo Ermal ha detto quello che tanti di noi sanno per scienza ed esperienza, e che tutti, almeno in certi momenti di chiarità di coscienza presentono: ossia che la possibilità del male è la possibilità più propria a ciascuno di noi. Non per nulla la Chiesa ci fa iniziare la Messa con la richiesta di perdono e non per nulla il primo gesto sacramentale con cui la Chiesa ci introduce alla vita di Cristo è il battesimo, ovvero la liberazione dal “giogo del male”.
Onore quindi a Ermal Meta. Onore e simpatia umana. E, lo confessiamo, ancor più ci ha destato umana simpatia anche il suo sorprendersi in una sconcertata e sconcertante domanda: «Cosa posso insegnare a mia figlia?».
È questa una domanda che zampilla di una doppia vita: vive lo scandalo per la sorpresa del tarlo che inaspettatamente abita nelle pieghe del suo cuore di padre. E vive il desiderio di bene, l’attaccamento del padre che sempre, trepidando, vorrebbe accompagnare, almeno con lo sguardo, i figli verso una vita buona. Vorremmo dire dunque a Ermal Meta: coraggio, Ermal, dica, insegni, ricordi a sua figlia tutto quello che ritiene giusto, buono e bello per lei, tutto quello che le ispira riverenza perché l’uomo è vero quando rende omaggio e si inchina all’infinitamente grande. E lo afferma, magari e proprio quando è colmo di vergogna e dolore di sé.
Solo “tecnicamente”
E poi caro Metal una preghiera: abbia il coraggio e la semplicità di seguire la sua esperienza di uomo. Dipani il filo di quello che ha scoperto nel suo cuore e lo segua: dica a sua figlia che la capacità di male di ognuno non contraddice la voglia di bene, le dica che non occorre essere perfetti per volere bene, le ricordi che non esiste l’uomo perfetto, e che il più grande dono di cui possa essere oggetto l’uomo è il perdono.
E poi, ma questo è uno sfizio di poca importanza, se ne ha tempo e voglia, provi a seguire il filo rileggendo anche le affermazioni dei vari Cruciani che accompagnano le nostre giornate. Potrebbe accorgersi che meriterebbero di essere definiti (per l’amor di Dio, solo “tecnicamente”) degli stronzi.
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