Sacconi: «Non chiese tempo per salvare Eluana. Amava la vita, anche la più fragile»

«Andai da Berlusconi con Roccella per proporgli un decreto utile a salvare la vita della ragazza. Non volle vedere sondaggi che sapeva ostili per la pietà che il caso Englaro suscitava. Disse immediatamente di sì». Il ricordo dell'ex ministro del Welfare

6 febbraio 2009, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro del Welfare Maurizio Sacconi illustrano il decreto varato dal governo sul caso di Eluana Englaro (foto Ansa)

Nessuno, tra quanti studiarono a tavolino la sentenza sul caso Englaro per «porre fine alla concezione sacrale della vita umana» e introdurre in Italia il diritto a morire, esigibile presso il servizio sanitario pubblico, aveva previsto la tenacia del Pdl guidato da Silvio Berlusconi.

La notizia della morte della giovane lecchese arrivò il 9 febbraio 2009, mentre nell’aula del Senato era in corso un drammatico dibattito sul disegno di legge presentato tre giorni prima dal governo Berlusconi nell’estremo tentativo di rendere effettivo il decreto “salva Eluana” (che stava morendo per denutrizione), approvato dall’esecutivo ma in calce al quale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non aveva apposto la sua firma.

Berlusconi e la battaglia per Eluana

Eluana morì, ma quanti puntavano ad «abbattere una concezione dell’umanità e cambiare l’idea di vita e di morte» che affondava le sue radici «nell’ippocratismo e nella visione dell’homo religiosus» (lo affermarono gli stessi protagonisti della vicenda), non riuscirono a fare del nome di Eluana una bandiera da sventolare – come qualcuno aveva immaginato e progettato – come avvenne con Welby. Si dovettero cercare altre strade, altri slogan per far entrare in Italia il diritto a morire: modi che sono stati trovati, complice l’indebolimento di quella stessa politica che era stata capace di risolutezza e protagonismo per impedire che quella della ragazza non fosse una morte annunciata, burocratica e inevitabile, fino ad aprire un conflitto istituzionale fra la presidenza della Repubblica e la presidenza del Consiglio.

Un conflitto senza precedenti: nessuna battaglia avrebbe più trovato piena cittadinanza nell’agone politico come quella che vide laici e cattolici, ex socialisti, ex radicali, ex missini, convergere attorno a una concezione della società modellata su una versione laica del favor vitae e sulla centralità della persona. Il tentativo di Berlusconi, accusato prima di immobilismo sui temi etici poi di avere agito in ossequio al mondo cattolico, ebbe un peso senza pari nella storia dello Stato e della politica, capace di compattare un popolo, dagli Jannacci ai Celentano, ai medici e all’associazionismo, dalla Chiesa alla politica, fino alla gente comune. «Perfino Marco Pannella se ne accorse, riconobbe che era cambiato il clima in Italia, che si iniziava a parlare di Eluana che muore di fame e di sete, che forse soffre, e che forse era meglio che Beppino si fermasse. Ma il suggerimento di Pannella cadde nel nulla», raccontò a Tempi Eugenia Roccella, sottosegretaria al Welfare dell’allora ministro Maurizio Sacconi, il primo a emanare in quei giorni convulsi un provvedimento sul dovere di alimentazione e idratazione delle persone disabili.

«Amava la vita, anche la più fragile». Il ricordo di Sacconi

Nel 2009 la politica venne investita da domande che scuotevano le coscienze: è possibile lasciar morire una persona gravemente disabile togliendole cibo e acqua, anche se è stato un tribunale a stabilirlo? È ragionevole che a farlo siano le strutture pubbliche? È giusto che lo Stato possa dare la morte? Domande sui compiti, i limiti e il significato del diritto, della politica, delle istituzioni che Berlusconi raccolse contro ogni pronostico, perché pur tra mille contraddizioni aveva il senso del popolo e il senso dell’umano. Raggiunto da Tempi, Sacconi ricorda la battaglia del Cavaliere per la vita di Eluana e contro al “partito dei nichilisti” così:

«Silvio Berlusconi viveva nei principi della tradizione. Andai da lui con Eugenia Roccella per proporgli un decreto legge utile a salvare la vita di Eluana Englaro. Non chiese tempo. Non volle vedere sondaggi che peraltro sapeva ostili per la pietà che il caso suscitava. Ci disse immediatamente di sì e confermò questa volontà anche di fronte al veto improprio di Giorgio Napolitano. Chiese ed ebbe l’unanimità dei ministri, anche il consenso di Zaia. La spiegazione di questa ed altre scelte istintive era nel suo amore per la vita, per qualunque vita, anche quella più fragile. D’altronde vitalismo economico e senso della vita procedono di pari passo. Grazie Silvio!».

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