
Nigeria. Massacro fra i profughi in un campo. Boko Haram non lascia loro «nessun luogo sicuro»

Due donne si sono riuscite a entrare ieri in un campo profughi nel nord della Nigeria e si sono fatte esplodere, uccidendo almeno 65 persone (ma il bilancio è provvisorio) e ferendone almeno 200, alcune molto gravemente. L’attacco suicida è stato sferrato in un’area destinata all’accoglienza degli sfollati interni, nei pressi di Dikwa, stato di Borno, a circa 85 chilometri dal capoluogo Maiduguri.
LA “FIRMA”. A diffondere la notizia dell’attentato è stata l’agenzia stampa della protezione civile del Borno. L’azione, scrive l’Osservatore Romano, «non è stata ancora rivendicata», tuttavia «la matrice appare chiara. Già in passato, i terroristi di Boko Haram – ormai affiliati al cosiddetto Stato islamico nel tentativo di istituire la sharia nelle regioni nordorientali della Nigeria – si sono resi responsabili di simili carneficine. E il massacro di ieri porta tutti i tratti caratteristici delle tattiche stragiste del sanguinario gruppo islamista, a cominciare dall’uso di attentatrici donne (quando non di bambine o bambini, come è avvenuto in passato). Un tentativo di compiere un massacro nello stesso campo profughi era fallito il 31 gennaio scorso».
«NESSUN RIFUGIO». A corroborare l’ipotesi del patrocinio di Boko Haram per questo massacro ci sono anche le informazioni contenute nel rapporto di Irin ripreso da tempi.it pochi mesi fa: in Nigeria oltre il 60 per cento degli sfollati ha dovuto cambiare campo «diverse volte» perché Boko Haram, dopo aver distrutto intere città, diffonde il terrore attaccando i luoghi dove i profughi trovano un riparo di fortuna, per non lasciare loro «nessun posto dove scappare, nessun luogo dove nascondersi».
TERRORE FRA I PROFUGHI. Gli effetti di questa strategia sulla popolazione sono devastanti. Raccontava a novembre Halima Babagana, una vedova che viveva nel campo profughi di Malkohi, vicino a Yola, colpito da una bomba due mesi prima: «Non posso continuare a stare qui perché nessuno può garantirmi che queste persone, questi Boko Haram, non colpiranno di nuovo. Qui potrebbero esserci dei loro informatori, dei loro uomini». A ogni nuovo arrivo nel campo, confessava la donna, tra i rifugiati scattano i sospetti: «I militari portano qui facce sconosciute, questo ci disturba. Guardiamo cos’è successo l’ultima volta: è esplosa una bomba! Chi volete che sia il responsabile?».
L’INTENSIFICARSI DEGLI ATTACCHI. A dicembre il presidente Muhammadu Buhari ha dichiarato Boko Haram «tecnicamente sconfitto», ma come abbiamo già segnalato un mese fa in una nostra analisi, nonostante le importanti vittorie ottenute dall’esercito nigeriano e nonostante le città strappate ai jihadisti, il nemico non è affatto battuto. «Estromessi militarmente dai territori che aveva conquistato negli anni passati – scrive ancora l’Osservatore Romano – i terroristi di Boko Haram hanno aumentato la frequenza e l’intensità degli attacchi negli ultimi mesi. I bersagli scelti sono sempre i villaggi o i luoghi affollati, soprattutto i mercati. Il più efferato, alla fine del mese scorso, ha preso di mira il villaggio di Dalori, vicino al lago Ciad, dove 86 persone – fra cui molti bambini – sono state massacrate. Negli ultimi anni il raggio d’azione del gruppo terroristico si è anche allargato ai Paesi vicini della Nigeria, soprattutto in Ciad e in Camerun. E proprio in Camerun, due attentatori, che si ritiene venissero dalla Nigeria, hanno ucciso almeno 10 persone nel villaggio di Ngechewe, nel nord».
Foto Ansa/Ap
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