Mission Impossible Quirinale. Le “non candidature” di Prodi e Berlusconi

Di Emanuele Boffi
28 Novembre 2021
La trama è la stessa, ma la prova attoriale è agli antipodi. E se accadesse l'inaudito il finale sarebbe completamente diverso
Le sagome di Romano Prodi e Silvio Berlusconi sopra un carro durante la sfilata del carnevale di Viareggio (Lucca), nel 2008
Le sagome di Romano Prodi e Silvio Berlusconi sopra un carro durante la sfilata del carnevale di Viareggio (Lucca), nel 2008

C’è un solo modo per diventare presidente della Repubblica: non dire che si vuole diventare presidente della Repubblica. Le somiglianze tra le strane “non candidature” di Silvio Berlusconi e Romano Prodi si fermano qui, perché poi nell’interpretazione della “grande ipocrisia” i due superbi attori della politica italiana differiscono in tutto.

Dettagliamo: il plot, la trama, è la stessa, ma il modo – la prova attoriale – è agli antipodi. Un po’ come Ben Hur e il suo remake: un conto è Charlton Heston, un conto è Jack Huston.

Alla Berlusconi

La “non candidatura” di Berlusconi al Colle è la “non candidatura” di chi a domanda esplicita nega, ma poi strizza  l’occhiolino. È una “non candidatura” così sfacciatamente allegra che assume la regola del gioco per ribaltarla, mandando in soffitta «come un’anticaglia paramassonica l’esoterismo delle procedure da seggio elettorale segreto, senza candidature né discussione», come ha scritto Giuliano Ferrara con la solita prosa scintillante.

Berlusconi sta nel gioco del “non dire” alla sua maniera, cioè “alla Berlusconi”, cioè dicendo molto e apertamente, pure troppo, con atteggiamenti e sorrisi che sparigliano il campo sempre: battute fuori copione e smargiassate di che se impipa delle liturgie e pomposità quirinalizie.

Berlusconi Capo dello Stato è un pensiero stupendo che diverte moltissimo noi – che non ci crediamo – e terrorizza moltissimo gli avversari – che ci credono.

Alla Prodi

Esattamente la tattica opposta di Prodi che segue invece il percorso classico (il nuovo libro, le comparsate in tv, le interviste con l’immancabile domanda sul Quirinale e i “no, no, no” di circostanza), in cui l’ex presidente dell’Iri elargisce battutine che grondano bontà da tutti gli artigli.

Prodi cerca rivincite; come Silvio ha molto combattuto, molto vinto e molto perso e il Quirinale sarebbe per lui l’ultima ricompensa per aver molto fatto e disfatto, un Oscar alla carriera. Ma l’interpretazione del professore segue il canovaccio prefissato, non svirgola, non esce dal seminato, non fa “errori”, non improvvisa la battuta non prevista dal copione.

Un finale diverso

È ovvio che stiamo assistendo a Mission: impossible, però, se mai si verificasse l’inaudito e l’inaspettato, il finale sarebbe diverso. Prodi al Quirinale sarebbe celebrato con il solito cerimoniale, il finto happy end e scontato coronamento ipocrita della “grande ipocrisia”. Berlusconi al Colle sarebbe invece l’inizio del blockbuster, col capo dello Stato Silvio che nomina Romano senatore a vita, perfetto colpo di scena e supremo sberleffo tutto da godere.

Foto Ansa

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