
Morsi vieta alla tv egiziana di «trasmettere canzoni romantiche. Solo inni patriottici per il referendum»
In vista del referendum popolare per approvare la Costituzione, la televisione di Stato egiziana ha proibito di trasmettere sui suoi 23 canali «canzoni romantiche o appassionate». La decisione presa ieri dal presidente dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi permette alla tv di Stato di trasmettere solo «canzoni patriottiche che meritano di essere mandate in onda».
«DITTATURA FASCISTA». La misura del presidente sembra confermare quando detto pochi giorni fa dal portavoce della Chiesa cattolica egiziana p. Rafic Greiche: «Quando l’Islam diviene politicizzato si trasforma automaticamente in una dittatura fascista. E ora siamo di fronte alla minaccia dell’introduzione della sharia come prima fonte di diritto. Introduzione che avrà gravi ripercussioni non solo nella vita dei cristiani, ma di tutti gli egiziani che chiedono pace e giustizia».
REFERENDUM. Il 15 e 22 dicembre gli egiziani si recheranno alle urne per approvare la nuova Costituzione. I gruppi di opposizione, dopo proteste in piazza e scontri con gli islamisti, hanno chiesto a tutti di andare a votare per il “no”, invece di boicottare il referendum. La Costituzione, infatti, è stata redatta a colpi di maggioranza da un’Assemblea costituente per lo più islamista e dalla quale i membri liberali, socialisti e cristiani si sono ritirati perché «Fratelli Musulmani e salafiti non vogliono l’unità nazionale» ma solo promuovere la legge islamica.
«SOLO CANZONI APPROPRIATE». A fomentare gli animi degli egiziani è stata la decisione di Morsi di emanare una Dichiarazione costituzionale (poi ritirata in parte) con la quale si è arrogato poteri assoluti da «dittatore» maggiori di quelli di Mubarak e di accelerare i tempi per approvare una Costituzione che non rispecchia tutte le anime del popolo egiziano. Forse nel disperato tentativo di evitare che la situazione degeneri, Morsi ha deciso che da oggi al 23 dicembre le canzoni troppo «emotive» non dovranno essere trasmesse «perché non sono canzoni appropriate allo stato attuale del paese». Agli occhi degli egiziani, però, questa appare come l’ennesima decisione degna di un dittatore e non di un presidente democraticamente eletto dal popolo.
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