Mimmo Lucano e la giustizia “a prescindere”

Di Emanuele Boffi
01 Ottobre 2021
La condanna per l'ex sindaco di Riace è dura, e ancora una volta parte il bailamme di commenti. Con il solito cortocircuito sulla moralità del condannato
L'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, durante la manifestazione contro la presenza di Matteo Salvini a Riace, 17 gennaio 2020
L'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, durante la manifestazione contro la presenza di Matteo Salvini a Riace, 17 gennaio 2020

Tredici anni e due mesi per l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, sono tanti, soprattutto se confrontati con quelli richiesti dall’accusa, 7 anni e 11 mesi. Quasi il doppio, insomma, e le cifre fanno il loro effetto.

Una così severa condanna è stata motivata dal tribunale che lo ha riconosciuto colpevole di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio. Se dovesse essere confermata anche nei prossimi gradi di giudizio, Lucano uscirebbe dal carcere a 76 anni. Siamo solo al primo grado di giudizio, e vedremo come andrà a finire, ma resta il fatto che 13 anni sono tanti, è una pena che si dà agli assassini.

Le parole di Salvini

Poiché la sua vicenda ha tracimato le cronache locali ed è diventata nazionale, ancora una volta si è avuto conferma del rapporto malato che c’è in Italia tra politica, giustizia e media. Non era trascorsa nemmeno un’ora dalla notizia della sentenza che Matteo Salvini già attaccava a testa bassa: «Altro che dare la caccia agli omosessuali nella Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni di carcere!». 

Quand’è che imparerai, Matteo? Non sono passati che pochi giorni dalle belle parole in difesa dell’amico Morisi, e già ricaschi nel solito fegatoso giustizialismo da quattro soldi? Che senso ha raccogliere le firme per il referendum sulla “giustizia giusta” e poi alimentare il solito clima da gogna?

Disobbedienza civile?

Come ha notato Mattia Feltri sulla Stampa, non è che a sinistra le cose vadano meglio. Da quelle parti, Lucano era stato trasformato in un Mandela del Meridione. Il Comune di Milano gli aveva dato la cittadinanza onoraria, aveva ricevuto il premio per la Pace a Dresda, la Rai aveva preparato una fiction su di lui con protagonista Beppe Fiorello, dal Los Angeles Times a Fortune Mimmo era acclamato come un Garibaldi, persino papa Francesco gli aveva fatto i complimenti. Mancava solo che Lucano apparisse alla Madonna, ma per il resto la santificazione era completa.

Così, sebbene su di lui esistano prove di malagestione della vicenda migranti, la sinistra ha sempre fatto finta di non vederle. Perché? Perché Lucano “faceva del bene”.

Ha scritto oggi Filippo Facci su Libero:

«”Per disattendere queste leggi balorde, vado contro la legge” ammetteva Lucano in un’intercettazione. “Disobbedienza civile: questa è l’unica arma che abbiamo per difendere non solo i diritti degli immigrati, ma i diritti di tutti” commentava comodo il classico Roberto Saviano, protetto e da lontano».

Sharia da Repubblica delle banane

Qui, ancora una volta, è il punto. Le indagini e le sentenze dovrebbero basarsi sui fatti, non sulla moralità degli imputati, altrimenti, come scrive sempre Feltri sulla Stampa, «si finisce col pensare che Salvini andasse condannato perché la sua politica era pessima e Lucano assolto perché la sua politica era ottima».

Che è un po’ quello che accade spesso in Italia, purtroppo. Solo che sia la sinistra, soprattutto, sia la destra è da trent’anni che non riescono ad uscire dal paradigma secondo cui un reato è tale a seconda di chi lo compie o un uomo è innocente a seconda della sua presentabilità pubblica.

Per cui Formigoni è colpevole a prescindere e Lucano è innocente a prescindere. Ma questa non è giustizia, è sharia da repubblica delle banane.

Foto Ansa

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