Marò, il governo indiano preme per la marcia indietro sulla pena di morte

Di Chiara Rizzo
30 Gennaio 2014
Dopo l'ammonimento di José Barroso di ieri, l'esecutivo di New Delhi chiede ai ministeri dell'Interno e della Giustizia di rivedere la scelta di applicare ai due fucilieri la legge che prevede la pena capitale

Potrebbe esserci un ripensamento del governo indiano verso una soluzione che non preveda la pena di morte nel caso dei due marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, anche dopo che il presidente della Commissione europea José Barroso ieri ha ammonito l’India che i rapporti con l’Ue sono strettamente collegati e dipendenti alla decisione di New Delhi sui due italiani. Secondo il quotidiano indiano Indian Express il governo ha chiesto al ministero dell’Interno di ritirare il via libera all’applicazione nel caso dei due fucilieri della legge anti pirateria Sua Act, che prevede la pena di morte. La notizia è stata in qualche modo confermata dal fonti al ministero dell’Interno che spiegano: «Il governo sta ancora valutando i futuri sviluppi della sua azione alla luce delle ramificazioni internazionali che sta assumendo il caso».

PRESSIONI SUL PROCURATORE GENERALE. Il quotidiano indiano ha anticipato che, secondo le fonti consultate al ministero dell’Interno, «Se il ministero della Giustizia fa marcia indietro, può far processare i due militari in base al Codice Penale indiano, anche se questo non lo può applicare la Nia, l’Agenzia Investiva indiana». Il ministero dell’Interno indiano la settimana scorsa aveva approvato la richiesta della Nia di applicare il Sua act. Pressioni, inoltre, sono state fatte dal governo indiano anche sul ministero della Giustizia e anche al Procuratore generale indiano è stato chiesto di riconsiderare la sua decisione di usare la legge che nasce per contrastare la pirateria, caso ben diverso dunque da quello che riguarda Latorre e Girone. La decisione dei due ministeri, Interni e Giustizia, sono state contrastate anche dallo stesso ministero degli Esteri indiano che si era speso con l’Italia per assicurare che i marò non rischiano la pena di morte.

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1 commento

  1. Fabio S. P. Iacono

    Un governo non è mai sostanzialmente tecnico, ma lo può apparire formalmente. Non regge l’alibi per Mario Monti dell’urgenza economica e finanziaria default per l’Italia nella sua recente esperienza al timone nazionale. Ha “pagato” a suo tempo il responsabile della Farnesina, il quale non è riuscito a trattenere i marò a casa nel Santo Natale 2012. Monti, non è che non abbia polso, il polso sul suo piano di riferimento primario, ripeto economico e finanziario, a suo tempo lo ha avuto eccome. Terzi di Sant’Agata, linciato e sacrificato come capro espiatorio nulla ha potuto e Staffan De Mistura, assieme agli addetti ai lavori, sono oggi depositari del gran rifiuto indiano alla nostra nazione. Il faro della civiltà occidentale vs uno dei fari della civiltà orientale (stato di diritto?). Resta per adesso l’amarezza dopo l’ennesimo rinvio di un sovvertimento, così dovrebbe essere, della realtà fenomenica nelle relazioni tra India ed Italia. La saggezza indiana si è eclissata?

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