
Melissa Bassi, la tragedia e l’esempio di Brindisi
Melissa Bassi è morta a 16 anni, dilaniata dall’esplosione di una bomba mentre si preparava a compiere il gesto più ordinario per una ragazzina della sua età: andare a scuola. Altre cinque ragazze sono rimaste ferite e Veronica Capodieci, anche lei sedicenne, ha lottato a lungo fra la vita e la morte. Si è risvegliata, ma ha subìto una ricostruzione toracica e porterà per sempre i segni di quel tragico 19 maggio del 2012. Chi ha piazzato quell’ordigno facendolo esplodere a pochi minuti dal suono della campanella, cercava una strage. Una strage di ragazzine con lo zainetto in spalla e le mollettine colorate nei capelli. Ragazzine di Brindisi, che è tutt’altro che una roccaforte della criminalità organizzata. Su questo tratto di mare Adriatico non ci sono le sparatorie per strada e le guerre fra bande. La piovra non abita qui e anche la tanto evocata Sacra Corona Unita è un polipo che negli ultimi quindici anni ha perso molti tentacoli grazie all’opera di contrasto delle forze dell’ordine. Caso forse unico in tutto il Sud Italia. Brindisi ha molti e innegabili problemi. Anche di criminalità. Ma ha anche gente solida che non è abituata a sottomettersi a logiche mafiose. Prova ne è la reazione compatta dei brindisini. Che a poche ore dall’attentato, quando tutti gli organi di informazione insistevano sulla pista mafiosa, si sono riversati nella centrale piazza Vittoria. Nessuno si è barricato in casa o ha chiuso le imposte davanti alle telecamere; nessuno ha rifiutato un commento o ha nascosto il viso a un giornalista. Mentre scriviamo la mano assassina non è ancora stata individuata. Resta il dramma immenso di Melissa e della sua famiglia. E resta l’esempio di coraggio e di dignità di una cittadina adagiata sull’estremo lembo di terra del mare Adriatico. Una cittadina del Sud.
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