
«Mi dicevano: sua figlia è malata, abortisca». Storia della piccola Logan, «il nostro miracolo»
«Quando Kellie era al nono mese di gravidanza abbiamo visto che la piccola aveva un’emorragia cerebrale. Il rischio che nascesse handicappata era del 50 per cento. Così abbiamo proposto ai genitori di abortire», sono le parole di un medico del Chelsea Westminster Hospital di Londra riportate l’11 giugno scorso dal quotidiano inglese Daily Mail, che ha raccontato la vicenda di una donna inglese, Kellie Burville, di 27 anni, la quale non ha voluto dare ascolto né ai medici né ai loro pronostici, ma solo alla vita che portava in grembo.
Tutto ebbe inizio quando la donna, oramai a 36 settimane di gravidanza, fu sottoposta a un’ecografia per controllare la posizione della bambina in utero. Racconta Kellie: «Quando il medico iniziò l’ecografia si fece calmo. Andò dal primario, ma era già andato a casa. Perciò ci disse di tornare il lunedì successivo. Gli chiesi se qualcosa non andasse, ma lui ci rispose che non era tenuto a dirci nulla. Passammo un fine settimana davvero lungo e terribile. Non sapevamo cosa non andasse». Kellie e il compagno Callum, di 23 anni, una volta tornati in ospedale, scoprirono che la piccola aveva sofferto di un’emorragia cerebrale e che il suo cervello era severamente danneggiato. I medici sostenevano che la bambina difficilmente sarebbe sopravvissuta alla nascita. E nonostante la donna fosse ormai al termine della gravidanza le proposero di abortire. «In quel momento ci crollò il mondo addosso. Guardai Callum e scoppiai in lacrime», racconta Kellie. «Il medico ci spiegò che se anche la piccola fosse sopravvissuta, non sarebbe stata in grado né di camminare né di parlare. Sarebbe stata incapace di nutrirsi e non avrebbe saputo chi eravamo. Ma l’idea dell’aborto non mi ha sfiorato nemmeno per un secondo». I medici, poi, mostrarono ai genitori l’ecografia in cui la testa della bambina era più grande del normale, per via del fluido nel suo cervello. «Ci dissero – continua la donna – che avremmo proseguito con il cesareo, ma che poi non avrebbero fatto nulla per la nostra piccola: non l’avrebbero sottoposta a nessuna cura dopo la nascita. A maggior ragione non credevamo che sarebbe sopravvissuta. Io e Callum provammo a non pensarci, ma intanto pensavamo alle canzoni per il funerale».
Kellie, intanto, fu portata in sala parto. La piccola nacque e, sorprendentemente, pianse: «È stato incredibile sentirla. Nostra figlia era viva. La sua testa era normale e subito si è attaccata al seno». La piccola aveva solo pochissime piastrine nel sangue, ma bastò una trasfusione a regolarizzarle. I medici, tuttavia, rimasero scettici sulle possibilità di sopravvivenza. E la famiglia fu spostata in una stanza per spendere gli ultimi momenti insieme. «Un’ostetrica entrò e mi chiese se volevo battezzare mia figlia. Il mio grembo era già stato benedetto». La piccola fu battezzata con il nome di Logan. Ma continuò a vivere. Dopo la trasfusione, le piastrine rimasero stabili. Quattro mesi dopo i medici furono costretti ada ammettere: «La piccola vivrà». E la famiglia poté tornare a casa. «Ora fa tutto quello che ti aspetti da una bimba sana. Lei è il mio miracolo», conclude Kellie. Mentre papà Callum spiega la meraviglia di «vederla fare tutte le cose che i medici dicevano che non sarebbe mai stata in grado di compiere».
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