
La preghiera del mattino
Messina Denaro. Si attendono riflessioni autocritiche da chi voleva abbattere Mori

Su Affaritaliani si scrive: «Il M5s si prepara ad affrontare le elezioni regionali in Lombardia e Lazio, ma l’attenzione di Giuseppe Conte sembra già rivolta verso le successive consultazioni elettorali, quelle ben più importanti per il leader dei grillini, le Europee del 2024. Per questo Conte – si legge su Libero – starebbe già lavorando all’individuazione delle figure giuste per il Movimento. L’ex premier adesso vuole alzare l’asticella ed è convinto di aver trovato un nome di alto livello, in grado di consentirgli di pescare bene nell’elettorato pacifista e cattolico. Quello di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani. Per ora è un’indiscrezione che filtra nella cerchia ristretta del giurista, ci vorrà un anno per sapere se l’operazione andrà in porto».
La Chiesa deve parlare ai popoli di tutto il mondo, ed è comprensibile che cerchi compromessi anche con un regime autoritario come quello di Pechino per raggiungere e difendere i milioni di cattolici che vivono anche in Cina. Tradurre direttamente questa santa missione in politica però è pericoloso, perché non tiene conto dell’iniziativa di Xi Jingping tesa a divedere e condizionare l’Occidente. Non sono pochi quelli che cadono in questo errore e si collegano a un movimento che più che da una tensione ecumenica, è molto condizionato dal nichilismo combinato da spirito affaristico di Beppe Grillo.
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Su Formiche Giuseppe Ayala scrive: «È stata la dimostrazione del fatto che abbiamo delle forze di polizia di cui andare orgogliosi. Perché è stata un’operazione ineccepibile dal punto di vista di polizia giudiziaria. Certo, dopo trent’anni di latitanza, questo è un dato che non possiamo dimenticare. Ma è comunque una conferma della grande qualità delle nostre forze di polizia. Una bella indagine condotta con professionalità, pazienza e coronata dal successo».
A proposito della professionalità di coloro che hanno catturato Matteo Messina Denaro, tra le tante dichiarazioni rilasciate in questi giorni da magistrati che hanno accompagnato la loro eroica lotta alla mafia con uno spirito particolarmente fazioso, come ad esempio Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato, non abbiamo registrato nessuna riflessione autocritica sui possibili danni che avrebbe causato, anche nell’impegno per catturare il capo mafioso, quella cercata condanna definitiva del generale Mario Mori, uno dei più brillanti allievi di Carlo Alberto Dalla Chiesa e tra i più capaci costruttori di un corpo come quello dei Ros, decisivo nella cattura di Messina Denaro.
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Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «E tutto finì in una bolla di sapone. Il caso Metropol, con l’accusa alla Lega di aver intascato tangenti di finanziamento illecito al partito da parte di petrolieri russi, si è rivelata una clamorosa fake news. La bufala, sapientemente costruita dai soliti giornali d’inchiesta di sinistra (vera e propria “macchina del fango”), è stata in questi anni una formidabile arma di lotta politica nelle mani dei leader di quella parte politica, che l’hanno cinicamente usata contro Matteo Salvini e il suo partito, presentati come corrotti e servi di potenze straniere. Un vero e proprio teorema di cui la procura di Milano non ha potuto fare altro che accertare l’inconsistenza, chiedendo l’archiviazione della pratica. Siamo sicuri che nessuno chiederà ora scusa a Salvini e la notizia sarà data in poche righe di giornale e in rapidi passaggi televisivi e poi dimenticata».
Contrastare la mafia senza intercettazioni è impossibile. Ma è anche impossibile rompere quel circuito tra magistratura militante e media, insieme mainstream e faziosi, che anche grazie alle intercettazioni hanno alimentato campagne, per parlare solo di quelle recenti, come quelle contro Carlo Fidanza e Salvini?
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Su Dagospia si riprende un articolo di Federico Capurso sulla Stampa dove si scrive: «Non è un caso, fa notare Amato, che questi dieci anni di storia “finiscano proprio con le ultime elezioni, vinte dall’unico partito che era rimasto tale, rimanendo sempre all’opposizione”. Fratelli d’Italia, nell’analisi dell’ex presidente della Corte costituzionale, ha anch’esso goduto dell’ultimo di una lunga serie di “scossoni del consenso”: quello della Lega di Matteo Salvini. Ma una volta vinte le elezioni, dice Amato, ha potuto “esprimere una presidente del Consiglio che non ha l’aria dell’inquilina”, ma che vive palazzo Chigi con una chiara legittimazione politica ottenuta dal voto».
Sia pure defilato e con il suo stile da colto nonché convinto democratico, anche Amato ha contribuito in questo trentennio a definire quel governo “dall’alto e da fuori” che ha caratterizzato la politica italiana. Da persona intelligente però oggi anche lui si è accorto che questo tentativo con le elezioni del 25 settembre del 2022 è stato interrotto e che l’Italia torna ad avere dopo almeno 11 anni un governo legittimato dal voto. Certamente anche questo esecutivo potrebbe non durare. Così prevede un altro politico che poco confida nella base popolare del potere politico e appunto per questo cerca di minimizzare la dialettica destra-sinistra, per puntare su una legittimazione estranea a queste vecchie superstizioni, cioè Matteo Renzi. Secondo lui tutto potrebbe finire nel 2024. Anche un intrigante di qualità come il politico di Rignano dovrebbe però sapere che le guerre non si possono combattere sempre nello stesso modo, perché chi combatti molto spesso ha imparato la lezione del passato.
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