Nigeria. Massacro fra i profughi in un campo. Boko Haram non lascia loro «nessun luogo sicuro»

Di Redazione
11 Febbraio 2016
Almeno 65 le persone uccise da due donne kamikaze che si sono fatte saltare in un'area destinata agli sfollati interni nel nord del paese

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Due donne si sono riuscite a entrare ieri in un campo profughi nel nord della Nigeria e si sono fatte esplodere, uccidendo almeno 65 persone (ma il bilancio è provvisorio) e ferendone almeno 200, alcune molto gravemente. L’attacco suicida è stato sferrato in un’area destinata all’accoglienza degli sfollati interni, nei pressi di Dikwa, stato di Borno, a circa 85 chilometri dal capoluogo Maiduguri.

LA “FIRMA”. A diffondere la notizia dell’attentato è stata l’agenzia stampa della protezione civile del Borno. L’azione, scrive l’Osservatore Romano, «non è stata ancora rivendicata», tuttavia «la matrice appare chiara. Già in passato, i terroristi di Boko Haram – ormai affiliati al cosiddetto Stato islamico nel tentativo di istituire la sharia nelle regioni nordorientali della Nigeria – si sono resi responsabili di simili carneficine. E il massacro di ieri porta tutti i tratti caratteristici delle tattiche stragiste del sanguinario gruppo islamista, a cominciare dall’uso di attentatrici donne (quando non di bambine o bambini, come è avvenuto in passato). Un tentativo di compiere un massacro nello stesso campo profughi era fallito il 31 gennaio scorso».

«NESSUN RIFUGIO». A corroborare l’ipotesi del patrocinio di Boko Haram per questo massacro ci sono anche le informazioni contenute nel rapporto di Irin ripreso da tempi.it pochi mesi fa: in Nigeria oltre il 60 per cento degli sfollati ha dovuto cambiare campo «diverse volte» perché Boko Haram, dopo aver distrutto intere città, diffonde il terrore attaccando i luoghi dove i profughi trovano un riparo di fortuna, per non lasciare loro «nessun posto dove scappare, nessun luogo dove nascondersi».

TERRORE FRA I PROFUGHI. Gli effetti di questa strategia sulla popolazione sono devastanti. Raccontava a novembre Halima Babagana, una vedova che viveva nel campo profughi di Malkohi, vicino a Yola, colpito da una bomba due mesi prima: «Non posso continuare a stare qui perché nessuno può garantirmi che queste persone, questi Boko Haram, non colpiranno di nuovo. Qui potrebbero esserci dei loro informatori, dei loro uomini». A ogni nuovo arrivo nel campo, confessava la donna, tra i rifugiati scattano i sospetti: «I militari portano qui facce sconosciute, questo ci disturba. Guardiamo cos’è successo l’ultima volta: è esplosa una bomba! Chi volete che sia il responsabile?».

L’INTENSIFICARSI DEGLI ATTACCHI. A dicembre il presidente Muhammadu Buhari ha dichiarato Boko Haram «tecnicamente sconfitto», ma come abbiamo già segnalato un mese fa in una nostra analisi, nonostante le importanti vittorie ottenute dall’esercito nigeriano e nonostante le città strappate ai jihadisti, il nemico non è affatto battuto. «Estromessi militarmente dai territori che aveva conquistato negli anni passati – scrive ancora l’Osservatore Romano – i terroristi di Boko Haram hanno aumentato la frequenza e l’intensità degli attacchi negli ultimi mesi. I bersagli scelti sono sempre i villaggi o i luoghi affollati, soprattutto i mercati. Il più efferato, alla fine del mese scorso, ha preso di mira il villaggio di Dalori, vicino al lago Ciad, dove 86 persone – fra cui molti bambini – sono state massacrate. Negli ultimi anni il raggio d’azione del gruppo terroristico si è anche allargato ai Paesi vicini della Nigeria, soprattutto in Ciad e in Camerun. E proprio in Camerun, due attentatori, che si ritiene venissero dalla Nigeria, hanno ucciso almeno 10 persone nel villaggio di Ngechewe, nel nord».

Foto Ansa/Ap

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