Napolitano: «Il Parlamento è legittimo». Ma sulla riforma elettorale non si trova ancora un accordo

Di Chiara Rizzo
06 Dicembre 2013
Ieri il presidente della Repubblica ha chiuso una giornata di scontri politici cercando di placare gli animi: «La Consulta non mette in discussione la legittimità delle Camere». Ecco quali punti critici rallentano la modifica della legge elettorale

«Il Parlamento è pienamente legittimo»: con queste parole Giorgio Napolitano ieri ha chiuso da Napoli una giornata politica convulsa e di scontri, dopo che i deputati del Movimento cinque stelle hanno abbandonato la Camera in segno di protesta. La sentenza della Consulta ha scatenato un effetto boomerang che rischia di essere sempre più pericoloso, con il passare dei giorni, davanti all’immobilità dei lavori di riforma elettorale. Proprio per ristabilire un ordine istituzionale che sembrava essere messo pericolosamente in discussione, il Presidente oggi ha detto che «È la stessa Corte Costituzionale che non mette in dubbio la legittimità del Parlamento e nella sua sentenza afferma espressamente che l’attuale Parlamento può ben approvare una riforma della legge elettorale».

CANTIERE RIFORMA. Certo però Napolitano non ha potuto non lanciare un richiamo ai lavori di riforma elettorale, che da mese giacciono in un pantano di stasi. Per Napolitano la riforma è senza dubbi «ormai imperativa», perciò «il problema resta quello della volontà politica di ribadire il già sancito, dal 1993, superamento del sistema proporzionale». Il problema, anche se Napolitano non lo ha detto pubblicamente, è anche che le ipotesi sul tavolo per la riforma sono diverse e non si riesce ancora a trovare un accordo. Le bozze che stanno circolando in queste ore mostrano soprattutto tre punti critici: ok al sistema proporzionale, ma dopo meglio un sistema come quello tratteggiato da Luciano Violante ieri, alla tedesca, con soglia di sbarramento molto alta (che permetterebbe di mantenere un pieno bipolarismo) e un premio di maggioranza del 15 per cento; oppure un sistema che piacerebbe a molti, tra cui lo stesso Matteo Renzi, alla francese con doppio turno e premio alla coalizione vincente? Poi c’è il nodo Senato: Renzi spinge per una camera delle Regioni e dei Comuni, il governo lavora ad un assemblea elettiva e alla riduzione del numero dei senatori a 200. E infine, nel caso di riduzione, quanti dovrebbero essere i deputati? Al momento le posizioni dei partiti sono sempre più distanti nelle risposte che offrono a queste domande.

GOVERNO AL LAVORO. Intanto è il Governo che sta cercando di mettere una toppa, cercando di dare un avvio più ordinato ai lavori. I ministri alle Riforme istituzionali Gaetano Quagliariello e ai Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini si sono incontrati ieri e sarebbe al vaglio l’ipotesi di dividere i lavori sulle riforme istituzionali e quelli sulla legge elettorale tra le due camere e dare il via ad un calendario di lavoro a partire da gennaio 2014.

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