
Maxi spreco Torre Parnasi. Provate a immaginare uno scandalo così in Lombardia

L’epopea della fase 2 / 23
Supponete che un Roberto Formigoni qualsiasi – ma anche un Toti, un Fontana, un Fratello d’Italia in cima a una istituzione qualsiasi – sfrutti la sua poltrona per acquistare (sia chiaro, a lustro e promozione della stessa istituzione) una splendida residenza di rappresentanza. Tipo un palazzo di 32 piani denominato “Torre Parnasi”. Un colpo d’occhio di cemento e cristalli favoloso. Bene. Per fare ciò il nostro politico (alla Formigoni qualsiasi o suoi analoghi) crea un fondo immobiliare ad hoc col quale passa all’acquisto della favolosa Torre che illustra e lustra l’istituzione medesima che egli rappresenta.
C’è un problemino. Il costo dell’operazione è enorme: 263 milioni di euro dell’anno 2012. Che se non sbaglio – e non sbaglio – sono una enormità, almeno per le tasche di un governo della cosa pubblica all’epoca in cui governa il principio di austerità del premier Mario Monti e il Generale Spread ha appena finito di cancellare il governo più votato nella storia della Repubblica italiana, il Berlusconi IV.
Per la cronaca, il venditore della Torre Parnasi è lo stesso Luca Parnasi. Costruttore romano arrestato nel 2016 e attualmente a processo per corruzione nell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma.
L’affare è effettivamente un po’ caruccio. E rivela un secondo problemino. Lo strumento finanziario che avrebbe potuto creare un Formigoni qualsiasi, suoi analoghi leghisti o fratelli d’Italia, è palesemente incongruente rispetto a ogni logica finanziaria: si chiama Fondo Finanziario Provincia che per garantire i 263 milioni per l’acquisto della Torre Parnasi mette a garanzia immobili pubblici di pregio e in questo modo precostituendosi uno squilibrio finanziario pazzesco (non dire gatto se non c’è l’hai nel sacco: gli immobili, per quanto di pregio, bisogna venderli e incassare, prima di contabilizzarli come copertura del debito dei 263 noccioloni).
Problemino ulteriore: qual è il soggetto che gestisce lo strumento finanziario creato per acquistare con garanzia di immobili di pregio la Torre favolosa Parnasi? Il soggetto finanziario gestore della finanziaria creata ad hoc dall’istituzione pubblica per acquistare la Torre è una finanziaria controllata dal venditore della Torre. Oibò. Dite che c’è un conflitto di interessi grande almeno come un palazzo di 32 piani?
Uno pensa: e vabbè, ormai siamo abituati a tutto, pure a una soluzione del problema Autostrade che neanche un film di Totò. Infatti, tra un problemino e l’altro sorto nell’acquisto per 263 milioni di euro – tema numero 1 – della Torre Parnasi. Quindi – tema numero 2 – della privatizzazione di immobili pubblici messi in vendita a garanzia dell’operazione acquisto Torre Parnasi. Infine – tema numero 3 – tutto questo ben di dio messo sotto il cappello di una finanziaria immobiliare pubblica acquirente, epperò controllata da una finanziaria privata venditrice della Torre Parnasi. Ebbene, alla fine di tutti questi problemini, la Torre Parnasi «risulta inagibile e quindi inutilizzabile».
Stai scherzando? direte voi. Un cazzo, scusate l’espressione. Il virgolettato è della Corte dei conti del Lazio. La quale Corte ha notificato a 37 (tra politici, tecnici, amministratori) un invito a “dedurre”. Che nella lingua giuridica contabile equivale a un “avviso di conclusione delle indagini”. Vale a dire: la magistratura contabile ritiene che questi 37 individui abbiano sperperato risorse pubbliche (e quindi dovrebbero restituirle alle casse pubbliche) per circa 90 milioni di euro.
I nomi dei 37 li trovate nelle pagine locali dei grandi giornali. Però vi anticipiamo il nome dell’istituzione e del suo presidente protagonisti di questa storia. Città metropolitana di Roma, già Provincia, al tempo in cui era presidente un certo Nicola Zingaretti, attuale segretario nazionale Pd, presidente Regione Lazio, azionista numero 1 del governo Conte.
Con lui, invitata a “dedurre”, c’è anche il sindaco di Roma Virginia Raggi, che ha proseguito nel solco dell’ex presidente della Città metropolitana, già Provincia, Nicola Zingaretti, confermando l’“affare” e concludendo la procedura per selezionare la nuova Sgr, che ereditò l’operazione Torre Parnasi. Come è noto, la Raggi è un esponente di primo piano del partito azionista numero 2 del governo Conte.
Vi anticipiamo inoltre che gli altri 35 invitati a “dedurre” sono personaggi equamente suddivisi tra collaboratori del segretario nazionale Pd e presidente Regione Lazio Zingaretti e collaboratori pentastellati del primo cittadino di Roma Virginia Raggi.
C’è infine da rilevare, come riportano le pagine locali del Messaggero, che la cifra di danni erariali per 90 milioni di euro contestati dalla Corte dei conti a Zingaretti, Raggi e relativi collaboratori dell’uno e dell’altra, derivano dal seguente computo: «69 milioni utilizzati per fare fronte a oneri gestionali del fondo che aveva un rendimento negativo e che sarebbe stato costituito senza requisiti di legge idonei. Altri 20 milioni di euro si sarebbero invece volatilizzati in spese della nuova sede e in canoni di locazione passiva».
Non so se avete capito, cari lettori. In Lombardia è stato eletto un deputato per il quale la procura di Milano ha chiesto gli arresti per diecimila euro di finanziamento elettorale non registrato. A Roma si “deduce” per 90 milioni di danni erariali che non si sa se finiranno a tarallucci e vino in quanto non risultano inchieste della procura romana aperte su questa incredibile vicenda. E quindi non si capisce neanche la surrealtà (in verità molto reale) di 263 milioni; di una caterva di immobili pubblici di pregio; di un fondo immobiliare «che sarebbe stato costituito senza requisiti di legge idonei»; di «20 milioni di euro che si sarebbero volatilizzati in spese». Insomma, tutto questo popò di denari e risorse pubbliche al fine di acquistare un favoloso palazzo di 32 piani… «inagibile e quindi inutilizzabile».
Oibò, dite che se fossimo a Milano un Formigoni qualsiasi o un suo qualsiasi analogo rischierebbe l’ergastolo?
Ps. Oibò, dite che Luca Palamara è stato un po’ ingenuo – diciamo così – a coltivare l’illusione di sottrarre la nomina del vertice della procura di Roma alla corrente di sinistra della magistratura?
Foto Ansa
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