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Massima serie, minima resa

Di Alessandro F. Giudice
13 Agosto 2022
Il perverso intreccio tra esplosione dei costi, ricavi insufficienti, incapacità manageriale e immobilismo. Un declino indegno. Economico e quindi sportivo. Eppure gli americani ci scommettono ancora
L'attaccante del Milan Oliver Giroud contrastato dal difensore dell'Inter Milan Skriniar durante Milan-Inter del 19 aprile 2022
L'attaccante del Milan Oliver Giroud contrastato dal difensore dell'Inter Milan Skriniar durante Milan-Inter del 19 aprile 2022

Chi investirebbe in un’industria in rosso sistematico, con 6 miliardi di euro di perdite accumulate negli ultimi vent’anni e 5 di debiti complessivi, di cui oltre un terzo finanziari? Eppure, a dispetto dei numeri fotografati impietosamente nel Report Calcio della Figc, la Serie A attrae investitori stranieri, soprattutto americani. Sette club di Serie A (Atalanta, Bologna, Fiorentina, Inter, Milan, Roma, Spezia) hanno azionisti internazionali e sette ne conta ora la B con l’acquisizione del Palermo da parte del gruppo arabo-londinese che controlla il Manchester City. Come spiegare l’apparente disallineamento di valutazione tra risultati economici negativi e valore finanziario positivo? Cosa si aspettano gli investitori da un settore avvezzo a vivere oltre i propri mezzi che, oltretutto, perde competitività rispetto ai concorrenti internazionali?
Per capire la crisi strutturale del calcio bisogna partire da ricavi in crescita ma non abbastanza da compensare l’ascesa dei costi...

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