
È morto Giorgio Napolitano, il riformista prudente

È morto a Roma questa sera, venerdì 22 settembre, Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica per due mandati consecutivi, dal 2006 al 2015. Aveva 98 anni e si è spento nella clinica in cui era ricoverato a causa di una lunga malattia. Napolitano, da studente impegnato nella Resistenza, poi funzionario del Pci, dalla seconda metà degli anni Sessanta protagonista della scena nazionale, fa parte di quel ceto politico, spesso colto e preparato, che dopo la Seconda Guerra mondiale, nonostante la rottura determinata dalla Guerra fredda, ha tenuto insieme l’Italia e ne ha permesso il rilancio.
Nel partito di Palmiro Togliatti, poi di Luigi Longo e infine di Enrico Berlinguer, Napolitano ha rappresentato l’area del comunismo italiano più pragmatica e riformatrice. Ha svolto questo ruolo talvolta con qualche prudenza in più del suo maestro Giorgio Amendola, ma impegnandosi anche in battaglie politiche aperte come quella di critica alla questione morale berlingueriana.
Dopo il 1992, riassorbite le rotture della Guerra fredda, ha cercato di aiutare un ordinato evolversi della politica nazionale da presidente della Camera o da ministro dell’Interno.
Monti al posto di Berlusconi
Nella sua ultima fase politica, quella da presidente della Repubblica, ha cercato di evitare uno scontro tra Stati membri dell’Unione europea, innanzitutto con la Francia di Nicolas Sarkozy e la Germania di Angela Merkel, intervenendo con decisione nella politica nazionale.
Una riflessione storica un po’ più distaccata dall’attualità consentirà di giudicare con maggiore serenità la sua scelta di commissariare l’Italia con Mario Monti, di sostenere un governo di unità nazionale mentre il capo di una delle parti coinvolte in questo tentativo (Silvio Berlusconi) che fu dimesso dal Senato senza che il Quirinale tentasse di usare il suo potere di grazia, con poi una serie di governi combinati dall’alto senza ricorrere al voto popolo.
Declassamento politico
Si tratterà di valutare se quelle intraprese da Napolitano fossero le uniche o le migliori mosse possibili, se si abbia così contribuito a stabilizzare la nostra democrazia o se si abbia provocato invece un nostro declassamento politico, manifestatosi, tra l’altro, anche in un voto a un movimento improvvisato come i 5 stelle arrivati nel 2018 al 32 per cento.
E infine bisognerà capire se alcuni segni di risanamento della situazione politica nazionale in parte leggibili nella realtà attuale siano frutto anche della strategia di Napolitano o si siano di fatto determinati in opposizione alla passata citata strategia.
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