
Strage in Nigeria. «Shock enorme. Una vacca non può valere più di un uomo»

«Quello che è successo è stato uno shock enorme per me. L’eliminazione di vite umane, la continua distruzione di case e dei mezzi di sussistenza della gente è un’onta per l’umanità e offre un’immagine negativa dei nigeriani». Così ha parlato ad Aide à l’Église en détresse monsignor Igantius Kaigama, arcivescovo di Jos, la città attorno alla quale il 23 giugno centinaia di pastori musulmani fulani hanno attaccato dieci comunità cristiane di agricoltori e massacrato più di 200 persone, oltre ad aver raso al suolo case e chiese.
ARMI SOFISTICATE. «Ci sono sempre stati scontri tra allevatori e agricoltori, mai però di questa portata», continua l’arcivescovo. «Una volta avevano i coltelli, ora portano armi sofisticate. È inquietante, la popolazione muore, la gente viene uccisa. Non so come facciano a comprarle, chi gliele vende». Il problema sta diventando sempre più «grave», la violenza negli ultimi anni è aumentata in modo esponenziale e secondo il monsignore la ragione potrebbe essere politica.
IL PRESIDENTE È UN FULANI. «Uno dei motivi per cui i pastori sono sempre più audaci», continua, «potrebbe essere la provenienza del nostro presidente, Muhammadu Buhari, anche lui un fulani come i pastori. Gli allevatori lo considerano un alleato e pensano quindi di poter fare tutto ciò che vogliono. La gente altrimenti non riesce a spiegarsi il perché di un simile e improvviso aumento di violenze e distruzione».
«L’UOMO VALE PIÙ DI UNA VACCA». Pochi giorni fa i pastori musulmani hanno attaccato anche la casa dell’arcivescovo anglicano di Jos, Benjamin Kwashi, uccidendo uno dei suoi vicini che accortosi del tentativo di rubare le vacche del reverendo, era andato a controllare. «Gli hanno sparato in testa», ha raccontato l’arcivescovo. «Non siamo più sicuri nelle nostre cose. Io lancio l’allarme: il governo deve ascoltarci». Anche monsignor Kaigama invita «il presidente a esprimersi chiaramente, categoricamente e coraggiosamente per spiegare ai suoi che il dialogo è la migliore soluzione. Credo infatti ancora che la pace sia possibile. Ma non possiamo assegnare al bestiame lo stesso valore degli esseri umani».
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