
Nata down per “errore”. Ha diritto a un milione di euro
Da Treviso arriva una notizia a suo modo inquietante. Secondo una sentenza della Corte di Cassazione la Ulss di Castelfranco (Treviso) ed un medico dovranno risarcire una famiglia per non aver diagnosticato la sindrome di Down a un feto durante una gravidanza poi portata a termine. La sentenza è rivoluzionaria perché, finora, a essere risarciti potevano essere solo papà, mamma e i familiari del piccolo. Da ieri non è più così: a essere indennizzato può essere anche il bambino.
La storia riguarda una bambina – oggi ormai ragazza sedicenne – figlia di una donna e di un uomo, che avevano già due figli e che versavano in difficili condizioni economiche. I genitori avevano deciso di tenere la bimba solo se questa fosse nata sana, altrimenti avrebbero optato per l’interruzione di gravidanza. La signora fu sottoposta al Tritest, ma non ad altri esami – amniocentesi, villocentesi, deposito di liquido linfatico nella plica nucale, come ha detto il loro legale – anche perché, allora, aveva solo 29 anni e i due precedenti figli erano sani.
Nel settembre del 1996 nacque la piccola, affetta da sindrome di Down. Fu allora che si iniziò ad andare per tribunali, ma in primo e secondo grado il Tribunale di Treviso assolse il medico. Ora la Cassazione ha deciso che la piccola deve essere risarcita per quell’errore medico (è stato richiesto un milione di euro). Nella sentenza, la Corte avverte che questo nuovo orientamento non intende riconoscere la soggettività del feto e togliere alla donna il diritto di abortire.
In ogni caso, al di là del precedente creato e che da oggi inizierà a preoccupare le aziende sanitarie di tutta Italia, va rilevato il “messaggio” insito nella sentenza: tu, bambino, sei nato sbagliato, la tua vita indesiderata è un errore. Il prezzo del tuo “non aborto” è un milione di euro.
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4 commenti
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La cosa tristemente divertente è che i sinostrorsi che plaudono all’aborto “terapeutico” non si rendono conto del problema di solidarietà sociale (che dovrebbe esser loro tanto caro!) legato ai figli diversamente abili. Tale problema, sulla base di queste sentenze, si presterà ad esser così risolto: non hai fatto l’amniocentesi? Allora il figlio “down” te lo sei cercato, dunque ti arrangi!
A quanto pare la signorina Sara Lombardo preferirebbe morire piuttosto che provare ad affrontare una vita di (quantomeno) sacrificio.
Ha ragione Emanuele Sarti: “bisognerebbe introdurre un permesso per fare figli…”, magari un “braccialetto” elettronico da mettere “lì” a chi ha un reddito inferiore a 50.000 euro. Poi bisogna essere solidali come Sara Lombardo e istituire un Registro sulla Sanità della Razza.
E se si ammala dopo la nascita … una bella legge sull’interruzione di post-gravidanza.
Mi domando chi sonoi malati.