Marò, l’Italia presenterà ricorso alla Corte suprema indiana

Di Chiara Rizzo
14 Gennaio 2014
Dopo i tira e molla del governo indiano sulla possibilità o meno di usare una legge che prevede la pena di morte, il nostro Paese si rivolgerà ai giudici indiani che con due sentenze hanno già escluso la pena capitale per Latorre e Girone

L’Italia presenterà un ricorso alla Corte suprema indiana sul caso dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, per evitare che venga usata la legge contro la pirateria, il Sua Act, che prevede la condanna a morte e che la polizia Nacional agency of investigation (Nia) vuole invocare nel processo ai due italiani.

COLPO DI SCENA. La decisione italiana arriva dopo un meeting all’interno del governo indiano, che vedeva contrapposte le posizioni del ministro dell’Interno, che sosterebbe la Nia, e quello degli Esteri che ha dato assicurazioni internazionali che invece non si sarebbe mai arrivata alla condanna a morte dei due militari. Quest’ultima posizione, oltre tutto, era stata anche quella della Corte suprema indiana, che aveva in due sentenze del 2013 specificato quali sistemi di norme avrebbero dovuto essere usati per giudicare i due marò, e tra questi non vi è assolutamente il Sua Act. Quest’ultima è infatti una legge speciale, per l’antiterrorismo e il contrasto alla pirateria internazionali, quindi non applicabile al caso dei due fucilieri del battaglione San Marco, che in ogni caso non possono certamente essere trattati alla stregua di terroristi o pirati. Il presidente della commissione Esteri alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha anticipato la possibilità che una delegazione di parlamentari assista alla prossima udienza, prevista il 30 gennaio, del processo a Latorre e Girone. «Ne stiamo parlando. Una missione ha senso se ha valore istituzionale per incontrare le autorità indiane» ha detto Cicchitto, mentre però sono in corso numerosi incontri e colloqui con l’omologo al Senato,Pierferdinando Casini, e con i presidenti della commissione Difesa di entrambe le camere.

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