Dellabianca (Cdo): «Portiamo al Meeting la nostra storia per continuare a farci Compagnia»

Di Matteo Rigamonti
16 Agosto 2024
Lavoro, educazione, sostenibilità, AI: «Quest’anno a Rimini ripartiamo dal punto di origine che anima il nostro fare impresa, le nostre opere. Per stare di fronte, insieme, alle sfide di un mondo che cambia». Intervista al presidente Andrea Dellabianca
Foto Flickr Meeting Rimini

Una fabbrica di proposte a servizio di chi vive le sfide del lavoro e dell’educazione, dell’accoglienza e della cura. Partendo dalla ricchezza di una tradizione, quella delle imprese, delle opere sociali ed educative, nonché dell’attenzione al capitale umano, ma senza sottrarsi alle complessità dell’oggi, tra esigenze di sostenibilità e innovazioni continue, come l’intelligenza artificiale.

È ciò che vuole essere l’Arena delle opere di Cdo al Meeting di Rimini, in programma dal 20 al 25 agosto nei paglioni della Fiera. A illustrare a Tempi l’ampiezza e profondità del tema scelto è il presidente della Compagnia delle opere, Andrea Dellabianca.

A Rimini, la Cdo – che con il Meeting condivide la comune origine dal carisma di don Luigi Giussani, oltre a essere socio partner della Fondazione che lo anima – sarà infatti presente nel padiglione C1 con un palinsesto di 30 incontri, oltre 120 relatori, 18 opere profit e no profit e due mostre tematiche, che nel dettaglio potete consultare qui. “Una storia in cammino” è il titolo della prima di queste due mostre (l’altra è “Design for peace”) e racconta di come don Giussani, colpito e interrogato dalla vicende di un produttore di vino di Alcamo in Sicilia, sfidò alcuni a «mettersi a disposizione di ciò che c’è perché possa essere aiutato a vivere». E cosa, da quell’iniziale intuizione, è nato negli anni.

Quali esigenze hanno mosso la spinta verso questa vostra rinnovata presenza al Meeting?

Abbiamo voluto riproporre l’identità della Cdo, non solo come associazione di servizi alle imprese, ma innanzitutto come ambito privilegiato nato ad opera di alcune persone che, grazie all’incontro con don Giussani e il Movimento di Cl, si sono interessate della realtà intorno a loro e dei bisogni più urgenti della nostra società. Innanzitutto il tema del lavoro, ma non solo, perché in questo “mettersi insieme per farsi compagnia” sono nate opere anche nel no profit e nel terzo settore, persino opere educative e scuole. Questo abbiamo voluto raccontare di nuovo, perché abbiamo capito che, anche tra tanti amici, la coscienza di questa dimensione della vita della Cdo non era più così scontata. E tanti giovani forse nemmeno conoscono questa pur così bella origine, che anima la vita della Cdo nazionale, delle sue 24 sedi locali sul territorio italiano, nonché della decina di sedi all’estero che lavorano a diretto contatto con tutte le nostre imprese associate.

Perché il lavoro è un tema così attuale in questo momento storico?

Negli ultimi anni il lavoro ha perso quella posizione, non necessariamente virtuosa, di massima priorità come a lungo è stato nella vita di tante persone, qualcosa per cui valeva, per molti, la pena di sacrificare quasi tutto, e si sono, invece, affermate altre priorità legate all’uso del tempo e ai rapporti personali. Lo abbiamo visto non solo per via del fenomeno delle cosiddette “grandi dimissioni”, un fatto che, però, ha contribuito a rimettere al centro della scena politica e sociale il tema del senso del lavoro. È una provocazione che riguarda tutti, imprenditori e manager, impiegati e operai, che, spesso, hanno dovuto affrontare le medesime domande. Non è un fatto esclusivamente legato al trattamento economico, che pur resta una condizione molto importante nel lavoro di ciascuno, ma sono domande, piuttosto, legate all’uso del tempo e delle risorse, ben oltre la data del 27 di ogni mese. Qui si entra nel campo di intersezione tra il senso del lavoro e la direzione che prende la vita di ciascuno. Il motivo ultimo, insomma, per cui una persona si impegna con la vita intera.

Oltre al lavoro, quali temi affronterete?

Temi che saranno approfonditi durante il Meeting, sempre attraverso la testimonianza diretta di persone e opere, sono: il valore dell’accoglienza e della cura, in uno scenario in cui il modello di welfare italiano, così come siamo abituati a conoscerlo, sta mutando profondamente; la sfida, cruciale, dell’educazione, anche affrontando l’emergenza del disagio giovanile; la sostenibilità, poi, che è una tematica di cui le imprese ormai non possono più non tenere conto, non soltanto quella energetica; e ancora l’intelligenza artificiale, così come tutte quelle innovazioni che si susseguono a un ritmo sempre più veloce, se consideriamo che la vita media di una tecnologia ormai difficilmente supera i cinque anni. Mentre un tempo gli imprenditori affrontavano l’intera loro vita lavorativa in uno scenario che non era ancora determinato da cambiamenti così frequenti.

È sufficiente la ricchezza di una tradizione, per quanto di valore, ad affrontare tutte queste sfide?

Prendo spunto dal titolo del Meeting, che recita: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”. Io credo che andare all’essenziale, sia qualcosa che allarghi sempre la possibilità di incontro, di costruire, di riscoprire la propria intelligenza e creatività rispetto ai bisogni e alle realtà che si incontrano. Per questo motivo ritengo sia centrale per noi riscoprire quell’origine, che è l’unica condizione per vivere nel mondo e stare di fronte, anche con rinnovata attenzione e intelligenza, a nuove sfide e antichi problemi. Riscoprire il legame con l’origine, infatti, non significa riapplicare in automatico una risposta che ha avuto una sua efficacia in un determinato momento della nostra storia. La sfida vera è se quel punto di origine, cioè quel punto per cui tutti noi siamo qua oggi, è ancora una provocazione nella vita di ciascuno, di fronte ai bisogni di oggi; e se l’origine ha la stessa capacità di smuovere le persone oggi, di animare luoghi che possano aiutare a rispondere a tutte queste esigenze. Altrimenti si rischia di pensare che un singolo o un gruppo possano essere la soluzione a tutto. Invece, c’è più che mai bisogno di riscoprire la “comunionalità”, anche del fare impresa, per una possibilità concreta di aiuto reale di fronte alle sfide di un mondo che cambia. Sfide che, se vissute da soli, è più facile ci colgano impreparati, fragili e inadeguati. Mentre, se vissute dentro un simile contesto – una coralità che nell’Arena abbiamo provato ad esprimere appoggiandoci anche all’arte di Vasilij Kandinskij – hanno la possibilità di essere meglio comprese e valorizzate.

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