
Mosul. «Se sbagli a parlare, ti tagliano la lingua. Siamo prigionieri dello Stato islamico: il futuro è morto»
«Se potessi andarmene, lo farei. Ma siamo come prigionieri sotto il loro controllo, non è possibile. C’è gente che ci accusa di voler vivere sotto lo Stato islamico volontariamente, ma non è così». La voce che si sente a Weekend, programma del Bbc World Service, è quella di una vedova di Mosul, madre di un bambino di otto anni.
«SPAVENTATA PER LUI». La città che a giugno è stata conquistata dai terroristi ha riaperto le scuole a settembre e il figlio della donna, che preferisce rimanere anonima, va in terza elementare: «Lo mando a scuola, anche se preferirei tenerlo a casa. Sono spaventata per lui. Non voglio che veda le cose terribili che accadono per strada: armi, veicoli blindati, militanti in uniforme nera».
«LAVAGGIO DEL CERVELLO». «Tutto è cambiato – continua – per i bambini a scuola. Anche le cose più semplici come chiamare il paese “Repubblica dell’Iraq”. Oggi bisogna dire Stato islamico». La madre racconta che a scuola il figlio non studia più fisica, matematica, musica o educazione fisica. Tutto è stato «rimpiazzato da versi del Corano, da leggere o cantare. Temo che mio figlio subisca il lavaggio del cervello». Non solo: «Mio marito è stato ucciso dallo Stato islamico e io ho paura perché mio figlio continua a dire: “Queste sono le persone che hanno ucciso mio papà”. E se gli scappa detto fuori di casa? Queste è gente spietata e gli farebbero cose orribili».
«TI TAGLIANO LA LINGUA». La madre irachena rivela anche che a Mosul mancano «elettricità e gas» e una donna «non è libera. Deve per forza vestire il niqab e non può uscire di casa senza un “protettore”. È come se fossimo tornati all’anno 10 del calendario islamico (632, quando morì Maometto, ndr)». Ecco perché la donna afferma di «essere prigioniera. Ti tagliano la lingua anche solo se ti rivolgi a loro con il termine Isis. Devi dire Stato islamico ora. (…) Alle giovani generazioni poi è stato tolto tutto».
«IL FUTURO È MORTO». Alle consuete restrizioni («niente sigarette, niente vestiti» moderni) se ne è aggiunta un’altra: «In base alle nuove regole, non puoi neanche uscire di casa a meno che non vai a trovare qualcuno e allora devi dire [ai terroristi] dove ti stai recando. Stanno anche passando casa per casa con lo scopo di trovare gli ex ufficiali di polizia. Non sappiamo dove li portano né cosa vogliono fare. Noi non sappiamo niente», tranne che «non c’è futuro. Il futuro è morto».
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Gentile redazione,
Siamo due studentesse presso la Johannes Gutenberg Universitaet in Mainz, con sede a Germersheim, presso il FB 06 Translations-, Sprach- und Kulturwissenschaft. Nell’ambito di un corso di traduzione dall’italiano al tedesco, abbiamo deciso, insieme al nostro titolare di cattedra, di aderire al progetto “Translate for Justice” (link al sito: http://translateforjustice.com/). Si tratta di un progetto no-profit di traduttori freelance che si occupano a livello internazionale di tradurre articoli, saggi o testi di vario genere in ambito di diritti umani. Nel link precedentemente inserito, potrete trovare tutte le spiegazioni e gli obiettivi del progetto spiegati in maniera più esaustiva. Come partecipanti a questo progetto, vorremmo presentare una nostra proposta di traduzione del Vostro articolo dal titolo “Mosul. «Se sbagli a parlare, ti tagliano la lingua. Siamo prigionieri dello Stato islamico: il futuro è morto»”
(link all’articolo:https://www.tempi.it/mosul-testimonianza-madre-stato-islamico-isis-scuola#.VIncFTGG-Sr) , previo Vostra autorizzazione alla pubblicazione del nostro lavoro sul sito stesso, ovviamente con l’inserimento di tutte le fonti necessarie, in modo tale da essere quanto più possibilmente conformi alle leggi sul copyright.
Aspettando un Vostro gentile riscontro,
Distinti saluti,
Boyko Bohdana
Sorice Sara