
Meeting. Il mistero del linguaggio e della coscienza spiegati da Proietti

Gigi Proietti probabilmente non lo sapeva, ma con la sua celebre interpretazione della poesia Il Lonfo, fatta di parole inventate ma inserite in una struttura sintattica e fonetica corretta, ha confermato le teorie di Andrea Moro: il linguaggio non è convenzionale. Il neurolinguista affermato a livello internazionale, prorettore vicario della Scuola superiore universitaria Iuss di Pavia e direttore del NeTS (Centro di neurocognizione e sintassi teorica), è uno dei protagonisti della mostra del Meeting “Dire IO. Linguaggio e coscienza”.
L’importanza del «lonfo» al Meeting
«Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta», recitava l’attore recentemente scomparso suscitando le risate del pubblico. Pur essendo infatti le parole inventate, e pur non avendo nessun significato condiviso, il cervello riconosce la struttura sintattica corretta e la poesia assume un significato evocativo, non convenzionale, e immaginato da alcuni di noi.
Spiega Moro in un video proiettato alla mostra: «Il linguaggio umano non è stato inventato e non è libero. Deve sempre sottostare a una struttura neurologica che ne determina lo sviluppo». Anche gli animali comunicano, certo, ma soltanto l’uomo «può inventare lingue impossibili e formare, con parole finite, frasi infinite». Senza il linguaggio, inoltre, come dimostrato da studi scientifici, non ci sarebbe la capacità di pensare. Pensiero e linguaggio, spiega Mauro Ceroni, primario del Dipartimento di neurologia generale dell’Istituto neurologico nazionale Mondino e professore associato di Neurologia all’Università di Pavia, «sono connessi e indissolubili».
La sfida di misurare la coscienza
Se lo sviluppo del linguaggio nell’uomo e le strutture che lo rendono possibile rappresentano un mistero, la coscienza non è da meno. E la parte della mostra che espone in estrema sintesi gli studi di Marcello Massimini, professore di Fisiologia dell’Università degli Studi di Milano, è la più interessante. Il docente studia la coscienza a partire dall’esperienza, dalla fenomenologia e individua due proprietà fondamentali della coscienza umana. Innanzitutto la coscienza è qualcosa di unitario, si percepisce infatti un insieme unito. La seconda proprietà è la ricchezza di informazioni che caratterizza ogni esperienza cosciente.
In ogni esperienza, infatti, il nostro cervello entra in uno stato particolare e non in innumerevoli altri possibili. Il neuroscienziato cerca dunque di capire quali meccanismi spieghino la manifestazione delle proprietà fenomenologiche osservate e si pone come obiettivo quello di trovare gli elementi fisici da “misurare” fisicamente per spiegare la “coesistenza miracolosa” tra unitarietà e diversità.
C’è differenza tra coscienza e funzione
A parte la dimostrazione pratica di come Massimini lavora, la mostra ha il pregio di spiegare anche ai non addetti ai lavori la fondamentale differenza tra coscienza e funzione, spesso erroneamente identificate. Attraverso le testimonianze di chi ha sofferto delle sindromi di locked-in e Guillain-Barré, che immobilizzano completamente il corpo, si dimostra infatti come in modo misterioso esistano delle situazioni in cui la persona ha piena coscienza di tutto ciò che accade pur non potendo manifestarlo in alcun modo.
La coscienza non è dunque espressione di una funzione, come viene sostenuto spesso anche per giustificare la soppressione di malati con l’eutanasia. Come sosteneva già il grande filosofo Edmund Husserl, «la coscienza non è una cosa tra le cose, ma è l’orizzonte che contiene ogni cosa».
Foto Flickr Meeting
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