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Mostra – A Genova si scava nella sensibilità creativa del pittore dell’Urlo
Oslo è da più di un anno che si prepara a festeggiare con una serie di retrospettive cittadine i 150 anni di Edvard Munch, pittore ultra noto per quell’Urlo che ci ha stregato tutti, ma che ben poco racconta del percorso artistico e dei veri interessi dell’artista norvegese. E mentre a Zurigo, alla Kunsthaus ci si concentra sulla sua produzione grafica, in Italia, al Palazzo Ducale di Genova, che gli dedica fino al 27 aprile 2014 una grande retrospettiva intitolata a suo nome, si prova a scavare nella sensibilità di questo artista mitico e misterioso cercando di coglierne al meglio la poetica creativa. Ma chi era veramente Edvard Munch? Più che le ricerche biografiche, le risposte ce le danno le opere che ci ha lasciato, soprattutto i numerosi ritratti e qualche nudo, che testimoniano il suo interesse per la resa delle emozioni dell’uomo civilizzato, che quotidianamente affronta momenti di angoscia, di solitudine, di serenità, di confusione, di felicità e di dolore. Edvard, dunque, predilesse fin da subito l’introspezione, al contrario dei suoi contemporanei che si interessavano principalmente al rapporto dell’uomo con la natura e alla rappresentazione sociale del mondo.
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Ma anche la scelta di tecnica e stile ci racconta molto della sua personalità. Influenzato dalla bohème di Kristiania (oggi Oslo), egli si oppone allʼImpressionismo, al Simbolismo, al Naturalismo e si inventò una forma di espressione artistica che, tra sovrapposizioni di colori e raschiamenti della superficie pittorica, diede uno schiaffo a tutto ciò che, sin da bambino, gli era stato presentato come regola sociale. Una scelta di ribellione che lo accomuna ad interpreti come Picasso, Braque, Dubuffet e Pollock che, prima degli altri, ruppero con tutte le convenzioni alle quali li avevano abituati gli artisti e i movimenti precedenti, aprendo la strada al modernismo. Interessante notare come nel periodo più maturo della sua carriera artistica la sua attenzione fu catturata da Vampiri e Madonne, soggetti accomunati da quegli stessi occhi tragici, fissi e malinconici. Sono in realtà il simbolo sacro e profano della vita e della morte, temi che, raccontati con un abbondante uso di rosso e nero, furono molto cari all’artista fin dalla sua giovinezza, quando affermava che <<lʼarte è il sangue del cuore umano>>.
Ecco chi era veramente Edvard Munch: un ribelle, un innovatore, un uomo riflessivo e sensibile, le cui opere si sono anche prestate a originali rivisitazioni, come quelle di Andy Warhol che chiudono la retrospettiva al Palazzo Ducale, che presentano l’Urlo e la Madonna con le fattezze moltiplicate, colorate e smitizzate tipiche del padre della pop art americana.
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