
Meeting, Sabatino, ecco chi era il primo compagno di fratel Ettore Boschini

«Scrivete di Sabatino». Spesso fratel Ettore ha ricordato così l’inizio della sua avventura umana a Milano: erano in due, «io e Sabatino», alla Stazione Centrale, avevano raccolto e chiamato «amico» quel povero diavolo coperto di cenci e piaghe purulente, lo avevano lavato, medicato, lo avevano trasportato al Fatebenefratelli e poi al Sacco dove era stato finalmente ricoverato grazie alle energiche “argomentazioni” del frate camilliano, «con lui mi arrangio io, domani però vi denuncio tutti». Erano in due, perché nel 1978 il giovane fattorino Sabatino Iefuniello si trovava all’istituto San Giuseppe retto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, quando fece irruzione, esigendo «aiuto immediato», Ettore Boschini, il frate camilliano che da due anni aveva fatto dei marciapiedi della città la sua “corsia d’ospedale”. Solo Sabatino aderì all’accorato appello: la mattina dopo, alle ore sette, si era presentato davanti alla chiesa di San Camillo per avventurarsi, all’ombra del gigante della carità, tra gli straccioni attaccati alla bottiglia, con le piaghe alle gambe, la scabbia, i pidocchi. In due quindi, apostoli tra un popolo di reietti e dimenticati da Milano che sotto due buie arcate di ponte, in fondo a via Sammartini, avrebbero trovato il Regno di Dio.
«Scrivete di Sabatino», e mai una parola di fratel Ettore è stata appesa al caso: perché proprio nello schivo e generoso fattorino proveniente da Sarno (provincia di Salerno), affetto da una lesione cardiaca, il Signore aveva posto quello che san Camillo chiama «un cuore di madre». «Ci sono profeti che scrivono, che parlano, che si fanno conoscere: diciamo i profeti maggiori – dirà il cardinal Martini celebrando la Messa nel trigesimo della morte di Sabatino, nella parrocchia di Santa Maria del Suffragio –; poi ci sono i profeti minori, quelli che non parlano molto, quelli che si fanno poco conoscere, ma che vivono seriamente la vita evangelica. Sabatino è stato uno di questi. È stato mandato in questa città per essere segno umile, discreto, della presenza del Signore». Servo di Dio, Sabatino trascorse quattro anni al fianco di fratel Ettore. Il suo processo di canonizzazione venne avviato nel 1996.
«Quando dici la fantasia di Dio: vederli insieme doveva fare proprio effetto: l’esagerato, invasivo e tuonante fratel Ettore e lo schivo, minuto e umile Sabatino». Quando suor Teresa Martino, cui il frate affidò il compito di proseguire la sua missione, arrivò a Betania delle Beatitudini di Seveso – “quartier generale” di un’opera che da Chieti a Bogotà continua a «togliere il povero dall’immondizia per farlo sedere tra i capi del regno» – Sabatino era già morto da molti anni, «ma la sua presenza era costante nel lavoro dell’opera. Abbiamo imparato a conoscerlo attraverso lo sguardo di fratel Ettore, che primo fra tutti aveva intravisto, nel suo incessante portare aiuto a un’umanità dolente, l’inclinazione alla santità». L’abissale differenza tra i due è per suor Teresa un segno della Provvidenza, «che si serve di uomini “eccezionali” e imponenti come Ettore quanto di uomini “ordinari” e fragili come Sabatino per proseguire la sua opera. Un’opera non è solo mura, ma gesti, fatti e storie, e a noi non resta che raccontarle, dire chi era Sabatino. In quel modo misterioso e speciale con cui due anni fa al Meeting di Rimini portammo la storia di fratel Ettore». Allora “Ettore dei poveri” venne raccontato da un cast di marionette: l’intuizione di Emanuele Fant, l’ex ragazzo punk folgorato da fratel Ettore a Milano negli anni dell’adolescenza, era diventata, come sempre accade quando si ha a che fare con le vicende del frate camilliano, azione, gesto concreto. «Il “Teatro della Misericordia” era venuto su così, per creare spettacoli con gli ex senzatetto ospiti delle comunità e far fruttare quanto si offrirono di insegnarci i grandi artisti delle marionette della Compagnia Colla. Quando abbiamo capito che era il momento di onorare Sabatino ci siamo rimessi al lavoro. Con i nostri ragazzotti e i loro acciacchi. Con la nostra piccola cattedrale».
Cuore di madre
Quello che ne è seguito è un nuovo spettacolo, “Sabatino”, e un contributo al titolo di questa edizione del Meeting, “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo” che andrà in scena il 27 ed il 28 agosto alle 20.30 nell’International Arena FS. Periferie che, certo, Sabatino non si aspettava di trovare nella grande città “piena di luce, di gente che lavora e che produce”. Le cronache dicono che arrivò a Milano insieme alla sorella nel 1968, respinto dal seminario perché «non portato per gli studi», e qui aveva trovato posto come metalmeccanico, operaio e infine fattorino presso una multinazionale. Ma soprattutto, aveva trovato il Duomo. Facile è immaginarlo lì, come i tanti che non sapevano di avere accanto un santo, ai piedi della cattedrale. Immobile, sotto il sole rovente d’agosto, impigliato nei suoi vestiti da emigrato del sud nel tranvai della città che non dorme neanche d’estate, osservare sbalordito quella selva di statue e guglie che si arrampicavano fino al cielo dove sbocciava, lucente, la Madonnina di Milano. Uno stupore che il Teatro della Misericordia racconta servendosi di un manichino di legno, realizzato da Fant e a cui otto attori, scelti tra i senzatetto di Betania, prestano le proprie braccia e gambe per muoverlo all’interno di scenografie povere, luci e violini. «Sabatino si lasciò “fare” da quell’abbraccio ed è questa docilità che abbiamo cercato di trasmettere e testimoniare, questa semplicità di cuore che lo portò ad amare i luminosi santi e beati, da san Carlo Borromeo al cardinal Schuster, come rissosi e corpulenti peccatori ai bordi delle strade della città. Scelse di entrare nel Piccolo Gruppo di Cristo, e di servire in castità, santo invisibile tra gli invisibili, il Regno di Dio all’ombra del più energumeno dei suoi testimoni. Aiutandolo ad aprire i primi rifugi e ricoveri a Milano, Varenna e Seveso».
Proprio nella cappella di Seveso, accanto a quelle di fratel Ettore, riposano oggi le spoglie del giovane Sabatino, morto a soli 34 anni. Era l’estate del 1982, quel giorno, come tutti i giorni, al dormitorio comunale di via Ortles aspettavano un piatto di minestra e il giovane non cessò di caricare i pasti sul camioncino nemmeno quando sulla città si abbatté un violento nubifragio. Si inzuppò fino al midollo pur di portare a termine il suo compito aggravando una polmonite complicata dalle sue condizioni cardiache. Il suo grande cuore di madre cessò di battere il 30 agosto. «Scrivete di Sabatino», disse fratel Ettore. E questa, quella del Teatro della Misericordia, di suor Teresa, Emanuele, di una compagnia di artisti che non ti aspetti e di un manichino con la valigia di cartone sotto la Madonnina, è la sua storia.
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