Migliaia di persone davanti a un bambino. Accade in via Martinengo, periferia di Milano, come duemila anni fa

Di Benedetta Frigerio
13 Dicembre 2012
Giovedì 20 dicembre il presepe vivente che da più di vent'anni coinvolge uno dei quartieri più poveri della città di Milano: l'iniziativa delle Suore della Carità dell'Assunzione

Nei quartieri periferici di Milano capita che ci sia ancora qualcuno che esclama: «Questo è Dio!». Lo fa davanti a un bambino che piange dentro una Chiesa parrocchiale. Lei è una mamma che da un po’ di tempo frequenta le Suore della Carità dell’Assunzione nel convento di via Martinengo 12. Qui ci porta il figlio per il doposcuola e da qui è partito il Presepe Vivente a cui ha partecipato insieme ad altre famiglie del quartiere di Corvetto, molte di loro non cristiane e di origine musulmana.

COSTRUITO DAI BAMBINI. Il Presepe Vivente si ripete qui da più di 20 anni. «Il punto era far capire ai bambini del doposcuola che cosa fosse il Natale: un fatto presente da attendere e a cui prepararsi. Perché se non lo aspetti, un neonato in una capanna non lo noti» spiega Bruno Calchera, fra i primi organizzatori del gesto. In effetti tutto l’Avvento i bambini lo passano a prepararsi. Ci sono i vestiti da cucire e i canti da imparare alla perfezione. «Sanno che deve essere tutto bello, semplice ma bello. Così si accorgono che i protagonisti sono loro, che senza di loro il presepe non ci sarebbe. E vedere l’aspettativa e l’impegno che ci mettono i bambini costringe anche noi adulti ad aspettare il Natale come loro, ad accorgercene di nuovo ogni anno. Per questo lo vogliamo rifare anche se costa molte energie». In effetti i partecipanti sono ormai 2000 e le suore e chi le aiuta devono cucire, allestire le scene, pensare al servizio d’ordine, alla comunicazione. «Poi c’è la stampa. Spesso viene anche la Rai, che una volta ci ha ripresi come augurio di Natale».

IL GESTO. Quest’anno tutto avrà inizio alle 20.45 di giovedì 20 dicembre. Davanti al convento la prima scena dell’annunciazione e della visitazione. Poi ci sono i Re Magi che vengono convocati da Erode, il quale finge di volere adorare il Salvatore. Infine, l’annuncio degli angeli ai pastori. «Sono le diverse posizioni con cui ogni uomo può stare di fronte alla venuta di Gesù», continua Calchera. Poi la folla prega il rosario e canta per le vie del quartiere, fino alla parrocchia dove c’è la capanna con i pastori che raccolgono i doni fra i presenti: «Sono le offerte che si chiedono da portare al bambino. Il fatto che vadano alla Ong Avsi fa capire che quel bambino lo stiamo visitando e onorando realmente ora. Infine arrivano i Re Magi e l’omelia sul Natale di don Stefano Alberto». A conclusione di tutto le famiglie si riuniscono con le suore per gli auguri. Ma come ha fatto quella madre ad esclamare «Questo è Dio»? Calchera ricorda che «quello del presepe non è un invito sporadico, ma viene da un fatto a cui le famiglie partecipano tutto l’anno. L’amicizia con le suore e con i volontari del doposcuola è qualcosa che entra nelle loro case, spesso introducendo una novità. Che può anche portare alla grazia del riconoscimento di quella donna avvenuto davanti al bambinello».

@frigeriobenedet

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.