Non si esce dalla crisi abbandonando i princìpi. Per fare un “capo” ci vuole tempo

Di Alfredo Mantovano
18 Agosto 2013
«I capi non si improvvisano, soprattutto in un'epoca di crisi», diceva Giovanni Paolo II. Ecco cosa impedisce di identificare veri leader. Non solo in politica

«I capi non s’improvvisano, soprattutto in un’epoca di crisi. Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d’impegno gli uomini che dovranno risolverla significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche». Giovanni Paolo II ha pronunciato queste parole nel 1984 a Pavia, al Collegio Borromeo, in un discorso tenuto in onore di San Carlo.

Il Collegio fu fondato dal Santo nel 1561 per rispondere al disagio materiale e al disordine morale in cui versava larga parte della gioventù studentesca dell’epoca. Allora come oggi c’era bisogno di “capi”, di guide vere, di persone capaci di visione strategica. Tante volte la nostra storia ha avuto necessità di élite che guidassero le popolazioni, e spesso sono mancate: si pensi allo sconvolgimento dei territori italiani alla fine del XVIII secolo, durante l’invasione napoleonica, e alla fuga delle élite. Si pensi allo smarrimento delle popolazioni, che in quegli anni hanno difeso a mani nude i doni che ritenevano più preziosi – la fede e l’identità – senza che qualcuno indicasse loro una strada. Si pensi alle tragedie di 70 anni fa, dopo il 25 luglio e dopo l’8 settembre 1943, pure lì dovute in larga parte all’assenza di capi non improvvisati.

I tempi che viviamo conoscono nuovamente la drammatica difficoltà di espressione e di riconoscimento di leadership – non solo sulla scena politica –, mentre, per scelte deliberatamente concordate, cresce il condizionamento delle decisioni nazionali a causa della globalizzazione e dei vincoli delle realtà sovranazionali. Pensare di aggirare la fatica di un lavoro di costruzione nei tempi lunghi, immaginare di alleggerirsi liberandosi dei princìpi significa abbandonarsi all’improvvisazione. Quella che impedisce di identificare i “capi” nel senso proprio del termine.

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4 commenti

  1. Cisco

    I principi devono vivere sulla faccia di testimoni, persone in carne e ossa, altrimenti finiscono nel dimenticatoio dell’astrazione. Per fortuna il popolo – questa piccola minoranza creativa, per usare un’espressione di BXVI – di principi ne ha perché ne fa esperienza, ed è da lì che bisogna ripartire. Non dai sondaggi.

    1. beppe

      in questo momento non posso non pensare ai vescovi italiani. che fine ha fatto l’evanescente bagnasco. speriamo che i laici non lascino il campo, viste le battaglie che si avvicinano. e speriamo che l’episcopato trovi una guida autorevole. anche noi vogliamo un capo nero, anzi, NEGRI.

  2. valeria 46

    Caro onorevole Mantovano, mi permetta di chiamarla ugualmente “onorevole” perche’ molte volte questo titolo non e’ meritato da tutti coloro che siedono sugli scranni del potere e le domando: Avremo ancora il piacere di vederla candidarsi in futuro? Io spero vivamente di si. Abbiamo un gran bisogno di persone intelligenti, preparate e di buon senso che amano il popolo ed il bene comune assai di piu’ del proprio interesse particolare. Io credo che il popolo ci sia, anche se piccolo ed ha un gran bisogno di ritornare a fidarsi di chi lo guida. Ci pensi. La saluto cordialmente.

  3. Giulio Dante Guerra

    Caro Alfredo, hai proprio messo il dito nella piaga. Ai precedenti storici da te ricordati, potremmo aggiungerne un altro, non semplicemente “nazionale”, ma addirittura “continentale”: il Congresso di Vienna, che ridisegnò la carta d’Europa, come se, invece che la guerre rivoluzionarie e napoleoniche, fosse finita una delle tante “guerre di successione” del secolo precedente…
    33 anni dopo scoppiò, in tutta Europa, il “Quarantotto”.
    Historia magistra vitae? Sì, ma senza nemmeno un discepolo, almeno fra la gente che comanda.

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