
Nigeria. Dopo l’omicidio di Deborah, gli islamici assaltano tre chiese

Dopo il brutale assassinio di Deborah Yakubu, giovane cristiana lapidata a morte e bruciata per false accuse di blasfemia dai suoi compagni musulmani di college, i cristiani dello stato di Sokoto, nel nord-ovest della Nigeria, non si sentono più al sicuro. «Non sappiamo chi sarà la prossima vittima, Deborah non è la prima e non sarà l’ultima», dichiara a SaharaReporters un giovane cristiano che per ragioni di sicurezza preferisce restare anonimo. Un altro conferma simili paure e ammette: «Appena avrò finito di studiare me ne andrò da Sokoto. La situazione nelle scuole e in università è tesa, bisogna stare attenti a come si parla».
L’omicidio di Deborah Yakubu
Deborah è stata uccisa il 12 maggio al college Shehu Shagari. La sua colpa è di aver risposto in una chat di gruppo su Whatsapp, infestata da messaggi islamici che miravano a convertirla: «Per carità di Dio, non ci accadrà proprio niente. Questo gruppo non è stato creato per essere riempito di informazioni inutili, ma per notizie inerenti ai compiti e agli esami. E chi sarebbe il profeta Maometto?».
Il solo fatto di aver pronunciato la parola “Maometto” le è valso la morte per mano di decine e decine di zelanti giovani islamici, che l’hanno inseguita, sottratta alla protezione delle autorità del college, picchiata con pietre e bastoni e infine bruciata.
Folla di islamici devasta tre chiese
Dopo il terribile omicidio di Deborah, che ha sconvolto l’intera Nigeria, suscitando condanna unanime, anche da parte di molti imam a Sokoto, capitale dell’omonimo stato dove vige la sharia, le autorità hanno fermato due dei tanti musulmani che l’hanno uccisa: Bilyaminu Aliyu e Aminu Hukunchi. Per protestare contro l’arresto dei due giovani, una folla di islamici ha assaltato il 14 maggio tre chiese, devastando i negozi di molti cristiani e costringendo il governo a imporre un coprifuoco di 24 ore.
I manifestanti hanno attaccato a Sokoto la cattedrale della Sacra famiglia, distruggendo le vetrate della chiesa. Poi hanno assaltato la chiesa cattolica St. Kevin (video sotto), bruciandola parzialmente e distruggendo le vetrate del complesso ospedaliero che la diocesi stava costruendo lì vicino. Hanno infine colpito un edificio della chiesa evangelica Ecwa, dando alle fiamme anche un autobus.
Si sono infine diretti davanti al palazzo del sultano, Muhammad Sa’ad Abubakar, per chiedere la liberazione degli arrestati, elogiandoli per aver «difeso l’onore del profeta» e gridando: «Allahu Akbar!». Contrariamente a quanto riportato da altri media, la casa del vescovo Matthew Kukah non è stata attaccata, come confermato da fonti della diocesi cattolica di Sokoto.
«Uccidere per blasfemia è satanico»
Il vescovo, dopo aver sospeso tutte le Messe di domenica a causa del coprifuoco, ha ringraziato le forze dell’ordine per aver impedito ai manifestanti di fare ulteriori danni e ha chiesto a tutti i cristiani di Sokoto «di continuare a rispettare la legge e di pregare per il ritorno alla normalità».
Padre Joseph Daramola, segretario generale della Christian Association of Nigeria (Can), ha attaccato il governo federale nigeriano affermando che è «il fallimento nel portare davanti alla giustizia chi in passato ha commesso simili crimini a dare vita a nuovi atti da parte di terroristi e banditi». Ennesimo esempio di quanto denuncia padre Daramola è l’accusa di cui dovranno rispondere i due arrestati per l’assassinio di Deborah: non “omicidio”, ma “incitamento al disturbo dell’ordine pubblico”. I due potrebbero presto essere rilasciati su cauzione. Annunciando una grande manifestazione nazionale per domenica 22 maggio e ricordando che il sultano di Sokoto ha condannato l’omicidio, ha poi aggiunto:
«Uccidere per la blasfemia è eretico, satanico, folle, totalmente inaccettabile. Non siamo nel Medioevo e la Nigeria non è una repubblica delle banane. La Nigeria resta uno stato laico dove nessuna religione è superiore alle altre. Rivolgiamo le nostre lodi agli studenti cristiani del college che non hanno ceduto al desiderio di vendetta verso chi ha ucciso la loro compagna. Preghiamo che i vampiri camuffati in vesti religiose non spingano il paese sull’orlo di una guerra religiosa».
Anche la Gideon & Funmi Para-Mallam Peace Foundation, impegnata nella difesa dei cristiani perseguitati e che sta lavorando per ottenere il rilascio di Leah Sharibu, ha commentato: «Condanniamo questo atto criminale. L’impunità che ha permesso un simile omicidio è durata troppo a lungo. La tragedia di Deborah, come quella di Leah, dimostrano che per il governo è arrivato il tempo di agire e redimere con i fatti questo paese».
«La Nigeria ha un problema con l’islam»
In un commento pubblicato sui media nigeriani, il famoso attivista per i diritti umani Leo Igwe ha scritto:
«L’omicidio brutale di Deborah Yakubu non è un caso isolato. Molti musulmani e non, accusati di aver insultato l’islam o il profeta, hanno subito la stessa sorte nella regione. Non si può dire che questo caso non abbia niente a che fare con la religione. È il contrario. Questi stragisti sono solitamente motivati dalla loro fede nel profeta dell’islam, dagli insegnamenti islamici e dal desiderio di placare Allah e di guadagnarsi il paradiso nell’Aldilà. Se la Nigeria vuole davvero porre fine a questi atti orribili e ai massacri dovrebbe guardare in modo critico a come l’islam viene professato e praticato nel nord della Nigeria. La Nigeria deve determinare se l’islam è una religione o un culto di morte».
Il padre di Deborah: «Confidiamo in Dio»
In reazione al brutale omicidio di Deborah, Aileri Emmanuel, madre della giovane, ha dichiarato al Punch che non manderà nessuno dei suoi altri sette figli a scuola. Il padre, Emmnanuel Garba, ha invece affermato di aver dovuto pagare 120 mila naira, circa 300 euro, per portare a casa, nello stato di Niger, i resti della figlia, aggiungendo che nessun membro del governo l’ha contattato: «Sto ancora aspettando di ricevere una chiamata da qualcuno su questo incidente. Così mi sono mosso da solo e ho pregato la polizia di aiutarmi a recuperare il corpo di mia figlia per seppellirlo qui a casa prima che si decomponesse».
Il padre di Deborah ha anche aggiunto:
«Non cercheremo giustizia in tribunale per l’uccisione di nostra figlia. Noi crediamo fermamente in Cristo, che affida tutto nelle mani del Padre. Non cercheremo vendetta, niente. Tutto è nelle mani del Creatore. Non vogliamo niente neanche dal governo ma è spiacevole che abbiamo esaurito tutti i nostri risparmi per fare studiare Deborah e ora lei è morta. Era la mia primogenita e ho altri sette figli».
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