
Menichini: «Renzi non è guidato da Veltroni ma non è forte come Monti»
Big Bang. Non è solo l’evento da cui è scaturito l’universo, non è solo una canzone di Jovanotti, ora è anche il nome di una convention politica dei cosiddetti “Rottamatori” organizzata per il 28-29-30 ottobre dal sindaco di Firenze Matteo Renzi. «E’ un’iniziativa molto ambiziosa» spiega a Tempi.it Stefano Menichini, direttore dell’Europa. «Se Renzi vuole creare un nuovo universo politico, direi che non è una cosa da poco. Sono certo che è destinato ad avere successo, ha tutte le qualità del politico contemporaneo».
Quali sono queste qualità?
E’ molto bravo a spiazzare i suoi interlocutori, usa un linguaggio diretto e immediato, per questo emerge rispetto ad altri politici che usano termini più professionali e ingessati. E poi, a quanto mi risulta, a Firenze sta dimostrando di sapere anche governare. Senza contare che è riuscito a guadagnare i consensi di elettori di sinistra e destra.
La convention è una mossa per lanciarsi alla conquista del Pd e dell’Italia?
L’Italia in questo momento è una prospettiva molto difficile, gli italiani hanno bisogno di eleggere a capo del paese persone con le spalle larghe, capaci e competenti, non solo affabulatori e bravi parlatori. Vengono richieste anche capacità tecniche che Renzi deve ancora dimostrare di avere. Serve, insomma, un peso massimo come Berlusconi, Draghi o Prodi. Anche Monti è un nome importante. Invece ci sono altri come Montezemolo che devono ancora dimostrare il loro peso specifico. Renzi, se vuole entrare nel gruppo dei grandi, deve fare un salto di qualità.
A leggere i giornali di oggi, sembra che Renzi sia fortemente appoggiato e spinto da Walter Veltroni.
Renzi finora si è sempre tenuto alla larga da relazioni con gli altri leader del Pd. Ed è per questo che il sindaco di Firenze non ha perso credibilità, come invece è successo ad altri. Perché ancora è fuori dai giochi. Se c’è un patto tra Renzi e Veltroni, l’hanno tenuto nascosto molto bene perché secondo me non ce n’è traccia. Io non ci credo per due motivi: il primo è che Renzi è incontrollabile, in senso positivo, e non penso che a Veltroni faccia comodo nascondersi dietro di lui né credo che a lui piaccia farsi usare come arma contro altri. In secondo luogo, ritengo che Veltroni abbia ancora molte cose da dire in proprio senza bisogno di farle dire ad altri.
L’impressione è che Veltroni voglia fare le scarpe a Pier Luigi Bersani. Come sono i rapporti tra queste due anime del partito?
La differenza tra Bersani e Veltroni è molto chiara: la parte che fa capo al primo ritiene di potere vincere le elezioni restando ferma sull’elettorato di sinistra. Questo significa rimanere con gli alleati storici della sinistra, senza però escludere un possibile patto con i centristi. La parte che fa capo a Veltroni, invece, ritiene che la mission del Pd sia conquistare anche i voti lasciati orfani dalla disfatta di Berlusconi. Bersani è sicuramente meno ambizioso, anche se forse è più realistico.
Lei cosa ne dice?
Io so che il Pd, quando è stato fondato, voleva essere un partito che parlasse a tutti. Credo che questa ambizione debba essere ancora coltivata, l’Italia ha bisogno di questo. Se il Pd non ci prova, corre il grosso rischio che alla sconfitta di Berlusconi non corrisponda la vittoria del Pd. C’è insomma il rischio che un altra formazione di centrodestra, oppure un outsider, prenda il suo posto. E siccome io voto democratico, spero proprio che non succeda.
Nel caso che il governo non arrivi in fondo alla legislatura, secondo lei, è più probabile che si vada subito al voto o che venga nominato un governo tecnico?
E’ più probabile il voto immediato, anche se non è la soluzione ideale.
Perché?
C’è bisogno che un governo di transizione faccia una legge elettorale dignitosa e ponga le basi per la ripartenza dell’economia. Un governo che faccia, insomma, tutto quello che questo, per mancanza di credibilità politica e morale, non riesce a fare.
Se si va al voto, chi guiderà il Pd? Veltroni non sembra sicuro che a farlo sarà Bersani.
Se si va alle elezioni tra cinque mesi, è quasi certo che sarà Bersani il candidato. Ma siccome è preferibile un’alleanza più ampia nell’immediato per guidare il paese, è chiaro che il leader in questo caso potrebbe anche essere qualcun altro, un personaggio slegato dai partiti.
Bersani gode ancora della fiducia del suo partito?
Come persona ha la fiducia del 200% del partito.
E come leader politico?
Ha commesso degli errori, è innegabile. Per me dovrebbe correggerli e puntare più in alto. Non so del resto chi altri potrebbe prendere il suo posto all’interno del partito.
Rosy Bindi, ad esempio?
E’ troppo debole. Però, come la storia insegna, il Pd è un partito scalabile. Personaggi come Enrico Letta o Matteo Renzi potrebbero farsi avanti.
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